domenica 20 maggio 2012

Il cinema e la pedagogia anarchica - Prima parte

Premessa
Riprendo tutta la parte della pedagogia (di cui si era trattato tempo addietro) sotto un'ottica cinematografica, e di come diversi registi si occuparono del disagio e voglia di ribellione da parte dei giovani contro l'istituzione che li riduceva a uno stato catatonico, ovvero la Scuola, e tutti i suoi più stretti collaboratori (professori e presidi); la parte trattata, che verrà tradotta dal libro di Richard Porton, "Cinema e Anarchismo: l'utopia anarchica nelle immagini", verrà suddivisa in 6 parti. Buona lettura

L'anarchismo in classe: la riforma dell'istruzione contro la "descolarizzazione"
L'istruzione è una cosa ammirevole. 
Ma è bene ricordare di tanto in tanto che nulla 
che vale la pena conoscere, può essere insegnato. 
(cit. A Few Maxims For The Instruction Of The Over-Educated by Oscar Wilde)

Conservatori, liberali e marxisti hanno dedicato una notevole quantità di energia per valutare e, per certi versi, trasformare la loro teoria in pratica. La preoccupazione degli anarchici nelle sfumature della pedagogia, però, non ammette confronto con qualsiasi altra convinzione politica. Risulta difficile, naturalmente, passare da un alta fioritura recente della teoria pedagogica nell'opera di scrittori non anarchici, soprattutto neomarxisti e post-strutturalisti. L'importanza teorica di questo lavoro non può essere smaltito in modo semplicistico; ma nel bene o nel male, non è facile saltare il divario tra teoria dell'educazione postmoderna, rappresentata soprattutto dal lavoro degli accademici, e il contributo di studiosi ed educatori anarchici come Mikhail Bakunin, William Godwin e Francisco Ferrer. Henry Giroux -per citare la figura postmoderna che ha esibito realmente una familiarità con le tradizioni educative antiautoritarie- non ha equivocato quando definisce gli educatori anarchici come difensori romantici della "realizzazione individuale", che a volte dimenticano le dinamiche della gerarchia e il potere da cui gli antiautoritari devono resistere. [1] In ogni caso, nonostante il fatto che nelle opere dei postmodernisti sopravvivano tracce della pedagogia anarchica, sorprende la totale ignoranza, con rari eccezzioni, sulle opere di Ferrer, Godwin e Paul Goodman, così come la pedagogia autoemancipatoria che abbbraccia gli attivisti anarchici come Emma Goldman e Mikhail Bakunin.

La pedagogia anarchica contemporanea è iniziata con le opere di William Godwin e Max Stirner, anche se, per un compromesso critico e che tende a un falso libertarismo, vi è il trattato educativo nella novella di J. J. Rosseau, Emilio, opera fondamentale, ma pieno di contraddizioni. Il termine "Rousseauniano", è diventato sinonimo della celebrazione, o forse della feticizzazione, di uno "stato naturale". Tuttavia, quando si trovò a fronteggiare le esigenze della civiltà, Rousseau ha proposto un "contratto sociale" indiscutibilmente statalista, che ha un'affinità incredibile con i sostenitori del governo autocratico: un commentatore si spinse fino a descrivere la sua teoria politica, tra cui la nozione amorfa de la "volontà generale", come esempio di protototalitarismo. [2] Tuttavia, è innegabile che il programma pedagogico dell'Emilio, prefigura la tradizione liberale di Maria Montessori e di John Dewey (e in alcuni aspetti, la psicologia cognitiva di Jean Piaget), correnti con i quali l'anarchismo ha certe affinità, nonostante la loro opposizione fondamentale per la buona volontà di quei riformatori che vogliono adeguare la pedagogia all'ordine stabilito. La visione di Rousseau sull'infanzia è tanto celebrativo quanto paternalistico. Emilio incoraggia i bambini a godere del loro irrazionalismo apparentemente felice fino all'inizio della pubertà. Rousseau, andando verso un'educazione veramente sentimentale, ha insistito che l'educazione dell'infanzia dovrebbe essere "puramente negativa", preoccupandosi solo di salvare "il cuore e la mente dall'errore del vizio" [3]

Anche se l' "educazione negativa" dell'Emilio, tiene l'obiettivo di nutrire la sua autosufficenza finale -liberata dal peso dei libri o aforismi morali in tenera età, nella quale si suppone che "riceve le sue lezioni dalla natura, non dagli uomini"[4]- il cui custode, onnipresente e in apparenza benevolo, agisce in un modo simile a quella di un burattinaio che è sempre in giro a tirare le funi attaccate al suo allievo riluttante. Come notato da Jean Starobinski, l'educazione dell'Emilio può essere chiamato "per la libertà, ma certamente non è in alcun senso reale, ovvero l'educazione per raggiungere la libertà" [5]
Quando Emilio raggiunge la virilità, il suo tutore gioca felicemente al ruolo di un Pandaro qualsiasi tra i condottieri, organizzandogli una storia d'amore e il matrimonio con una donna di nome Sophie. Anche l' "educazione dei sensi" del ricettivo studente deve essere guidato da un despota illuminato.
Michael Smith sostiene che il gusto di Rousseau per la "coercizione travestito ... è un doppio affronto all'autonomia del bambino." Smith propone una critica anarchica dell'elaborata regolazione della libertà da parte di Rousseau, suggerendo che una maggiore autonomia legittima ci può aiutare a fare una distinzione tra gli insegnanti "liberali" o "progressisti" e dagli istruttori "autenticamente libertari". [6] William Godwin, per esempio, ha cercato di invertire i "modi di istruzione ricevuti", in cui "l'insegnante cammina avanti e l'alunno lo segue dietro" [7] Godwin è determinato a demistificare il cosiddetto "bambino indifeso" e, a differenza di Rousseau, la sua pedagogia si prende cura a non manomettere i bisogni e i desideri dei bambini. Godwin potrebbe essere considerato il primo sostenitore delle "scuole libere" e della riforma dell'istruzione radicale: un precursore, nel XVIII secolo, di educatori radicali come Herb Kohl, John Holt e Jonathan Kozol.

Le implicazioni della critica alla pedagogia, ortodossa esposta dal giovane hegeliano Max Stirner, è ancora più radicale, ma meno specifica: non sono ancora state pienamente assimilate dagli educatori anarchici. Il breve trattato de "Il falso principio della nostra educazione" di Stirner, ha una notevole somiglianza intellettuale a quello che, sarebbe in ultima analisi, la descolarizzazione radicale. Stirner ha sostenuto che "soprattutto abbondano in gran numero i cadaveri politici, sociali, ecclesiastici, artistici, morali ed altri, e fino a quando questi non saranno consumati del tutto, l'aria non diverrà pulita e il respiro degli esseri viventi rimarrà oppresso" [8]
Probabilmente Stirner diceva tali parole, perchè era un insegnante di scuola, e identificava questa con il filisteismo e distingueva tra "uomo colto" e l'individuo veramente libero. Sebbbene un lettore miope potrebbe considerare l'ira di Stirner contro la pedagogia come un mero sintomo dell'anti-intellettualismo che si attribuisce, con frequenza ingiustamente (e in occasione accostato con la giustizia), agli anarchici, non si discute del valore che possiede l'acquisizione delle conoscenze, ma si sostiene che "grazie alla conoscenza ... diventiamo liberi solo all'interno di noi stessi ... all'esterno, nonostante tutta la libertà di coscienza e libertà di pensiero, possiamo rimanere schiavi e restare sottomessi" [9]

Mentre il fervore polemico di Stirner corrispondeva col disprezzo del primo Nietzsche verso la mediocrità dell'educazione istituzionale, e si manteneva in un livello più esistenziale che pratico, Bakunin richiamava verso una "educazione globale" -una capacità tanto vocazionale come intellettuale, orientata verso la formazione dell' "uomo totale"- indicando specificamente le disuguaglianze educative che separavano le classi superiori dal proletariato. Il programma pedagogico di Bakunin comportava una forma un pò coercitiva dell'antiautoritarismo, in quanto si predicava che "l'educazione dovrebbero essere diffusa tra le masse con generosità, trasformando tutte le chiese, tutti questi templi per la gloria di Dio e la schiavitù degli uomini, in molte scuole di emancipazione umana" [10]
Bakunin, con una irresolutezza tipicamente brillante, profeticamente riassumeva le due principali correnti della pedagogia anarchica contemporanea.

