martedì 3 aprile 2012

it es - Federico Buono – Nelle celle della Redenzione



“Nelle celle della Redenzione”: pensieri di Federico Buono rinchiuso nelle celle di sicurezza di un commissariato. Fede ha rifiutato l’avvocato d’ufficio, non si presenterà al processo, né ricorrerà in appello, coerentemente con il suo antigiuridismo anarchico.

Questi pensieri saranno inseriti nel prossimo numero di “Vertice Abisso”

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in pdf: nelle celle della redenzione

http://culmine.noblogs.org/2012/03/24/pdf-federico-buono-nelle-celle-della-redenzione/nelle-celle-della-redenzione/



Premessa

“Il 12 Maggio subirò un processo,per furto aggravato,dopo essere stato liberato con il divieto di dimora.

All’avvocato ho detto che io rifiutavo la difesa,ma lui mi ha fatto presente che lui doveva fare il suo lavoro.

Nonostante non abbia firmato nulla,e mi sia rivendicato il furto,nella mia esperienza,e nella continua ricerca antigiuridica,nell’aula

davanti al giudice e agli sbirri,io ero considerato un “diritto”.

Come diritto è il divieto di dimora,anche se io non ho scelto nulla.

Come punto di dibattito-senza occludere nessun limite a un “limite”,ci si deve chiedere come punto estremo se la latitanza e l’evasione

sia la forma di negazione totale?”


Catapultato in un assenza presente,e in una realtà di statica conformazione nell’esistere,finisco in uno sfondo nella

profondità rimanente dentro una buia cella della redenzione.

Cosa vedo? E vedo con la mia “vista”?

Posso udire e/o sentire in una privazione di prospettiva?

I miei piedi e le mie gambe attutiscono-annuendo l’assoluto vuoto percettivo-in un moto compulsivo il diffondere degli

eventi.

è come se i miei arti inferiori,avessero la parte maggiore nel muovermi,Ma sono ancora parte di me stesso,nel muovere il

mio corpo?

Entro un Sabato pomeriggio nelle celle della redenzione,ma già dopo pochi minuti infinitesimali,non so a che punto sono

e in quale punto e di quale ora..

Compresso da una forza producente subordinazione indotta,guardo le pareti-con impresse immagini descritte con il

sangue o il vomito dei miei “precedenti”- a me stesso.

Attimo dopo attimo-in un istante immobile-inoculo l’atto di spersonificazione,nell’assenza stessa di una

“prospettiva”,dentro la camera di sicurezza.

Sento una voce che sembra provenire da un mondo di allusioni immaginative.

Sento e cosa sento in questo sentire?

La voce mi chiama e mi dice “Hai bisogno?”.

Nelle celle della redenzione non c’è nulla,che non sia un giaciglio di ferro con coperte rancide.

Si,qualcos’altro c’è,è in alto,ed una specie di scatola chiusa,da dove viene la “voce”.Questo specie di reliquia contiene

all’interno luci accese sempre,

e un microfono dove poter farsi sentire.

“Si” dico,”Devo andare al cesso”.

Nella cella della redenzione ci sono io e le quattro mura che emanano odore di soporifera redenzione.

Fuori dalla statica cella,un corridoio con ad entrambi i lati gabbie alte fino al soffitto.

E ancora grandi neon con una luce che corrode i momenti dove lo sguardo volge alla ricerca di “qualcosa” da vedere.

Torno dentro e incomincio a sentire rumori che non si arrestano mai.

Penso :”pioverà?”. Poi mi accorgo che non posso saperlo,in nessun modo,ma scopro in un ritorno alla mia precedente

uscita dalla cella,che è l’acqua del cesso,che in un circolo continuo non si ferma mai.

Silenzio. Il nulla forma la temporaneità del silenzio in un tempo deformante.

Nelle celle della redenzione,il silenzio attanaglia la voce nell’intimo del proprio “essere”,e la stringe in una morsa dove in un

attimo,questo silenzio produce incubi di forme stratificate,che srradicano le esperienze e tolgono linfa vitale,in quello che

si sta vivendo.

Il dormiveglia,è il sogno che muove la realtà intorno alla stanza redentiva.

Ma nelle celle della redenzione esiste un “attorno-intorno”?

Nel dormiveglia si forma in un continuo trasalire di immagini,un mondo popolato da innumerevoli visioni che appaiono e

scompaiono.

Mi giro,sono disteso su un lato del mio corpo per non sentire troppo il dolore nelle ossa,che la branda di ferro imprime,in

un comprimere di me-stesso-individuo.

