martedì 27 settembre 2011

Contro Quel Treno...


Pelle d'oca per questo comunicato, davvero bellissimo, pubblicato su indymedia italia

CONTRO QUEL TRENO...

Siamo arrivati da tutta Italia e da larga parte d’Europa. Ci siamo incontrate qui, sulle montagne della Val di Susa, abbiamo condiviso un piatto di pasta, l’ultimo sorso di vino o del maalox. Condiviso con naturalezza, con amici fraterni o persone perfettamente sconosciute – fino a ieri. Da Milano, Roma, Stoccarda, Parigi, Zurigo, Bilbo, Napoli o altri posti mai sentiti – fino a ieri. C’è chi non parla una parola di italiano, chi non ha mai fatto una camminata in montagna, chi credeva nelle raccolte di firme – fino a ieri. Ci siamo scambiati racconti di esperienze simili, ai quattro angoli del pianeta. Siamo tutte qui per gettarci in questa battaglia, cominciata dalle donne e dagli uomini della Valsusa, contro il progetto di treno ad alta velocità. È una lotta che ha superato l’orizzonte di queste montagne, per diventare pratica e “patrimonio” dei rivoltosi di tutta Europa. È anche la nostra lotta – oggi.

Ci scontriamo, qui, contro quello che è un perfetto esempio delle necessità di un mondo di merci e una delle punte dell’iceberg del progresso. Un progresso della tecnica che punta inesorabile verso la distruzione dell’umanità – l’umanità di ciascuno di noi.
Quello che ci ha portate qui, alcune da anni, altri da poche settimane o giorni, non è soltanto, però, la giusta solidarietà nei confronti di chi si batte con dignità contro la distruzione dello spazio della propria vita. Si tratta di un più profondo e più intimo desiderio di libertà.
Lottiamo, anche qui, come in ogni luogo, per la libertà. La libertà di ogni individuo, la mia, che inizia necessariamente là dove inizia anche quella di ciascun’altra, perché se anche uno solo è in catene, io non posso essere libero.
Si può facilmente intuirlo: la vittoria dei valsusini e dei loro solidali sul progetto del TAV va nel senso della distruzione dell’attuale sistema di dominio. Lo scontro in corso fra queste montagne pone infatti la questione di un cambiamento radicale della vita, che non può che passare per la fine dello Stato. Dire che non vogliamo il TAV né qui né altrove significa dire che vogliamo farla finita con ogni potere, statale, economico o di altro tipo. Dall’altro lato, visti gli interessi sottostanti a quest’opera, cedere sarebbe uno scacco epocale per la cricca Stato italiano-Confindustria. Una vittoria notevole per chi lotta per libertà.
Certo non sarà cosa facile, ma molti segni sono incoraggianti.

Ci sono anche, però, pesi morti. C’è chi è interessato a distinguere fra “gente della valle” e “quelli di fuori”, per poter meglio dividere, quando necessario, i buoni dai cattivi. Non si tratta, purtroppo, solo dei soliti giornalisti al soldo dei padroni. C’è chi vorrebbe circoscrivere la rivolta a modalità - ed orari - predefiniti. Chi vorrebbe prendere (e farsi prendere in) foto – ma si credono al circo, quei pagliacci? C’è chi vorrebbe questa lotta come prerogativa di un gruppo ben definito di specialisti, esperti manipolatori dei media e quindi propugnatori di uno scontro simbolico, teatrale, teso a riscuotere consenso mediatico. Tutti gli altri - la massa - sarebbero ridotti ad un gregge da portare a passeggio durante le manifestazioni. C’è chi vorrebbe una resistenza pacificata e civile. Delle “azioni” spettacolari ma perfettamente innocue. Qualcosa, insomma, che non pregiudichi la possibilità di trattare con il potere, a spettacolo finito.
Con costoro non abbiamo nulla da spartire. Non siamo civili, non siamo pacificate, non resistiamo, ma attacchiamo cercando di fare male al nemico. Non abbiamo nulla da difendere, ma una vita - la nostra vita - da strappare ad uno schifoso destino di dominio. Quello per cui ognuna di noi si batte non è circoscrivibile, non è rappresentabile. Non avrebbe nessun senso, visto in TV.

Se è un mondo nuovo che portiamo nel cuore, quello che abbiamo vissuto, che stiamo vivendo quassù ne è un’intuizione feconda. Un’intuizione che a sprazzi vediamo divenire realtà, nei piccoli gesti quotidiani così come nei grandi sogni. Nel cibo che non ha un prezzo, nelle pietre che volano o passano di mano in mano fino alla prima fila, nelle frombole che girano, nel regalare la maschera prima di andare via anche solo per qualche giorno, pensando al compagno senza nome che ti ha preso per mano quella notte in cui, distrutto dai gas, eri perso sul sentiero…
Tutto ciò non è soltanto un momento dirompente, ma una pratica che continua, che diviene esperienza condivisa e segna, con l’intensità che l’insurrezione sa toccare, la vita di ciascuno. La vita diventa insurrezione…

La scintilla che ciascuna di noi porta dentro viene ravvivata da questi incontri complici, dal ritrovare chi non si vedeva da tempo, dai nuovi legami, da questo vortice di rabbia e amore, turbinante, imprevedibile e creatore come la vita stessa.
Tornando alle nostre case, alle città da cui veniamo, ci portiamo dentro la consapevolezza che qualcosa sta cambiando - che siamo noi a farlo cambiare, proprio ora.
Che dalla Valsusa la rivolta si propaghi. I motivi contingenti sono tanti, ma la tensione che anima ciascuna di noi è la stessa.
Che in tutta Europa divampi il fuoco che ci brucia dentro e che ci ha portati qui.
Che del vecchio mondo non rimanga che cenere.

E nel fuoco l’amore.

… PER LA LIBERTÀ!


A Sarà Dura!!!!

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