Lottò anche con l'ideale per l'educazione universale; tuttavia, in un passaggio chiaramente Stirneriano, ammette che "in qualche misura un uomo può diventare il suo maestro, il suo proprio istruttore e anche un creatore" [11].
Così come l'anarchismo del XIX secolo e dell'inizio del XX secolo esaltavano il potenziale trasformativo delle scuole alternative, gli ultimi trent'anni (ovvero a partire dagli anni '60, in quanto questo scritto risale al 1999, ndb) sono stati caratterizzati da una graduale perdita di fede nell'efficacia istituzionale di tutte le scuole, siano esse parte del sistema tradizionale che quelle considerate "libere". In molti aspetti, la difesa di Ivan Illich riguardante la "descolarizzazione", ha dato corpo alle astrazioni del "Falso principio della nostra educazione", quando lui, invece, cercava di realizzare la sua esortazione finale: "la conoscenza deve morire e risorgere nuovamente come volontà, e che si crei nuovamente ogni giorno come una persona libera". [12]

Il socialista utopico Charles Fourier, figura rivendicata dalle tradizioni tanto anarchiche quanto surrealiste, aveva formulato una pratica educativa eccentrica, anche se spesso affascinante e spiritosa, che per molti aspetti, era sinceramente anti-autoritaria. Come un genuino proto-femminista, non gli serviva la venerazione che aveva Rousseau per la famiglia o il punto di vista di Bakunin, a volte condiscendente, rispetto alle donne. Di conseguenza, la sua ricerca apparentemente fantasiosa sull' "armonia" -un ordine sociale organizzato in modo tale che la gratificazione del desiderio individuale servisse a promuovere il bene comune [13]-, ha generato una pedagogia anti-dogmatica, in cui i bambini potevano imparare molto sia dai loro coetanei che da persone più grandi. Nel 1909, la decisione del governo spagnolo nell'esecuzione dell'educatore anarchico Francisco Ferrer, fondatore dell'Escuela Moderna (poi emulata da anarchici educatori nell'Europa occidentale e negli USA), aveva mostrato che un governo nervoso potesse percepire costui come una minaccia, anche solo con un modesto tentativo nel far familiarizzare gli studenti con i principi anti-autoritari.

Sebbene le autorità spagnole tentarono in modo poco convincente di coinvolgere Ferrer in un complotto per assassinare il re Alfonso XIII, il rifiuto del regime di piegarsi alle richieste internazionali per il rilascio dell'educatore, era stata motivata da una paura quasi primitiva per la difesa che questo aveva fatto all'educazione laica, razionalista, accettabile nei modelli contemporanei, ma che allarmava l'istituzione educativa cattolica. La risposta del movimento anarco-sindacalista catalano all'intransigenza del governo e della Chiesa, culminò nella "Semana tragica del 1909", un periodo che comprendeva uno sciopero generale a Barcellona e la violenza spontanea della gente contro i simboli e i rappresentanti del cattolicesimo (secondo Joan Connelly Ullman, i lavoratori diedero a fuoco "quaranta conventi e dodici chiese" [14]) Il martirio di Ferrer risultò emblematico, in quanto il ruolo centrale della pedagogia alternativa [risultò] compromesso per gli anarchici. Mentre i successivi radicali disprezzavano parole come "positivismo" e "razionalismo", considerandoli campioni dell'ideologia conformista, l'anti-clericalismo di Ferrer lo aveva portato ad adottare la scienza come un logico antidoto all'egemonia cattolica. Se si considera l'ostilità della Chiesa contro questa concezione dell'aula come laboratorio per il cambiamento, non sorprende che le autorità spagnole avevano espresso preoccupazione per la proclamazione di Ferrer, quando sosteneva che "al bambino, al fine di evitare errori", doveva essere insegnato che era "indispensabile non accettare nulla per fede". [15] Per Ferrer, la scuola poteva servire come luogo di fermento rivoluzionario: come notato da Joel Spring "non si poteva desiderare la realizzazione di una società non-autoritaria...la Escuola moderna era l'inizio di un piano per andare in quella direzione" [16]

Questa tensione tra la fiducia in istituzioni alternative e una debole tendenza alla deistituzionalizzazione, è presente nel cuore della strategia polemica di Illich. Il suo opuscolo fondamentale, La descolarizzazione della società, è estremamente adatta per citarlo, anche per lo stile aforistico nel svelare a fondo le basi comuni del discorso della sinistra. Mentre Illich è decisamente di sinistra, e ha simpatia sufficiente per gente anarchica come Paul Goodman, tra gli altri, egli invoca gente chiamata come Milton Friedman, che cita in una pagina sulle qualifiche di insegnamento, mentre in un'altra pagina approva la dichiarazione di Fidel Castro (citato nel 1970), quando questo diceva che "entro il 1980 Cuba sarà in grado di sciogliere la sua università dal momento che tutta la vita a Cuba sarà un'esperienza educativa". Illich, fedele alla sua vocazione di critico intellettuale, scava maliziosamente nei pascoli al di fuori e conclude che "l'educazione non promuove né l'apprendimento né la giustizia." [17]

Illich nota che "ai consumatori-alunni viene insegnato a essere conformi ai propri desideri come i valori di mercato". [18] Come antidoto al rigido "programma nascosto " della scolarizzazione tradizionale, egli propose di sostituire la pedagogia tradizionale istituzionale con "reti di apprendimento", che avrebbero sostituito le opportunità di scolarizzazione compulsive con opportunità, per gli studenti entusiasti, di approfittare dei centri di comunità di apprendimento e di contatto con i coetanei e con gli "educatori in generale", al fine di condividere conoscenze e competenze. M. P. Smith afferma, senza dubbio, che quando Illich richiami all'attenzione nella ricerca dell'inclinazione legalistica, che prende la tendenza descolarizzatrice all'apprendimento "contrattuale", avviene per l'incapacità di distinguere tra i bisogni formativi dei bambini, adolescenti e adulti, e un "ingenuità sul potere", che "lo esclude dal movimento anarchico" [19] Inoltre, vi è talvolta una strana convergenza di interessi tra i descolarizzatori presumibilmente anarchici e coloro che predicano i diritti della scolarizzazione nella scuola, il cui anti-statalismo tiene un grande debito agli insegnamenti degli apostoli del libero mercato, come F. A. Hayek.

 In ogni caso, è importante notare che "quando si parla di descolarizzazione, Illich non si riferisce tanto a una deistituzionalizzazione completa come una trasformazione delle istituzioni ... ma si riferisce esplicitamente alla necessità di "nuove istituzioni educative formali" "[20], un'aspirazione di perfetta congruenza con gli obiettivi dell'attività autonoma anarchica. Molti anarchici, infatti, hanno lavorato sia da studiosi autodidatti che da intellettuali non-allineati, che hanno superato i limiti della loro educazione formale. La convinzione di Proust in quel "noi non riceviamo la saggezza; dobbiamo scoprirla per noi stessi, dopo un viaggio attraverso l'inesplorato che nessuno può fare per noi" [21], è un mezzo molto idealista del credo della pedagogia anarchico. Ma anche se l'apprendimento più produttivo è di solito autodidatta, la capacità di affrontare o di trionfare sopra la nostra marcia inevitabilmente di lungo corso -a volte senza fine- attraverso le istituzioni educative, ha turbato molti pedagoghi libertaria con mentalità pratica. Il cinema narrativo, che tradizionalmente concepisce l'aula come un microcosmo cinematografico capace di bloccare i conflitti e le contraddizioni dell'infanzia e dell'adolescenza, fornisce un terreno fertile per la mappatura delle vicissitudini ideologiche -e con frequenza estetiche- dell'educazione autoritaria, riformista e antiautoritaria. Le forme in cui le pellicole possono riflettere l'attuale insegnamento e funzionare come una pratica della pedagogiaa stessa, ne parleremo nella prossima sezione.