Sento di nuovo la voce-”sopra” di me:”hai bisogno?”

L’ho chiamata?

Non distinguo quello che sento,da quello che vedo sentendo..

Sento aprire lo spesso cancello in ferro,e arriva una figura spettrale,in divisa,che mi guarda in faccia,che deve avere

qualcosa di anormale.

Mi dice “vuoi mangiare?”

Nelle celle della redenzione,non si può mangiare-e anche se non ho fame,consumo il pasto rancido davanti allo

sbirro,anche se il fastidio è parecchio.

In un continuo-”sali e scendi”dell’atto spersonalizzante,ho una specie di intuizione,e chiedo l’ora allo sbirro:

“Sono le 17:50″ mi dice.

“Ah,pensavo fossero le 2 di mattina”,rispondo.

Era la mia convinzione,dopo essermi messo a contare quanto poteva essere passato,dalla mia entrata nelle celle della

redenzione.

Dentro,nella cella,l’immaginazione schizza da una parte all’altra in un “dato” momento.

Prima di andarsene,quasi premuroso,lo sbirro,mi dice “Cerca di riposarti”.

“Ah si,riposare?!” penso.

Il blindato della cella si chiude producendo inalazioni di ottundimento dentro il mio corpo prigioniero.

Cerco di camminare per fare un pò di moto,ma il freddo è pressante,e inoltre c’è una ventola che non si ferma mai.

Sprofondo nel profondo e negli anfratti delle celle della redenzione.

Silenzio..sento bussare:”chi è?”,mi chiedo. Pensavo di essere da solo- nel mio attraversare il corridoio ho visto tre celle

vuote-ma scopro che è arrivato-senza che io l’abbia sentito- qualcuno che si lamenta,

e vuole andare al cesso.

Approfitto di questo momento,per andare anche io,e per vedere chi è il mio momentaneo coinquilino,ma nulla,uno alla

volta-l’espiazione è continua,è diventa il digiuno del pensiero.

Solo-fino all’avere espiato totalmente.

Ritorno nella cella,e mi stendo,non posso fare altro.

Mi addormento in un continuo dormiveglia,o il dormiveglia che è il mio sonno?

A un certo punto vedo nel rivestimento della rancida coperta,impressa,tra le pieghe,dai colori marrone,una raffigurazione

di teschi e scheletri,disposti in svariate posizioni.

Sono sveglio,o no?

Mi metto un braccio sopra gli occhi,per attenuare il mal di testa che le luci sempre accesse producono in un continuo

incedere del loro effetto spersonifico,e in un istante che non intuisco

in che modo possa essere passato,sento un altra volte una voce.

ma non viene dall’alto,e la sento attorno a me.

Ma a me sembra di riconoscerla,e quella di Maurizio,il mio affine Nichilista-egoista,e mi dice in una serie di rimandi:

“Cerbero veglia alle porte del tuo Inferno personale”.

Sono sveglio?

Indomabile creatura

vinta nel corpo soltanto dalla Forza:

“Il vuoto redentivo

spoglia della vita di chi osa

in un accecante eccesso recidivo

di una morte bianca e luminosa

ora origlia

ad una fatica individuale

quel Cerbero che veglia

alle porte del tuo Inferno personale”.1

“Maurizio?!” chiedo,non sento nulla.

Sono sveglio?

Rido,sento un calore,alla base della mia fronte,in un istante di follia lucida,ma come arriva va via,e come un ombra che

cala adesso sento di nuovo l’acqua del cesso,che non si ferma mai..

Ma attorno a me,negli anfratti delle celle della redenzione il silenzio avviluppa le pareti-e io mi riaddormento in un

incubo perenne.

Quando esco per andare a pisciare,mi portano il cibo,e chiedo l’ora: “sono le 19″,mi dice lo sbirro.

Domani mi aspetta il processo,e in questo momento statico ma movente,penso a cosa dirò all’avvocato d’ufficio,che mi

hanno dato,senza scegliere di prenderlo.

“Io nego il diritto”,ecco,cosa gli dirò.

I miei pensieri nelle ore successive si attorcigliano,in una miriade di schegge di intuizione psico-attitudinale.

Mi sveglio e la mattina vado a processo,ma fino alla fine volevo oppormi ma la mia forza limitata non mi permette di

scegliere.

Le manette si stringono ai polsi come affermazione dell’atto spersonalizzante,e la luce persistente mi assale in una serie di

riflessi..

Nella celle della redenzione ho vissuto incubi o realtà?

