giovedì 17 maggio 2012

Trieste - L'Ufficio Epurazione del commissariato di Opicina

Alina, la donna ucraina trovata morta nel commissariato di Opicina, è stata ripresa dalle telecamere della camera di sicurezza in cui era rinchiusa durante i suoi ultimi 40 minuti di agonia. Gli articoli dei media di regime, nel recuperare quanto accaduto, sottolineano come Alina e altre 49 persone fossero detenute "illegalmente". Non sono certo le mancanze nella "corretta" somministrazione di gabbie e deportazioni, a rendere mostruoso e omicida l'apparato repressivo; sono solo procedure, carta e cavilli, come quelli che stabiliscono l'accettabilità o meno di una persona sul territorio italiano. Dagli approfondimenti sulla morte di Alina, emerge un fatto più rilevante e chiarificatore: lo sbirro graduato incaricato dello smaltimento dei migranti, fascista senza veli come molti suoi colleghi, aveva rinominato il suo reparto "Ufficio Epurazione".
Sicuramente un appellativo più consono rispetto all'ambiguo "Ufficio Immigrazione"; un piccolo test di realtà per un regime democratico xenofobo, ipocrita e assassino.





estratti da Il Piccolo di Trieste

Il pm Massimo De Bortoli si è presentato ieri mattina in Questura con una decina di finanzieri e due poliziotti della Procura. Hanno perquisito le stanze del settore immigrazione al terzo piano ma anche l’ufficio di Carlo Baffi, il funzionario responsabile per le pratiche relative agli stranieri che ha gestito la tragica vicenda di Alina Bonar Diachuk. Si tratta dell’ucraina di 32 anni morta suicida il mattino del 16 aprile in una stanza del commissariato di Opicina, dove era stata rinchiusa illegalmente in attesa dell’espulsione. Baffi è ora indagato per sequestro di persona e omicidio colposo: è rimasto negli uffici della finanza in Procura fino a tarda sera.

Le ipotesi di reato per Baffi riguardano a oggi il caso di Alina, ma nel corso del blitz in Questura sono stati sequestrati 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti secondo la Procura illegalmente al commissariato di Opicina. Le stesse stanze dove è morta la giovane donna.

«Siamo a disposizione per fornire ogni elemento utile alle indagini relative al suicidio avvenuto all’interno di una struttura della polizia», ha dichiarato il questore Giuseppe Padulano. «Se abbiamo commesso degli errori», ha aggiunto «siamo di fronte a persone che hanno fatto il proprio dovere. Ho offerto alla Procura la massima collaborazione». Padulano ha sottolineato «la difficile situazione organizzativa» delle istituzioni «che si è cercato di fronteggiare». Nei weekend infatti non è in servizio un giudice che possa convalidare i decreti di espulsione. In quelle ore, secondo la Questura, gli stranieri non possono essere liberati. Ma per la Procura non possono essere nemmeno trattenuti. Un limbo, insomma, che si traduce però per gli stranieri in attesa di espulsione in una vera e propria detenzione. [Probabilmente, per legge dovrebbero essere trasferiti presso le gabbie di un CIE]

Alina Bonar Diachiuk era stata scarcerata in forza di un provvedimento del giudice Laura Barresi il 14 aprile dopo una sentenza di patteggiamento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per la legge, risultava libera. Eppure era stata “prelevata” come fosse un’arrestata da una pattuglia della squadra volante che, su disposizione dell’ufficio immigrazione diretto da Carlo Baffi, l’aveva portata dal Coroneo direttamente al commissariato di Opicina. Lì era stata “reclusa” nella stanza di controllo - che in realtà è un’altra prigione - in attesa del provvedimento del questore e dell’udienza davanti al giudice di pace che peraltro non era stata né fissata né richiesta. Lì, su una panca, davanti all’obiettivo di una telecamera a circuito chiuso, si è impiccata legando una cordicella al termosifone.

La sua agonia - hanno accertato gli investigatori - è durata quaranta minuti. In tutto questo tempo l’agente che era in servizio di piantone al commissariato di Opicina, non è riuscito a dare “un’occhiata” al monitor posizionato a pochi centimetri da lui. Non si è accorto di quello che stava succedendo.

estratti da il manifesto:
Le perquisizioni nell'ufficio di Baffi hanno portato alla luce una realtà spaventosa: non solo altri fascicoli riguardanti immigrati che si sono sospetta erano stati detenuti nel tempo dentro al commissariato senza alcuna copertura giudiziaria. Ma un cartello con su scritto "ufficio epurazione" - invece di ufficio immigrazione - con sopra la foto di Mussolini.

Insomma, l'ufficio della questura era un vero "altarino" alla ideologia fascista. E di lì dovevano passare gli immigrati. Chissà se Alina sapeva dove era finita.

Lo stesso materiale è stato trovato anche a casa di Baffi. Incredibilmente, di fronte a questi dati di fatto che certo non rendono onore al dirigente di una questura, l'Associazione nazionale funzionari di polizia ha espresso "solidarietà" a Baffi. E ha invitato la stampa a non associarlo all'estrema destra, visto che a casa sua è stato trovato anche materiale di "estrema sinistra". Probabilmente l'Associazione si riferisce al fatto che oltre a vari testi antisemiti (come i "classici" "Mein Kampf" e "La Difesa della razza") è stato trovato anche il libro di Karl Marx "La questione ebraica". Insomma, materiale di estrema sinistra...




http://www.informa-azione.info/trieste_l039ufficio_epurazione_del_commissariato_di_opicina

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