Continua nella Seconda Parte

Note

[1] Vedere la critica di Giroux nell' "ideologia interazionista" di Rousseau, A. S. Neill, Carl Rogers e Joel Spring in Teoria e Resistenza nell'Educazione: una Pedagogia per l'opposizione (New York, Westport, CT, e Londra, Greenwood Press, 1983), p. 218-220. Va notato che Giroux non usa l'appellativo di "anarchico", nel quartetto di cui sopra; solo Spring, e forse anche Neill, potrebbero essere correttamente identificati come anarchici.

[2] Vedere Julia Simon, Mass Enlightenment: Critical Studies in Rousseau e Diderot (Albany, State University of New York Press, 1995), esp. pp 19-27.

[3] Jean-Jacques Rousseau, Emile, or On Education, trad. Allan Bloom (New York: Basic Books, 1979), p. 93.

[4] Ibid., P. 116.

[5] Jean Starobinski, Jean-Jacques Rousseau: Transparency and Obstruction, trad. Arthur Goldhammer (Chicago y Londres, University of Chicago Press), p. 216. Starobinski osserva che si tratta di un errore di lettura quello di vedere nell' Emile come un "inno al sentimento sconsiderato". Egli dimostra il modo in cui Rousseau costruisce una "trappola sofisticata ... Rousseau suggerisce la necessità di una mediazione (dal momento che hanno sempre bisogno di un insegnante), ma scartarlo allo stesso tempo (in quanto l'insegnante predica il Vangelo di immediatezza)."

[6] Michael p. Smith, I libertari e l'Istruzione (Londra, George Allen & Unwin, 1983), p. 8.

[7] I punti di vista di Godwin in materia dell'istruzione, scelti tra i suoi articoli nell'Enquirer; si cita anche il lavoro di George Woodcock, "William Godwin: uno studio biografico" (Londra, The Porcupine Press, 1946), p. 129.

[8] Max Stirner, Il falso principio della nostra Educazione, o Umanesimo o realismo, trad. Robert H. Beebe, editato da James Martin (Colorado Springs, Ralph Myles, 1967), p. 11.

[9] Ibid., P.27.

[10] G. p. Maximoff (comp.), La filosofia politica di Bakunin: Anarchismo Scientifico (New York, The Free Press, 1953), p. 331-337.

[11] Bakunin è anche citato da Richard B. Saltman ne Il pensiero sociale e politico di Michael Bakunin (Westport, CT e Londra, Greenwood Press, 1983), p. 41.

[12] Stirner, Il falso principio, p. 22.

[13] Jonathan Beecher e Richard Bienvenu, La visione utopica di Charles Fourier: testi selezionati su lavoro, amore e attrazione passionale (Columbia, University of Missouri Press, 1983), p. 420.

[14] Joan Connelly Ullman, La Settimana Tragica: uno studio sull'anticlericalismo in Spagna, 1875-1912 (Cambridge, MA, Harvard University Press, 1968), p. 3.

[15] Francisco Ferrer, Le origini e le idee della Scuola moderna, trad. Joseph McCabe (New York e Londra, GP Putnam Sons, 1923), p. 17.

[16] Joel Spring,  A Primer of Libertarían Education (New York, Free life Editions, 1975).

[17] Ivan Illich, Descolarizzare la società (New York e Evanston, IL, Harper & Row, 1970), p. 11.

[18] Ibid., P. 26.

[19] Smith, I libertari e l'educazione, p. 27-42.

[20] Raymond Allan Morrow e Carlos Alberto Torres, La teoria sociale e l'educazione: una critica alle teorie della riproduzione sociale e culturale (Albany, State University of New York Press, 1995), p. 226.

[21] Proust è citato da Roger Shattuck nel "Insegnare l'insegnabile: Nietzsche, Proust, Kipling e Co.", Salmagundi (n. 108, autunno 1995), p. 9.

http://ienaridensnexus.blogspot.com/2012/05/il-cinema-e-la-pedagogia-anarchica.html


Il cinema e la pedagogia anarchica - Seconda parte 

Prima parte

Il cinema in aula: autorità, riforma e anarchia

Le tesi di Philippe Aries sulla cultura occidentale che ha "inventato" le istituzioni dell'infanzia e dell'adolescenza nel tardo medioevo, ha fornito un punto di partenza storico per una serie di educatori e teorici radicali. L'affermazione di Aries, contestata da alcuni storici, ma non definitivamente smentita, in cui il concetto stesso di innocenza infantile sia uno sviluppo postrinascimentale -alimentato dal passaggio dalla vita della comunità a quello che ora è conosciuto come la famiglia nucleare e dallo sviluppo di una specifica etichetta disegnata per età [22]-, è stato importante per una pedagogia anarchica che cerca di sfidare il potere che esercita sui bambini e sugli adolescenti. La venerazione per quella che viene chiamata l'innocenza dell'infanzia, è risultato una spada a doppio taglio; era stato appartato "la dottrina del peccato originale per arrendersi al culto della virtù originaria del bambino" [23], in quanto non era completamente sano. Il "bambino romantico", ha ispirato l'opera profondamente libertaria di William Blake, ma anche stimolato l'accettazione sentimentale, a ritroso, dell'inevitabilità della dipendenza -e della sottomissione- adolescenziale.

Anche nel XIX° secolo, i cliché sensibili del bambino romantico coesistevano con una stigmatizzazione dei bambini poveri e di strada, considerati "selvaggi". Hugh Cunningham ha mostrato come il discorso del razzismo e dell'imperialismo del XIX° secolo in Inghilterra, coincideva con l'atteggiamento verso i giovani poveri: i bambini che frequentavano le "scuole per straccioni" di Londra, sono stati descritti come "barbari e coraggiosi come gli indiani americani", mentre i bambini delle baraccopoli, presumibilmente non plasmabili, descritti come "arabi da strada", " kaffirs inglesi" e "Ottantotto". [24] La pedagogia riformista tende a mascherare il suo paternalismo con attitudini e terminologia eufemistiche. Per Ian Hunter, la "nuova" pedagogia liberale del XIX° secolo, creata da personaggi della cultura come Matthew Arnold, così come da burocrati dell'istruzione meno noti come James Kay-Shutleworth, hanno adottato una forma di controllo sociale, la cui influenza può ancora essere individuata nella scuola contemporanea. Arnold, un ispettore delle scuole pubbliche e anche critico culturale, ha chiarito lo spirito contraddittorio della pedagogia riformista: il controllo morale dei bambini, in particolare della classe operaia, che erano considerati poco più che animali, legati alla "correzione attraverso l'auto-espressione" [25]

Pertanto, una critica anarchica delle "pellicole d'aula", che rappresentano, e spesso incarnano, i valori tradizionali educativi, deve tener conto del fatto che l'educazione autoritaria è spesso accompagnata da una preoccupazione, anche se paternalistica, con rispetto alla vita interiore e allo sviluppo morale degli studenti. Se "convertire il desiderio dello studente, piuttosto che la volontà del docente, nell'elemento motivatore dell'apprendimento" [26] è il principio guida della formazione anarchica, uno studio delle pellicole d'aula può rivelare come le rappresentazioni del falso libertarismo si alterna spesso con forme adulterate di scolarizzazione autoritaria. Può sembrare presuntuoso considerare le storie pedagoghe nordamericane con i film europei occidentali, perché il sistema scolastico americano, decentrato, offre un netto contrasto con la sua controparte centralizzata, come avviene in paesi tipo Francia e Gran Bretagna. Una certa omogeneità ideologica pervade le pellicole d'aula: seguendo Bachtin, si potrebbe parlare di un "cronotopo" dell'aula, in quanto si fornisce una "matrice multiculturale, spaziotemporale" [27] che dà forma al genere narrativo e alle sue tendenze.