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1 Da “La Fatica”;Maurizio De mone

http://culmine.noblogs.org/2012/03/24/pdf-federico-buono-nelle-celle-della-redenzione/



En las celdas de la Redención x Fede Buono

“En las celdas de la redención”: Los buenos pensamientos de Federico encerrado en un calabozo de la policía. La fe se ha negado a la representación legal, no estará presente en el juicio, ni va a apelar, de conformidad con su *antigiuridismo anarquista.

Estos pensamientos se incluirán en la próxima edición de la “Cumbre de Abismo”

Antigiuridismo: Rechazo radical y neto hacia cualquier dialogo con las instituciones judiciales

.::Descargar pdf::.
http://vivalaanarquia.espivblogs.net/files/2012/04/En-las-celdas-de-la-Redención.pdf


En las Celdas de la redención

Premisa

“El 12 de mayo me someterán a un proceso, por robo con agravante, después de haber sido puesto en libertad con la prohibición de residencia.

Yo le dije al abogado que rechazaba la defensa, pero me comentó que él tenía que hacer su trabajo.

No obstante yo no haya firmado nada, y haya admitido el robo, en mi experiencia, así como en la investigación continua y anti-jurídica, en el aula ante el juez y la policía, yo era considerado un “derecho”.

Como “derecho” lo es también la prohibición de residencia, aunque yo no elegí nada.

Como punto de debate, sin poner ningún límite a un “límite”, hay que preguntarse si, en caso extremo, la rebeldía y fuga y la evasión son una forma de negación total”.

Catapultado en una ausencia presente, y en una forma estática en la realidad existente, termino en el fondo de la profundidad, adentro de una oscura celda de redención.

Qué veo? Y veo con mi “vista”?

Puedo escuchar y / o oír si pierdo la perspectiva?

Mis pies y mis piernas mitigan, en un vacío absoluto de percepciones, el subseguirse de eventos con un movimiento compulsivo.

Es como si mis piernas tengan un papel importante en el movimiento. Pero, sigo siendo yo mismo mientras que muevo mi cuerpo?

Entro a las celdas de la redención un sábado a la tarde, pero después de unos minutos que parecen sin fin ya no sé a qué punto estoy, ni cuántos minutos pasaron.

Comprimido por una fuerza que produce una subordinación inducida, miro las paredes-en las cuales son impresas imágenes dibujadas con sangre o vómito de “los que me precedieron”.

Momento tras momento- en un instante inmueble, empiezo un acto de despersonalización, envuelto en la ausencia de cualquier perspectiva, adentro de una celda de seguridad.

.

Oigo una voz que parece venir de un mundo de alusiones imaginativas.

Oigo y qué oigo en ese oír?

La voz me llama y me pregunta “necesitas algo?”

En las celdas de redención no hay nada salvo una cama de hierro cubierta con sábanas rancias.

Sí, hay algo más, está arriba, y es una especie de caja cerrada de donde viene la “voz”. Este tipo de reliquia contiene luces siempre encendidas y un micrófono a través del cual uno puede hacerse escuchar.

“Sí”, le digo, “tengo que ir al baño.”

En la celda de la redención sólo estoy yo y las cuatro paredes que desprenden el olor soporífero de la redención.

Afuera de la celda estática, hay un pasillo que da sobre ambos lados a jaulas altas hasta el techo.

Y también hay grandes luces de neón que carcomen los momentos en los cuales la mirada se anima a buscar “algo” que ver.

Vuelvo a entrar y empiezo a oír ruidos que no paran.

Pienso: “lloverá?”. Luego me doy cuenta de que no lo puedo saber, de ninguna manera, pero a la vuelta de mi anterior salida de la celda descubro que es el agua de la taza del inodoro que da vuelta in un círculo continuo y nunca se detiene.

Silencio. La nada forma la temporaneidad del silencio en una distorsión del tiempo.

En las celdas de redención el silencio se apoderó de la voz del “ser”, y la apretó en un torno en el cual en un momento el silencio da vida a pesadillas de formas estratificadas capaces de erradicar experiencias y quitar la vida, en lo que está experimentando.

La duermevela es el sueño que mueve la realidad alrededor de la habitación redentiva.

Pero en las celdas de redención existe un “alrededor-en torno a”?

La duermevela se genera entre continuas apariciones de imágenes, en un mundo poblado por un sinfín de visiones que aparecen y desaparacen.

Me doy vuelta, estoy echado sobre un lado de mi cuerpo para no sentir demasiado dolor en los huesos, ya que la cama de hierro ejerce una fuerza sobre mí-mismo-individuo.

