martedì 10 aprile 2012

MA SIAMO PROPRIO SAZI DI CHIACCHIERE? Alfredo M. Bonanno



L’astuto Maniscalco, fondatore della polizia borbonica, era solito dire che quando tre uomini si mettono insieme per complottare, uno dei tre, prima o poi, finirà per lavorare per la polizia. E non era discorso del tutto lontano dalla realtà. Specie in questi tempi, quando il 90 per cento dei delegati di questura erano reclutati fra gli ex detenuti. Ma alla radice della battuta del grande poliziotto c’era la certezza che un uomo su tre è, almeno potenzialmente, disposto a tradire.
Solo che in quell’epoca, dopo tutto aurea anche in queste luride cose, non si chiedevaa al manutengolo del questurino di redigere una dichiarazione giustificativa del suo turpe mestiere, né tanto meno di atteggiarsi a pilastro della società, salvatore della patria e degli interessi delle dabben persone. Bastava che facesse i nomi, in segreto, come una confessione, e tutto poi procedeva per il suo verso. Gli veniva fornita una retribuzione – invero modesta –e lo si lasciava, piu’ o meno, in attesa di una prossima condanna a morte.
Col cambiare dei tempi, anche nelle fogne ci sono stati dei cambiamenti. I topi e altri luridi animali sotterranei hanno avuto la bella idea di darsi giustificazioni ideologiche, motivi teorici, programmi politici e speranze di reinserimento sociale, sia pure il tutto in tono minore e come a volere accampare delle scuse. E siccome noi tutti non siamo mai sazi di chiacchiere, finiamo per prestare orecchio anche a queste.
Nella fumosa congerie di quanto si è detto negli ultimi dieci anni e passa, tutto cade sommerso dalla nebbia dell’equivalenza, parole di fiducia nella lotta e nella speranza di liberazione, stranamente si confondono e vengono sommerse da dichiarazioni di pentimento (con relative chiamate di correo), da dissociazioni motivate come proclami di vittoria, da intelligenti analisi mezzosangue che non accettano schiacciando l’occhio, da trame vere e proprie di tradimento dove la pelle di alcuni compagni viene barattata con pochi anni di galera, da irrigidimenti su posizioni critiche ormai fuori del tempo e della storia, da pacifismi riscoperti, da misticismi latenti e mai sufficientemente frenati, da imbecillità congenite e da cretinerie acquisite.
Il tutto si mischia e si confonde con le non meno confuse idiozie degli uomini di Stato che tra la vecchia paura e la nuova incapacità di prendere una decisione, fanno il gioco di chi deve tirare la paglia più corta. Se uno non avesse dentro di sé, prprio radicato nel fondo del proprio cuore, come una seconda natura, o come un tatuaggio, il desiderio, la volontà, la forza di continuare a pensare alla ribellione e alla lotta, la presente fiera delle chiacchiere lo farebbe desistere. Mi chiedo in che modo molti giovani compagni possono prendere questo immenso calderone che ribolle sotto i loro occhi? Non si stomacheranno subito del puzzo tremendo che viene fuori dalla brodaglia? E stornando disgustati lo sguardo, dove poseranno gli occhi?
Forse sui convegli di studi, sui dibattiti, le conferenze, i comizi e le presentazioni di libri di cui gli anarchici di ogni tipo hanno tanta capacità organizzativa? Forse parteciperanno a qualche manifestazione sindacale di protesta dove una piccola minoranza che vorrebbe soltanto soffiarsi il naso viene subito messa a tappeto dalla delicatezza dei manganelli? Forse si metteranno a leggere i pochi fogli che il movimento anarchico continua a fare uscire con la regolarità di un metronomo e con non certo migliore fantasia?
Oppure anche questo sarà considerato una chiacchiera? Forse più raffinata e più “estremista” delle altre chiacchiere, o verremo unificati tutti nella nebbia della notte dove ogni vacca è solo grrigia.

Alfredo M. Bonanno

(testo pubblicato su “Provocazione” n. 21, giugno 1989, ri-pubblicato su “La Bestia Inafferabile”
Edizioni Anarchismo – prima edizione maggio 1999)

Nessun commento:

Posta un commento