"Hard Times" di Charles Dickens è un racconto sull'aula veramente fondamentale.  Il romanzo può essere considerato una risposta allegorica alle varie norme che avevano convertito la scolarizzazione in qualcosa di sempre più obbligatorio per i bambini della classe operaia. Una forma di educazione senza dubbio coercitiva, ma presumibilmente umana e pratica, sostituiva gradualmente le difficoltà del lavoro minorile. Il fantasma di Mr. Gradgrind, il maestro utilitarista caricaturato allegramente da Dickens, incombe su molte rappresentazioni cinematografiche degli insegnanti autoritari. Il suo entusiasmo privo di fantasia, limitato solo ai fatti, può essere visto anche nelle descrizioni levigate degli istruttori con buone intenzioni, liberali. Hard Times mescola il regno mondano, empirico, dell'aula di Gradgrind con un mondo più sensuale e seducente del circo di Sleary, che con la sua attraente furfanteria realizzata dalla lingua volgare, piena di colore è decisamente anti-utilitaristica. L'adattamento che la BBC ha fatto di Hard Time, è stato l'alteramento sottile dei ritmi del romanzo di Dickens, in modo da tagliare la cruda vitalità del circo con le stampe dell'aula, con cui inizia il romanzo. Il modo di integrare la pedante celebrazione dei fatti da parte di Gradgrind, con il circo e la sua vivificante volgarità, era stata molto efficace, al punto da portare un critico a sostenere che Dickens si era superato. [28] Questo adattamento, in modo di vedere l'aula e il rilassante circo come regni indipendenti, ha offerto la speranza che l'aula stessa acquisiva elementi del circo.

Sebbene pochi maestri [visti nei film di] Hollywood possegono l'involontario brio comico di Gradgrind, molte pellicole di questo genere abbracciano il messianesimo educazionale del quale Dickens scherniva ed enfatizzava lo scisma tra la sobrietà della classe e quello della cultura popolare, con una distorsione che, sicuramente, lo faceva divertire. The Blackboard Jungle (1955), di Richard Brooks, è un esempio paradigmatico di un film in cui viene presentato l'insegnante come un redentore vicino alla santità. In una sostituzione umanista pseudoliberale dell'opposizione ottocentesca tra insegnanti, convertiti in crociati, e studenti "selvaggi", bisognosi di addomesticamento, Richard Dadier (Glenn Ford) è responsabile di una classe turbolenta in una zona periferica: una versione più giovane e irsuta dell'allora presidente Eisenhower. Un giorno Dadier, che non è indifferente alle nuove tecniche educative, decide di far ascoltare alcune registrazioni della sua amata Bix Beiderbecke al suo corso [di ragazzi] indisciplinati. Ma la versione di questa moda che offre Dadier è troppo convenzionale per la sua classe di emarginati urbani. Amano il rock and roll, e con gioia sfrenata riducono in frantumi, senza pietà, i suoi vinili di jazz. Mentre Dickens sfotteva il pragmatismo senza immaginazione di Gradgrind, Brooks ha celebrato acriticamente il liberalismo paternalistico di Dadier.

Verso la fine del film, molti degli studenti si mostrano dispiaciuti e cercano di intraprendere il cammino nel diventare degli osservatori della legge. [29] Questa traiettoria narrativa rudimentale -che potrebbe essere chiamata come un "modello redentore" della pedagogia-, si ripete, con occasionali varianti stravaganti sulle sceneggiature dei film che mostrano studenti urbani indisciplinati:
-To Sir With Love (1967) (in cui Sidney Poitier, che aveva svolto il ruolo di un giovane delinquente in The Blackboard Jungle, si trasforma in una incarnazione afroamericana di Richard Dadier),
-Up the Down Staircase (1967) di Alan Pakula,
-Ciao Professore (1994) di Lina Wertmüller (una versione siciliana di The Blackboard Jungle, altrettanto insopportabile)
-e Dangerous Minds (1995) di John N. Smith, e altri -molti!- film appartenenti a questo sottogenere molto schematico.
The Blackboard Jungle e Dangerous Minds, presentano un protagonista la cui esperienza nell'esercito, li qualifica presumibilmente per l'insegnamento nella periferia urbana, ma l'umanesimo reazionario di queste pellicole impallidisce in confronto al Lean on Me (1985) di John Avildsen, un omaggio alla fantasia di Joe Clark, in cui la particolare opinione del direttore di Newark, sulla disciplina scolastica, si approssima, almeno retoricamente, a una sorta di fascismo educativo. L'ideologia di molti film autoritari che hanno come ambiente l'aula, è rilevata in una forma molto concisa nel protagonista di Bigger Than Life (1956), in cui un insegnante di scuola, impazzito, crede che "l'infanzia è una malattia congenita e lo scopo dell'educazione è curare ciò."
In epoca vittoriana si era sviluppato il concetto che i bambini delle classi superiori, erano dei piccoli selvaggi; il loro addomesticamento educativo, tuttavia, aveva lo scopo di trasformarli in leali servitori dello Stato e  amministratori dell'impero: un processo che ha raggiunto il suo picco nella scuola pubblica inglese. Tom Brown's Schooldays (1940) di Robert Stevenson, un adattamento rispettoso del romanzo di Thomas Hughes, che rende omaggio al direttore del colleggio Rugby, Dr. Thomas Arnold (padre di Matthew Arnold, e personificato con benevolenza grave da Cedric Hardwicke), e questo esempio di anglofilia di Hollywood, rende Arnold come un dio della pedagogia. Il direttore di Rugby era stato considerato un riformatore educativo importante, perché il suo regime, effettivamente, aveva eliminato gran parte del bullismo, nonnismo e sbronze, in modo da creare un ambiente meno assassino. All'inizio del film, viene offerto un discorso nel quale si assicura che Rugby "non è più la scuola di barbari selvaggi, ma composta da giovani timorati da Dio".
Arnold pensava che la scuola potesse contribuire a domare le fondamentali cattive inclinazioni dei ragazzi; l'istituzione non era tanto una comunità di studiosi, ma piuttosto una versione embrionale dello Stato, che in definitiva governava sugli studenti.

Il nazionalismo moralizzante di Arnold e la fervente difesa dei classici come il nucleo del piano di studi, erano continuati anche nel ventesimo secolo. Tuttavia, nei giorni in cui Mike Figgis aveva realizzato una nuova versione della commedia di Terence Rattigan, The Browning Version, nel 1995, il ritratto dell'insegnante disilluso delle lingue classiche, interpretato da Albert Finney, sembrava una parodia che colpiva i valori arnoldiani. Talvolta, la cinematografica immortalava la morte al quale erano sottoposte discipline rispettate come il latino e il greco, annunciata anni addietro dal film Torment (1944), di Alf Sjoberg, nel quale si dipingeva un professore di latino, Caligola, come un sostituto di Hitler. Anni dopo, venne considerato il fascismo reale in retrospettiva nel film di Fellini, Amarcord (1974): in alcuni passi di questo film, il regista riminese derideva le pretese assurde che avevano spinto gli sforzi di Mussolini nel richiamare nelle scuole la grandezza di Roma antica; le sequenze interrelate, mostrano degli scolari giocherelloni che scoreggiano e ruttano, prima di prendere la loro strada verso le classi in cui vengono impartite delle lezioni insensate.

L'insipido autoritarismo che trasmettono gli insegnanti ottusi, presentati in High School (1968), di Frederick Wiseman, è molto più vicina alle tendenze attuali in materia di istruzione di massa, che agli insegnamenti di Thomas Arnold, o chiamate anche ai più recenti valori redentori di autoespressione. Il film condensa alcuni mesi di educazione noiosa in una descrizione, curata con ingegno, di una giornata tipica scolastica, alternando l'orrore e il comico senza averne intenzione. Molti critici hanno osservato, che il furgone che trasporta il latte -decorato con il logo "Penn Made Products"- nella sequenza di apertura del film, si riferisce sia alla missione che tiene la scuola di produrre, a mo di salsiccia, dei cittadini impeccabilmente solidi, come al sarcastico "esame di condizionamento sessuale e definizione di genere" che realizza Wiseman. [30] In ogni caso, nonostante alcune analisi formali ed esemplari di High School, non sono stati presi in considerazione le implicazioni della loro inclinazione maliziosamente anti-autoritaria. Secondo la lunga storia delle scuole superiori americane, scritta in due volumi da Edward A. Krug, il trionfo di quello che è diventato noto con il termine di "teoria dell'educazione come partecipazione", ha prodotto un'ideologia che esaltava la "necessità di un controllo sociale", e promuoveva "l'adattamento severo del singolo al gruppo" [31] Ma Krug ci dice che questa ideologia non ha vinto senza combattere. Nel corso degli anni 20 del XX° secolo, ad esempio, gli ideali educativi del Progressive Education Association (un'organizzazione che, per la maggior parte, esemplificava il programma riformista di John Dewey) hanno sfidato, con successo occasionale, l'enfasi insidiosa sulla standardizzazione.