Oigo la voz de nuevo-”arriba” mío: “Qué necesitas?”

La llamé?

No puedo distinguir entre lo que oigo y lo que veo escuchando..

Escucho abrir la espesa puerta de hierro y llega una figura fantasmal, de uniforme, que me mira a la cara y que debe de tener algo anormal.

Me preguntó: “quieres comer?”

En las celdas de redención no se puede comer, y aunque no tengo hambre, consumo la comida rancia adelante del policía, si bien su presencia me molesta bastante.



En un continuo bajar y levantar la cabeza de este acto despersonalizante tengo una especie de intuición, y pregunto al policía qué hora es:

“Son las 17:50″, me contesta.

“Ah, yo creía que eran las 2 de la mañana”, le respondo.

Estaba seguro de que así fuera, luego de haber tratado de contar el tiempo que transcurrió desde que entré en las celdas de la redención.

Adentro, en la celda, y llegado un determinado momento, la imaginación se dispara por todos lados.

Antes de salir y en un modo casi amable el policía me dice: “Trata de descansar.”

“Ah, sí, descansar?!” pienso.

La puerta blindada se cierra produciendo inhalaciones de embotamiento en mi cuerpo prisionero.

Trato de caminar para moverme un poco pero el frío es agudo, y también hay un ventilador que nunca se detiene.

Me hundo en la profundidad y en las grietas de las celdas de redención.

Silencio .. escucho unos golpes, “Quién es?” me pregunto. Creía que estaba solo- mientras atravesaba el pasillo vi tres celdas vacías- pero descubro que llegó- sin que yo lo haya escuchado- alguien que se queja y quiere ir al baño.

Aprovecho este momento para ir yo también, y para ver quién es mi coinquilino momentáneo, pero nada, uno a la vez – la expiación es continua y se convierte en el ayuno del pensamiento.

Solo- hasta haber expiado totalmente.

Vuelvo a la celda y me acuesto, no puedo hacer otra cosa.

Me quedo dormido entre continuas duermevelas, o ¿es la duermevela que es mi sueño?

En algún momento veo en el revestimiento de la manta rancia, entre los pliegues, un estampado de color marron, una representación de cráneos y esqueletos, dispuestos en varias posiciones.

Estoy despierto, o no?

Con un brazo me cubro los ojos, para aliviar los dolores de cabeza que las luces siempre encendidas me producen, en su efecto continuo de despersonalización y en un instante del cual no tomé consciencia que pudo haber pasado oigo otra vez una voz.

Esta vez no viene de arriba, está a mi alrededor.

Pero me parece reconocerla, es la de Maurizio, mi contraparte nihilista-egoísta, y me dice en una serie de referencias:

“Cerbero vigilia las puertas de tu Infierno personal”.

Estoy despierto?

Criatura indomable

ganada en el cuerpo sólo por la Fuerza:

“El vacío redentor

Desnuda la vida de los atrevidos

en un exceso reincidente y cegador

de una muerte blanca y luminosa

ahora escucha

en un cansancio individual

aquel Cerbero que vigila

las puertas de tu Infierno personal”.1

1 Da “La Fatica”; Maurizio De mone



“Mauricio?!” llamo, no escucho nada.

Estoy despierto?

Me río, siento un calor en la base de mi frente, en un momento de loca lucidez, pero así como llega se va, y ahora, como una sombra que baja, escucho nuevamente el agua del inodoro que no para nunca..

Ahora me siento gotas de agua en el proceso de nuevo, nunca se detiene ..

Pero a mi alrededor, en las grietas de las celdas de redención, el silencio envuelve las paredes – y yo me vuelvo a dormir en una pesadilla sinfín.

Cuando salgo para ir a mear, te traen la comida y pregunto la hora: “son las 19:00″, me dice el policía.

Mañana me espera el proceso, y en este momento estático pero móvil, pienso en lo que le diré al abogado de oficio que me asignaron, sin que yo haya elegido tenerlo.

“Rechazo el derecho”, eso es lo que le diré.

En las siguientes horas mis pensamientos se retuercen en una miríada de fragmentos de intuición sico-actitudinal.

A la mañana me despierto y voy a juicio, hasta último momento quería oponerme pero mi fuerza está limitada y no me permite elegir.

Las esposas me aprietan las muñecas remarcando el acto despersonalizante y la luz persistente me invade a través de una serie de reflejos..

En las celdas de redención viví pesadillas o realidad?

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