venerdì 30 marzo 2012
ADDIO A LUGANO
Addio Lugano bella
o dolce terra pia
scacciati senza colpa
gli anarchici van via
e partono cantando
con la speranza in cor.
E partono cantando
con la speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati
per voi lavoratori
che siamo ammanettati
al par dei malfattori
eppur la nostra idea
è solo idea d'amor.
Eppur la nostra idea
è solo idea d'amor.
Anonimi compagni
amici che restate
le verità sociali
da forti propagate
è questa la vendetta
che noi vi domandiam.
E questa la vendetta
che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna
repubblica borghese
un dì ne avrai vergogna
noi oggi t'accusiamo
in faccia all'avvenir.
Noi oggi t'accusiamo
in faccia all'avvenir.
Banditi senza tregua
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra
la pace per gli oppressi
la guerra agli oppressor.
La pace per gli oppressi
la guerra agli oppressor.
Elvezia il tuo governo
schiavo d'altrui si rende
d'un popolo gagliardo
le tradizioni offende
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
E insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
Addio cari compagni
amici luganesi
addio bianche di neve
montagne ticinesi
i cavalieri erranti
son trascinati al nord.
E partono cantando
con la speranza in cor.
Addio a Lugano, la cui musica, di autore anonimo, è sicuramente di origine popolare, toscana, è la più famosa, insieme con Stornelli d'esilio, fra le canzoni di Pietro Gori. Egli la scrisse nel luglio del 1895 in Svizzera, dov'era dovuto riparare dopo l'omicidio del Presidente francese Sadi Carnot, ucciso da Sante Caserio. Era stato infatti fermato dalla polizia crispina, nel corso di una vasta operazione repressiva contro anarchici e socialisti, con l'accusa di essere il mandante "spirituale" del delitto, in quanto amico e difensore del Caserio. Costretto all'emigrazione, si trasferì a Lugano e, sfuggito a un misterioso attentato (gennaio 1895), venne espulso dalla Svizzera stessa insieme con altri dodici esuli. Fu allora che scrisse le parole del suo canto immortale.
(…) Gori, arrestato con altri 17 profughi italiani, viene espulso dalla Svizzera dopo una breve prigionia durante la quale compone due poesie, una delle quali titola Il canto degli anarchici espulsi che poi sarebbe Addio a Lugano presumibilmente nella sua prima versione “...che presenta alcune varianti, sia nel testo che nella disposizione delle strofe, rispetto a quelle comunemente pubblicate e diffuse”(1) . Un’altra testimonianza sull’origine del canto la troviamo nel libro Gli scariolanti di Ostia antica. Storia di una colonia socialista (2) allorché Pietro Gori si reca ad Ostia presso la comunità dei braccianti ravennati per passare con loro alcuni giorni. Siamo nel 1902 dopo il suo rientro in Italia dall’America del Sud dove si reca nel 1898 per sfuggire ad una condanna (3) in seguito ai tumulti contro il carovita che si sono succeduti in tutta Italia con epilogo a Milano dove la monarchia ordina a Bava Beccaris la violenta repressione costata oltre 80 morti.
Scrive Liliana Madeo: “...Era un poeta, e aveva un bel viso, un corpo snello, elegante. Si accarezzava il baffo appuntito, e sapeva ascoltare i coloni ravennati che raccontavano la loro storia. Provava un profondo rispetto per il coraggio che avevano speso in quella impresa, e glielo diceva con calore. Gli ricordavano gli uomini della Pampa, ripeté. Avevano anche cantato insieme, fino a sgolarsi, quella notte. Avevano cantato le sue canzoni, gli Stornelli dell’esilio, Sante Caserio, Amore ribelle... Di Addio Lugano Bella Gori aveva raccontato com’era nata. Dopo che Caserio aveva pugnalato a morte Carnot, lui era dovuto riparare in Svizzera. Qui l’avevano arrestato, insieme con altri 150 fuorusciti italiani, anarchici e socialisti. Tutti poi erano stati espulsi. Quando li conducevano alla frontiera, avevano le manette ai polsi e i loro passi affondavano nella neve...Con le lacrime agli occhi, si era girato indietro a guardare Lugano e pensava agli anarchici scacciati senza colpa che partono cantando con la speranza in cuor...” (4)
Addio a Lugano diviene popolarissimo con l’inizio del nuovo secolo anche grazie a numerose edizioni de Il Canzoniere dei Ribelli (5 ) apparso per la prima volta nel 1904 a Barre - Vermont - e ancor oggi è uno dei canti politici più eseguito.
Con lo stesso titolo Addio a Lugano esiste una romanza del 1830 circa che canta anch’essa di un esilio politico in terra elvetica con testo siglato D. P.e musica di Fabio Campana
(Santo Catanuto-Franco Schirone, Il canto anarchico in Italia nell'ottocento e nel novecento, Edizioni Zero in condotta, Milano 2001, pp. 112-113)
Note
(1) Maurizio Antonioli, Pietro Gori. Il cavaliere errante dell’anarchia, Biblioteca Franco Serantini, 1995, p. 167
(2) Liliana Madeo Gli scariolanti di Ostia antica. Storia di una colonia socialista, Ed. Camunia, 1989. Le note riguardanti Pietro Gori sono alle pp. 181-183. Vengono narrate le vicende di una colonia di braccianti formata da socialisti, anarchici e repubblicani ravennati che si recano nell’Agro Romano per iniziare la bonifica. La storia ha inizio nel 1884 e continua tra alterne vicende fino alla fine degli anni cinquanta.
(3) Nel 1898 Pietro Gori collabora a diversi periodici anarchici fra cui L’Agitazione di Ancona. A causa delle agitazioni e delle successive azioni repressive del governo è costretto ancora una volta ad emigrare. A Marsiglia si imbarca per l’America del Sud mentre le autorità italiane lo condannano a dodici anni di galera. Nel periodo sudamericano contribuirà alla propaganda e all’agitazione sindacale; contemporaneamente si farà conoscere anche come studioso. A Buenos Aires fonda la rivista scientifica Criminalogia Moderna con collaboratori da tutto il mondo.
(4) Liliana Madeo Gli scariolanti di Ostia antica. Storia di una colonia socialista, op. cit., p.182. La ricostruzione che l’autrice fa è ripresa dal diario di Luigi Sarrecchia (Pescosolido 1875-Ostia 1968), uno dei personaggi di rilievo della Colonia di Ostia. Il diario è conservato presso il Museo Centrale del Risorgimento. Utili per questo lavoro sono altre notizie che L. Madeo fornisce sulla vita della colonia che è formata, ripetiamo, da braccianti socialisti, anarchici e repubblicani: notizie che Luigi Sarrecchia preferisce non riportare nel suo diario e riguardano i rapporti politici tra le varie componenti che non sempre sono stati idilliaci come nel caso dell’accoltellamento alla schiena di un anarchico di Campiano. “...Della realtà in cui vive, (Sarrecchia, n.d.a.) non fa venire alla ribalta i salti, gli strattoni, i vuoti, le contraddizioni. Sono dimensioni che non sa controllare, e se ne sottrae ignorandole. Non raccoglie le canzonacce con cui si rinverdivano ostilità e inimicizie:
“Enrico Ferri alla finestra
i socialisti in un cantò
i repubblicani int e’ buson”
“Cul zel popò popò...
Cul zel popò...Cul zel...
”(Cul zel - Culo giallo - erano i repubblicani), [pp. 165-166].
(5) Il Canzoniere dei Ribelli, Barre -Vermont- 1904, edizione della “Cronaca Sovversiva”.
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