I fautori della standardizzazione potevano trarre sostentamento ideologico, da ciò che Michael Katz chiamava "l'ironia della riforma della scuola primaria" [32]. Katz racconta come, nel XIX secolo, i cittadini ricchi del Massachusetts avevano promosso l'istruzione secondaria obbligatoria, trovando la resistenza dei cittadini della classe operaia, che rigettava la generosità paternalistica dei magnati industriali. Alla fine, l'ideologia ufficiale aveva trionfato: erano state proclamate le scuole pubbliche come l'incarnazione di un egualitarismo, ma destinato a livellare le differenze tra ricchi e poveri. High School era ancorato ad un ambiente della classe media, in cui gli insegnanti e gli amministratori erano orgogliosi dell'eccellenza del loro programma di preparazione al college; ma la sfilata degli insegnanti e dei burocrati inefficienti che il film mostra, è incondizionatalmente autocratico o languidamente liberale, e riflette la routinizzazione della conoscenza, che è possibile trovare, a diversi livelli, nelle scuole della classe operaia o dei college d'élite.

 Wiseman mescola ripetutamente dei primi piani agli istruttori adulti, seguiti da grandi e medi piani degli studenti annoiati; si stabilisce un ritmo, in cui la "resistenza passiva", talvolta involontaria degli alunni, sgonfia la pomposità dei loro istruttori. Tuttavia, il film non si occupa di presentare i personaggi ad hominem: infilza la pedagogia autoritaria con una critica sistematica. In una lunga sequenza in cui un'insegnante di inglese analizza una canzone di Simon and Garfunkel con i suoi studenti indifferenti -una performance imbarazzante per la scuola-, essa costituisce una critica all'orientamento gerarchico della scuola, i quali educatori, schiacciando gli allievi con una disciplina, appaiono degli istruttori militari particolarmente feroci. In definitiva, le buone intenzioni del corpo docente devono essere scartate in quanto irrilevanti, dal momento che gli individui imperfetti non sono gli unici a generare l'oppressione prevalente nel North-East High School. Una delle sequenze più emblematiche di High School, si concentra in uno scambio dialettico tra l'insegnante di una disciplina e uno studente gracile che insiste che dovrebbe essere esonerato dalla lezione di ginnastica. Il fatto che la scuola deve imporre in forma indiscriminata un regime che esige la sottomissione totale delle regole del corpo e della mente, spesso irrazionali, ricorda le osservazioni di Foucault, in Sorvegliare e punire,  con rispetto alle "tecniche di una gerarchia di osservazione... e un giudizio normalizzatore" [33], la cui standardizzazione si è infiltrata nella pedagogia quando le scuole del XVII secolo introdussero una serie di test che garantivano la regolare valutazione e supervisione. L'attenzione che Wiseman presta agli studenti, si concentrava sugli alunni recalcitranti che vagavano per le sale senza il permesso registrato come la banalizzazione dei riti dell'umanesimo utilitaristico. Il divario tra l'idealismo liberale della scuola secondaria e la realtà della loro noia delineata, ricorda la forma in cui Raymond Williams riassume l'antiutilitarismo di Hard Times: "una fiducia nella ragione, che nel breve periodo è stato la purificazione e la liberazione, e una società reale che si trasforma in alienazione della ragione."[34]

L'insidia della variante nordamericana nel "giudizio normalizzatore" ben potrà servire il tema per Wiseman. In un contesto inglese o europeo, almeno, il riconoscimento delle minuzie di differenziazione tra le classi, conduce ad una consapevolezza di come l'educazione diventi una componente fondamentale della stratificazione sociale più in generale. Basil Bernstein [35], per esempio, fa una distinzione tra codici linguistici "limitati" da condividere con gli studenti della classe operaia nella casa e il codice linguistico "elaborato" imposto all'ambiente scolastico (per non parlare dei vantaggi inevitabili con il quale beneficiano gli studenti della classe media): ciò offre una prospettiva che, per la maggior parte, è esclusa dalla sociologia tradizionale americana. Dal momento che l'ideologia nordamericana accetta, e sostiene, il livellamento delle differenze di classe, e una credenza implicita nell'egualitarismo illusorio, e la fusione degli obiettivi della scuola, fa affermare allo Stato che le High School sono più che perfette negli Stati Uniti che in altri luoghi. Quando, verso la fine del film, un funzionario della scuola legge una lettera di uno studente morto in Vietnam, che stabilisce collegamenti concreti tra i valori civili delle scuole superiori e l'autosacrificio militare, diventa evidente l'indebolimento inevitabile dell'altruismo educativo di John Dewey. Sebbene alcuni radicali, come Henry Giroux, hanno promosso una versione rinnovata del modello di "educazione alla cittadinanza" sollevata da Dewey, resta la circostanza che la sua vigorosa difesa della formazione progressiva, che precede immediatamente quello che potrebbe essere caratterizzata come un ritiro nello sciovinismo liberale -supportato dalla Prima Guerra Mondiale-, illustra il fatto che la riforma dell'educazione liberale soffre di una vulnerabilità persistente rispetto allo spirito del gruppo. [36] Come Stirner proclamava, l'educazione non dovrebbe promuovere la produzione di "cittadini utili", ma di stimolare la formazione di individui autonomi, naturalmente, che non si discostano dagli interessi dei loro concittadini.

Il sequel che ha fatto Wiseman, High School II (1994), affronta le aule aperte di Central Park East a New York City; la preoccupazione della scuola sui "rapporti personali tra docenti e studenti" [37] è, almeno implicitamente, come un postulato empatico alternativo al lavoro documento nella classe alienata di High School. Comunque, se è vero che l'ambiente di apprendimento è meno opprimente in Central Park East che nel suo predecessore cinematografico, i gruppi pedagoghi della Scuola di New York facilitano la produzione di cittadini utili in modo più amichevole, più discreto. Il modello educativo di istruzione di Carl Rogers, concepiva l'educazione non coercitiva come un mezzo per l'auto-trasformazione e non per cambiare la società: "quando si minimizza la minaccia di sé, l'individuo si avvale delle opportunità di imparare, di migliorare." [38] Una riunione più prolungata dei professori, che Wiseman cattura nella sua pellicola, associa un analisi dei punteggi più elevati con la conversazione di quelli che sono più imbevuti della retorica dell'auto-attualizzazione. [39]
High School II e la pedagogia liberale di Central Park East ricorda quello che Dewey chiama a favore, ovvero di "adattamento flessibile" delle istituzioni della società [40] ad un obiettivo il cui esito potrebbe essere una maggiore autostima per l'individuo; ma è certamente lontano dalle aspirazioni della pedagogia anarchica. Se High School II utilizza i luoghi comuni di formazione progressista e ribadisce anche lo status quo, Le Gai Savoir (1968), di Jean-Luc Godard, spoglia della sua compiacenza romantica perfino l'Emilio di Rousseau. Come nel film di La Chinoise e Tout va bien, il gauchismo "maoista" funziona come un anarchismo coperto, di cui il regista rifiuta categoricamente di ammettere. Le Gai Savoir, il cui tema centrale è un dialogo interessato ai paradossi della rappresentazione cinematografica, intercalati da dei frammenti dei mezzi di comunicazione citati con un tono di parodia, viene assegnato a Jean-Pierre Léaud il ruolo di un protagonista di nome Emilio, che mescola l'anomia del New Wave con un radicalismo ingenuo, e a Juliet Berto viene dato il ruolo di Patricia, una militante di sinistra che lavora anche come modella. A differenza della progressione lineare che seguono i film d'aula tradizionali, Godard non è un omaggio a un insegnante messianico o all'istruzione tecnica, ma lavora come un modo esplorativo di insegnamento. Tuttavia, un cenno obbligatorio, quasi parodistico, è diretto a Rousseau; la pedagogia cinematografica, in realtà, ricorda più dei dialoghi filosofici comici come quelli di Denis Diderot, in particolare El sobrino de Ramean e El sueño de D'Alembert.

