Alina,
la donna ucraina trovata morta nel commissariato di Opicina, è stata
ripresa dalle telecamere della camera di sicurezza in cui era rinchiusa
durante i suoi ultimi 40 minuti di agonia. Gli articoli dei media di
regime, nel recuperare quanto accaduto, sottolineano come Alina e altre
49 persone fossero detenute "illegalmente". Non sono certo le mancanze
nella "corretta" somministrazione di gabbie e deportazioni, a rendere
mostruoso e omicida l'apparato repressivo; sono solo procedure, carta e
cavilli, come quelli che stabiliscono l'accettabilità o meno di una
persona sul territorio italiano. Dagli approfondimenti sulla morte di
Alina, emerge un fatto più rilevante e chiarificatore: lo sbirro
graduato incaricato dello smaltimento dei migranti, fascista senza veli
come molti suoi colleghi, aveva rinominato il suo reparto "Ufficio
Epurazione".
Sicuramente un appellativo più consono rispetto
all'ambiguo "Ufficio Immigrazione"; un piccolo test di realtà per un
regime democratico xenofobo, ipocrita e assassino.
estratti da Il Piccolo di Trieste
Il
pm Massimo De Bortoli si è presentato ieri mattina in Questura con una
decina di finanzieri e due poliziotti della Procura. Hanno perquisito le
stanze del settore immigrazione al terzo piano ma anche l’ufficio di
Carlo Baffi, il funzionario responsabile per le pratiche relative agli
stranieri che ha gestito la tragica vicenda di Alina Bonar Diachuk. Si
tratta dell’ucraina di 32 anni morta suicida il mattino del 16 aprile in
una stanza del commissariato di Opicina, dove era stata rinchiusa
illegalmente in attesa dell’espulsione. Baffi è ora indagato per
sequestro di persona e omicidio colposo: è rimasto negli uffici della
finanza in Procura fino a tarda sera.
Le ipotesi di reato per
Baffi riguardano a oggi il caso di Alina, ma nel corso del blitz in
Questura sono stati sequestrati 49 fascicoli in originale relativi ad
altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa
dell’espulsione, detenuti secondo la Procura illegalmente al
commissariato di Opicina. Le stesse stanze dove è morta la giovane
donna.
«Siamo a disposizione per fornire ogni elemento utile
alle indagini relative al suicidio avvenuto all’interno di una struttura
della polizia», ha dichiarato il questore Giuseppe Padulano. «Se
abbiamo commesso degli errori», ha aggiunto «siamo di fronte a persone
che hanno fatto il proprio dovere. Ho offerto alla Procura la massima
collaborazione». Padulano ha sottolineato «la difficile situazione
organizzativa» delle istituzioni «che si è cercato di fronteggiare». Nei
weekend infatti non è in servizio un giudice che possa convalidare i
decreti di espulsione. In quelle ore, secondo la Questura, gli stranieri
non possono essere liberati. Ma per la Procura non possono essere
nemmeno trattenuti. Un limbo, insomma, che si traduce però per gli
stranieri in attesa di espulsione in una vera e propria detenzione. [Probabilmente, per legge dovrebbero essere trasferiti presso le gabbie di un CIE]
Alina
Bonar Diachiuk era stata scarcerata in forza di un provvedimento del
giudice Laura Barresi il 14 aprile dopo una sentenza di patteggiamento
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per la legge,
risultava libera. Eppure era stata “prelevata” come fosse un’arrestata
da una pattuglia della squadra volante che, su disposizione dell’ufficio
immigrazione diretto da Carlo Baffi, l’aveva portata dal Coroneo
direttamente al commissariato di Opicina. Lì era stata “reclusa” nella
stanza di controllo - che in realtà è un’altra prigione - in attesa del
provvedimento del questore e dell’udienza davanti al giudice di pace che
peraltro non era stata né fissata né richiesta. Lì, su una panca,
davanti all’obiettivo di una telecamera a circuito chiuso, si è
impiccata legando una cordicella al termosifone.
La sua agonia -
hanno accertato gli investigatori - è durata quaranta minuti. In tutto
questo tempo l’agente che era in servizio di piantone al commissariato
di Opicina, non è riuscito a dare “un’occhiata” al monitor posizionato a
pochi centimetri da lui. Non si è accorto di quello che stava
succedendo.
estratti da il manifesto:
Le
perquisizioni nell'ufficio di Baffi hanno portato alla luce una realtà
spaventosa: non solo altri fascicoli riguardanti immigrati che si sono
sospetta erano stati detenuti nel tempo dentro al commissariato senza
alcuna copertura giudiziaria. Ma un cartello con su scritto "ufficio
epurazione" - invece di ufficio immigrazione - con sopra la foto di
Mussolini.
Insomma, l'ufficio della questura era un vero
"altarino" alla ideologia fascista. E di lì dovevano passare gli
immigrati. Chissà se Alina sapeva dove era finita.
Lo stesso
materiale è stato trovato anche a casa di Baffi. Incredibilmente, di
fronte a questi dati di fatto che certo non rendono onore al dirigente
di una questura, l'Associazione nazionale funzionari di polizia ha
espresso "solidarietà" a Baffi. E ha invitato la stampa a non associarlo
all'estrema destra, visto che a casa sua è stato trovato anche
materiale di "estrema sinistra". Probabilmente l'Associazione si
riferisce al fatto che oltre a vari testi antisemiti (come i "classici"
"Mein Kampf" e "La Difesa della razza") è stato trovato anche il libro
di Karl Marx "La questione ebraica". Insomma, materiale di estrema
sinistra...
http://www.informa-azione.info/trieste_l039ufficio_epurazione_del_commissariato_di_opicina
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