Su El sobrino de Ramean, possiamo fare un discorso sul fatto ch esso si distingue per una vigorosa forma vertiginosa di argomentazione, promuovendo uno squilibrio filosofico salutare e molto distinto dal liberalismo schematico di Rousseau. Come notato da Elisabeth de Fontenay, Diderot "indebolisce le rivendicazioni del maschio occidentale, quale figura di conoscenza neutra e potere sovrano". Figure marginali come "la suora, il cieco, il nipote di Rameau ... destabilizza l'ordine tradizionale nelle sue cinque forme: politica, metafisica, religione, etica e matematica" [41].
La destabilizzazione postconsumista della categorie estetiche viene mostrata ne Le Gai Savoir e assomiglia al precursore del "testo aperto" di Diderot, molto di più delle certezze concludenti dell'Emilio: in esso vi è una narrativa nella quale il percorso intellettuale dell'eroe si conclude con una felicità domestica non-dialettica.

Il film di Godard è più vicino all'ironia dialettale dell'ironia della "coscienza infelice" di Hegel, un concetto che ha profondamente influenzato El sobrino de Rameau. L'esortazione di Patricia nel "partire da zero ... e vedere se vi è qualche traccia", ricorda la tendenza di Diderot ad oscillare tra onestà intellettuale e quello che P. N. Furbank chiama cinismo "autosovversivo". La spregiudicatezza del film può essere vista come una lucida critica sulle prime ansie del primo strutturalismo per un vero rigore. La voce fuori campo, caratteristica di Godard, per esempio, riferisce che ad Emilio hanno sparato nel cuore, durante una manifestazione, ma che si è salvato grazie ad una copia del Cahiers du Cinema, che teneva nella sua maglia. Godard si rifiuta di scegliere tra cinefilia e una critica politica che è più auto-dolorosa che autenticamente educativa. Il sistema pedagogico di Emilio e Patricia esemplifica questa tensione interna, sia come sintesi poetica che come una politica della rappresentazione.Il primo anno del suo piano di studio alternativo per l'Università, si era dedicato alla raccolta e alla valutazione di suoni e immagini; il secondo allo scomporre questi suoni e immagini; e al terzo, infine, ad una sintesi che si pretende essere hegeliana: una ricostruzione creativa del linguaggio del cinema e della televisione. Gli anarchici possono trovare un buon oggetto di ammirazione in questo nuovo formato dell'Emilio. Il consolidamento del leninismo e della poesia modernista che realizza Godard, sembra la fusione strana tra l'anarchismo estetico e il maoismo dogmatico da parte di Julia Kristeva. [42] Tuttavia, i tributi dati al film sono stati di carattere anti-stalinista (in un'osservazione inaspettata su Patricia, fatta sia dal giornale comunista L'Humanité come il conservatore Le Figaro) e anti-autoritario (si sente la voce di Cohn-Bendit nella colonna sonora), rivelando che Godard non si era arreso alla panacea autoritaria tipica del maoismo reale.
La pedagogía anarchica: Joñas qui aura 25 ans en Van 2000, di Tanner.
Joñas qui aura 25 ans en Van 2000 (1976), di Alain Tanner, si distingue come un versione della pedagogia cinematografica più libertaria e anche altrettanto riflessiva. Il film inizia con un primo piano sulla statua di Rousseau di Ginevra, accompagnato da una solenne voce fuori campo che recita la famosa osservazione del filosofo: "L'uomo è stato incatenato dalle nostre istituzioni". Questo frammento dell'Emilio non riesce a informare il pubblico circa il grande flirt dei romantici con i precetti autoritari: la sua teoria educativa contiene componenti quasi anarchiche che coesistono in forma scomoda sulla convinzione che i bambini hanno bisogno di un' "identità nazionale", capace di infondere dei "valori patriottici ai cittadini del domani" [43]. La dolcezza affettuosa e l'omaggio sardonico che Tanner rende alla generazione dopo il 1968, viene presa al valore nominale del padre riconosciuto dell'educazione progressista e considera la possibilità che gli individui siano in grado di raggiungere l'autoliberazione. Il film ruota attorno alle attività di una comune che si affaccia continuamente alla dissoluzione, e non è certo un caso che molti dei protagonisti siano degli educatori.

Ad esempio, la miscela di militanza proletaria e la capacità pratica dell'agricoltura di Mathieu, un membro della classe operaia, dà una stretta di stato a quella dell' "intellettuale organico", che per quanto strano fosse, era quello che desiderava Gramsci. La tradizione anarchica ha spesso sollecitato, naturalmente, a coltivare i talenti tanto manualmente che intellettualmente, e il pensatore anarco-comunista Kropotkin, faceva riferimento alla "formazione integrale", promuovendo questo ideale con fervore notevole: "una società in cui ogni individuo è un produttore sia di lavoro manuale che intellettuale; in cui ogni essere umano sano è un lavoratore, sia nel campo che in fabbrica" [44]. Mathieu, eloquentemente, organizza e tiene corsi presso la "Scuola libera" della comunità e il suo entusiasmo per l'insegnamento ai più piccoli può essere allineata con la convinzione di Ferrer, ovvero il legame indissolubile tra pedagogia radicale e trasformazione sociale. Tanner e lo sceneggiatore John Berger, nonostante l'ammirazione ovvia per le iniziative educative di Mathieu, decidono di dedicare molto più tempo alla classe di Marco, il più ignorante dei colleghi della comune di Mathieu. Sebbene Jonas da ad intendere che Marco incarna un archetipo del nuovo marxismo, la sua lezione sulla teoria della storia basata sul "filo di salsiccia", miscela il materialismo di un marxista decisamente libertario con un sfiducia anarchica verso il progresso e il lavoro alienante. Le lezioni di Marco, che uniscono la giocosità e la sobrietà, propone che i "pezzi di storia", rappresentati con i pezzi della salsiccia che si tagliano felicemente con una mannaia, può essere utilizzato per dimostrare l'innocenza di una credenza nel progresso continuo. Senza romanzare il punto di vista della storia condivisa dalle società pre-industriali, Marco osserva che il capitalismo industriale ha portato un "nuovo tipo di violenza", in cui è stata sostituita la nozione ciclica del tempo, condiviso dalle società agricole, ad un senso del tempo gerarchico, standardizzato, che ha influenzato la soggettività imponendo "segna l'entrata, segna l'uscita".

L'analisi delle discontinuità storiche che realizza Marco, ricorda il passaggio di Fernand Braudel su un'enfasi degli eventi storici apparentemente "seminali", di una preoccupazione per i modelli più comuni della vita quotidiana [45], e provoca anche delle reminiscenze della storiografia eterodossa di Passagen-Werk di Walter Benjamin. Al contrario, la posizione pedagogica un pò timida del maestro, può allinearsi con gli sforzi di Lev Tolstoj -educatore anarchico e famoso romanziere-, nel far imparare ai bambini contadini curiosi che frequentavano la sua scuola sperimentale, di breve durata. Uno degli insegnamenti più rappresentativi di Tolstoj era: "Dobbiamo insegnare a scrivere ai bambini nelle zone rurali, o dovranno essere loro a insegnarci?". Questa domanda, apparentemente retorica ma sincera, in realtà, riassume alcune delle contraddizioni incontrate dagli educatori antiautoritari come Marco. Gli educatori radicali devono risolvere il dilemma se rifiutarsi nell'alimentare gli studenti con informazioni predigerite, e mantenere una posizione che rimarrà compromessa che resista alle banalita del caldo pluralismo. Come molti sostenitori contemporanei delle scuole libere, Tolstoj concepiva l'educazione come una "conversazione ... un'avventura intellettuale improvvisata" [46]. Le lezioni di storia, con un tono di simulacro culinario che Marco offre, ricordano i fori -crepe non assimilabili- dentro la storia: proprio come il materialismo idiosincratico di Benjamin, questo approccio ha la potenzialità di incoraggiare la riflessione critica, ma che si tinge di un'autocrazia stridente.

Per Susan Buck-Morss, il compromesso di Benjamin con una storiografia di immagini dialettiche -"una rappresentazione grafica, in particolare, della verità" in cui la storia "si fa strada senza una struttura totalizzante"-, ispira il suo desiderio di sviluppare una "filosofia fuori dalla storia" piuttosto che una "filosofia della storia" [47]. Il desiderio di Benjamin, di un metodo storico che evita la certezza della visione teologica passata, esposta da Leopold von Ranke -"il più potente narcotico del XIX° secolo" [48]-, non è dissimile da quella pretesa di Marco, nel senso che l'individuazione delle lacune nella storia -o " buchi"- richiede un paziente lavoro di scavo, può intendere con frequenza che "nessuno capiva" le trasformazioni storiche di un'epoca. L'insegnante geniale ritiene che "il capitalismo stia crollando", ma non condivide la vecchia tentazione di dire che la rivoluzione è dietro l'angolo. A questo proposito il tono della lezione di Marco, assomiglia a quella delle ironie delle lettura che abbondano negli sceneggiati delle trasmissioni radiofoniche che Benjamin destina ai bambini. La disquisizione di Mathieu sulla crisi del "pseudo-petrolio", non offre panacee; incluso quando si chiede se gli studenti "saranno ancora vivi nel 2000." La sua nostalgica rassegnazione assomiglia al millenarismo materialista di Benjamin, compresa la sua convinzione che l'analisi della catastrofe ci può aiutare a percepire "un fulmine o un'illuminazione devastante" [49]

Mentre la lezione di storia di Marco e la versione lirica sulla teoria della crisi esposta da Mathieu sfidano il dogma tradizionale, liberale e conservatore, una sequenza successiva con Marie, la ragazza di Marco, ricostruisce il modello provocatore di educazione anarchica, anche se epistemologicamente debole, suggerito da Tolstoj. Sebbene molte delle tecniche impiegate da Tolstoj nella Jasnaja Poljana ispirarono gli educatori anarchici contemporanei, la sua convinzione che gli educatori devono riportare i bambini ad uno stato di armonia che è sparita a causa degli abusi del civiltà, ha una risonanza ideale ma difficile da accettare senza riserve da parte di molti educatori contemporanei radicali. Gli sforzi di Marco per provocare la partecipazione della classe, allineando le tribolazioni personali Marie con gli interessi sociali più ampi, è coerente con l'affermazione tolstoiana che l'educazione si basa essenzialmente sulla conversazione, sebbene il suo spirito di dubbio radicale appartiene poco all'ambiente quasi teologico della Jasnaja Poljana.

Naturalmente, la noia degli studenti può facilmente deviare l'impegno di un insegnante anti-autoritario: la propensione che a volte presenta Tanner con la sua telecamera nella faccia degli studenti di Marco, rivela qualcosa di un non completo assorbimento mentale; durante la fondamentale lezione di storia, la telecamera rivela che alcuni studenti sono realmente assorti dalla lezione, mentre un altro gruppo sembra davvero annoiato. Tuttavia, la difficile situazione di Marie, una cassiera in un supermercato a Ginevra, che viola invariabilmente la legge nel non attraversare il confine tra la Svizzera e la Francia dormendo quando la giornata lavorativa finisce, provoca una vera e propria empatia degli studenti di Marco per costei. Come molti insegnanti estremisti, Marco vacilla tra le possibilità di emancipazione e la necessità di occuparsi di questioni più banali. Un giorno, Marie appare in aula, annunciando che, al posto di sostenere l'esame previsto, la classe deve "connettere" il suo conoscimento del dilemma di Marie con i "propri desideri". Sebbene si tratti di un tentativo in qualche modo forzato, ovvero nel stabilire le affinità tra le tribolazioni del lavoro, l'irrazionalità di restrizioni legali e la richiesta del desiderio erotico, la sostituzione che effettua Marco delle astrazioni pedagogiche con imbarazzanti riflessioni autobiografiche, si riferisce, almeno in parte, a quello che Roland Barthes chiama come quella pedagogia radicale che combatte la "tirannia del significato imposto"[50]

Marie è, infine, licenziata dal suo lavoro, in quanto ha offerto degli "sconti" generosi e non autorizzati agli anziani e agli indigenti del supermercato, e il film accoglie implicitamente la sua giustizia pratica, improvvisata e distributiva. La sua magnanimità può sembrare intuitiva, ma questo desiderio spontaneo di condividere la ricchezza corrisponde alla tendenza di una minoranza, dentro l'anarchismo del XIX secolo, nominato da Eliseo Reclus come la repuse individuelle: il recupero individuale dei prodotti di lavoro. Secondo Marie Fleming, biografa di Reclus, questo teorico e geografo anarchico riteneva che "c'era poca differenza tra il lavoro nel contesto della società borghese e quello che la legge considera un furto, in quanto entrambe le attività aveva portato all'appropriazione della ricchezza...quindi... recuperare i beni rubandoli, era perfettamente equo" [51]. Sebbene alcuni compagni di Reclus (tra cui Petr Kropotkin e Jean Grave) ritenevano che si trattava di una distorsione insostenibile dei principi anarchici, Marie attualizza in maniera aggiornata la reprise individuelle nell'era del post '68, e che richiama l'osservazione del situazionista Raoul Vaneigem: "il furto è una normale risposta alle provocazioni delle merci" [52]
Con uno spirito analogo, il cortometraggio Barres (1984), di Luc Moullet, esplora l'entusiasmo creativo e comico dell'espropriazione. Barres, nonostante la sua ironica nonchalance, può essere considerato un film educativo, e come mostrato da Moullet con attenzione, vi è il modo migliore per evitare di pagare il biglietto sulla metropolitana di Parigi. Il pubblico riceve le lezioni del come mettere una gomma da masticare nei tornelli (un "destabilizzante"), per eludere le autorità di trasporto e convertire l'evasione del pagamento in uno sport competitivo, intervallato dal prendere in giro la sorveglianza (si dice, che se ci si burla della vigilanza della metro, viene rafforzata "la solidarietà tra le classi") e con citazioni di Pascal spostate in un contesto veramente assurdo. Anche se Barres può sembrare uno scherzo irrilevante, il film insegna al suo pubblico (anche se in alcuni casi vi è una sana dose di ironia gentile) un'utile forma di resistenza collettiva.

La ricreazione ludica del Lehrstücke brechtiano che realizza Joñas e la riformulazione dello slogan di Proudhon "la proprietà è un furto", mostrata in Barres, non si limita ad illustrare le modalità di una pedagogia che potrebbe ricevere l'etichetta di anarchica. Essa funziona come esecizi cinematografici pedagogici che, senza un'eccessiva goffaggine, indicano la via per superare le radicate abitudini endemiche delle forme autoritarie di istruzione. Entrambi i film lottano nel sostenere, e quindi insegnano, la resistenza nel corso di un periodo in cui si spegnevano le speranze radicali. Joñas, il figlio omonimo che è l'incarnazione delle speranze utopiche di Tanner e Berger, funziona come una metafora ambigua per le difficoltà nell'aderire a una politica ed etica anti-autoritaria nei secoli bui. Mentre il film, abbastanza prevedibilmente, lega Joñas ai suoni rilassanti della musica delle balene, risuona anche il tributo indiretto all'eredità di George Orwell sul biblico Joñas, precisamente nel suo saggio "Inside the Whale". "Inside the Whale" è una grande impresa di un avvocato del diavolo, una celebrazione perversa della sensibilità totalmente apolitica di Henry Miller. Ma Orwell, con esagerata manovra retorica, e forse in qualche modo condiscendente, definì Miller come uno "scrittore proletario ... perché la sua passività politica era molto simile alle reali attitudini degli uomini ordinari."[53]
 Sebbene la sensibilità di Tanner e Berger ha poco in comune con Orwell, il radicalismo post '68, di cui Joñas mantiene un precario equilibrio tra la pedagogia anarchica di Marco e Mathieu e le tendenze New Age di personaggi del calibro di Madeleine e Max, la cui preoccupazione centrale -intereressi abbastanza innocui, come l'astrologia e il sesso mistico- può essere ricondotta nella loro delusione al compromesso politico.
 La struttura flessibile pedagogica del film lascia aperta la questione se Joñas seguirà le orme di Marco e Mathieu oppure resisterà al compromesso politico, rimanendo all'interno della balena.


Continua....


Note
[22] Philippe Aries, Centuries of Childhood: A Social History ofFamiliy Life, trad. Robert Baldick (New York, Vintage Books, 1962). Aries è citato da Smith e Spring, tra gli altri. Per una critica di Aries, vedere Leonard Pollock, Forgotten Children: Parent-Child Relations from 1500 to 1900 (Cambridge, Cambridge University Press, 1983).

[23] Peter Coveney, The Image of Childhood: The Individual and Society: A Study of the Theme in English Literature (Baltimore, MD, Penguin Books, 1967), p. 33. Più avanti (p. 92), Coveney ha detto che "per i grandi romantici ... il bambino rappresenta un'immagine attiva, espressione del potere umano contro l'esperienza umana." La differenza che il "concetto di innocenza vittoriana, è proprio di un romanticismo superato" -per esempio- "come il vuoto di Little Lord Fauntleroy" - in cui decade per diventare "qualcosa di statico."

[24] Hugh Cunningham, The Children ofthe Poor: Representations of Childhood Since the Seventeenth Century  (Oxford, Basil Blackwell, 1991), p. 107-108. Cunningham osserva che per Thomas Beggs, i bambini delle baraccopoli sono "orde di predatori di strada" e che "sembravano quasi appartenere a una razza diversa. "

[25] Arnol ha citato Ian Hunter, Culture and Government (Londra, Macmillan, 1988), p. 115.

[26] Paul Avrich, The Modern School Movement: Anarchism and Education in the United States (Princeton, NJ, Princeton University Press, 1980), p. 13.

[27] Vedere anche Michael Holquist, Dialogism: Bakhtin and his World (Londra e New York, Routledge, 1990), p. 107-148. Per una specifica applicazione del concetto di Backtin al cinema, vedere Robert Stam quando osserva che il "cronotopo ... storicizza lo spazio e il tempo", in Roben Stam, Subversive Pleasures: Bakhtin, Cultural Criticism, and Film (Baltimore, MD, Johns Hopkins University Press, 1989), p. 41.

[28] Per ulteriori informazioni sulla produzione della BBC, vedere George Ford e Sylvère Monod, Hard Times:  An Authoritative Text - Background, Sources and Contemporary Reactions, Criticism, 2.a ed.(New York, W. W. Norton, New York, 1990), p. 401-411.

[29] Per un interessante confronto tra The Blackboard Jungle e qualche film più recenti sulle aule, vedere Gilles Gony, «Le prof et la horde: sur Blackboard Jungle, Meryper Sempre et Train of Dreams», Cahiers de la Cinématheque (Dicembre del 1990), pp. 67-73.

[30] Barry K. Grant, Voyages ofDiscovery: The Cinema of Frederick Wiseman (Urbana e Chicago, The University of Illinois Press, 1992), p. 57.

[31] Edward A. Krug, The Shaping of the American High School (Cambridge, MA, Harvard University Press, 1964).

[32] Michael Katz, The Irony of Early School Reform (Cambridge, MA, Harvard University Press, 1968).

[33] Paul Rabinow (comp.), The Foucault Reader (New York, Pantheon Books, 1984), pp. 183-186.

[34] Raymond Williams, «Introduction», en Charles Dickens, Hard Times (Fawcett, New York, 1966), p. 7.

[35] Vedere Basil Bernstein, Class, Codes, and Control (St Albans, Paladín, 1973).

[36] Questa visione contrasta con la visione generosa del liberalismo di Dewey, abbozzata da Robert B. Dewey Westbrook in John Dewey and American Democracy (Ithaca, NY e Londra, Cornell University Press, 1991).

[37] Questa è la descrizione di Wiseman stesso su Central Park East. Vedi Cynthia Lucia "Revisiting High School: An Interview with Frederick Wiseman", Cineaste (Vol. XX, No. 4, 1994), p. 6. Per una esposizione sulla politica educativa della scuola, vedere Deborah Meier, The power of their ideas: Lessons for America from a Small School in Harlem (Boston, MA, Beacon Press, 1995).

[38] Cari R. Rogers, Freedom to Learn (Columbus, OH, Charles E. Merrill, 1969), p. 162.

[39] Ramon Menendez, Stand and Deliver (1987), include una versione di Hollywood più cinica nei confronti di questo approccio dei test standardizzati. Un esame di una maggiore competenza in matematica viene utilizzato come uno stratagemma per rafforzare l'ideologia tradizionale americano di mobilità verso l'alto.

[40] Questo passaggio di Dewey, Democracy and education, è citato in Andrew Delbanco, "John Dewey's America", Partisan Review (Vol. LXIII, n ° 3,1996), p. 516.

[41] De Fontenay è citato in P. N. Furbank, Diderot: A critical biography (New York: Alfred A. Knopf, 1992), p. 68.

[42] Vedere, per esempio, Revolution in Poetic Language, trad. Margaret Walle (New York: Columbia University Press, 1984).

[43] Simon, Mass Enlightenment, p. 58.

[44] Peter Kropotkin, Campi, fabbriche e laboratori, a cura di Colin Ward (Londra, Allen & Unwin, 1974), p. 26.

[45] Vedere Fernand Braudel, On History, trad. Sarah Matthews (Chicago: University of Chicago Press, 1983).

[46] Introduzione di Alan Pinch e Michael Armstrong (a cura di), Tolstoy on Education: Tolstoy's Educational Writings 1861-1862 (Rutherford, Madison e Teaneck, Fairleigh Dickinson University Press, 1982), p. 35. Caryl Emerson dice provocatoriamente che "anche quando Tolstoj potrebbe difendere l'abolizione della gerarchia ... il fatto che il conte Tolstoj si è posto ai piedi dei contadini non ha senso. L'asse non è cambiata. Si tratta dell'onnipresente kto Kogo ("chi fa cosa a chi") ... ma si è trasformato in quello che Bakhtin avrebbe chiamato un "dialogo pedagogico": Qualcuno che conosce e possiede la verità istruisce qualcuno che è ignorante e che agisce in errore". Sebbene la critica di Emerson è senza dubbio vera, questa sembra consolidare che la pedagogia di Tolstoj, e il suo programma, fosse solo di carattere estetico. Vedere il saggio di Emerson "The Tolstoj Connection in Bahktin", Gary Saul Morson e Caryl Emerson, Rethinking Bachtin: Extension and Challenges (Evanston, IL, Northwestern University Press, 1989), pag. 152.

[47] Susan Buck-Morss, The Dialectics of Seeing: Walter Benjamín and the Arcades Project (Cambridge, MA e Londra, MIT Press, 1989), p. 55.

[48] Ibid., p.279.

[49] Jeffrey Mehlman, Walter Benjamín for Children: An Essay on His Radio Years (Chicago e Londra, University of Chicago Press, 1993), p. 25.

[50] Roland Barthes, The Grain of the Voice: Interviews: 1962-1980 (Nueva York, Hill & Wang, 1985) p. 242. (New York: Hill & Wang, 1985) p. 242.

[51]  Marie Fleming, The Anarchist Way to Socialism (Totowa, NJ, Roman & Littlefield, 1979), p. 195.

[52]  Ratgeb (Raoul Vaneigem) Contrihutions to the Revolutionary Struggle Intended to be Discussed, Corrected and Principally Put into Practice Without Delay, trad. Paul Sharkey (Londra, Elephant Editions, 1990), p. 14. "Ratgeb" rileva, tuttavia,  che "la riappropriazione individuale di beni rubati da parte dello Stato e la classe dei padroni è una mera alimentazione del processo di commercializzazione, a meno, queste azioni, che non diventino delle azioni collettive e portino ad una liquidazione totale del sistema."

[53] Alex Zwerdling, Orwelland the Left (New Haven, CT e Londra, Yale University Press, 1974), p. 120.


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