domenica 20 maggio 2012

Metalli

C'è metallo e metallo. L'oro, per esempio, è un metallo nobile di color giallo, malleabile, duttile. In natura lo si trova quasi sempre sotto forma di pepite, di polvere, di pagliuzze. Solo dopo una lunga lavorazione (a base d'acqua, rame, cianuro sodico...) è possibile ottenere quel bene per cui da sempre si sfrutta, si opprime, si massacra. L'uranio invece è un metallo bianco-argenteo, denso, malleabile, presente in molti minerali, che si trova sotto forma di ossido o sale complesso. Scoperto nel 1789 da un chimico tedesco, non sembrò destare molto interesse, nemmeno quando monsieur A.H. Becquerel nel 1896 si accorse che emanava radioattività. Solo in tempi relativamente recenti, nell'era nucleare, l'uranio è diventato prezioso quanto e più dell'oro. Per esso si sfrutta, si opprime, si massacra.
L'oro è simbolo di ricchezza. L'uranio è simbolo di potenza (intesa come energia per il potere). Nulla di strano se chi adora accumulare il primo si diletta ad andare a caccia del secondo, se chi possiede il secondo lo vende in cambio del primo. Re e mercanti, politici e amministratori delegati, tutti dediti ad occuparsi di oro e di uranio. E il piombo? Il piombo, di color bianco-azzurrognolo lucente, anch'esso duttile e malleabile, fra tutti i metalli è considerato il più povero e pesante e non è mai stato particolarmente considerato. Da nessuno a parte gli alchimisti, questi bizzarri individui che pensavano di poter trasmutare ciò che è povero e umile in qualcosa di nobile e prezioso. Ma checché se ne dica, la loro non era affatto una ricerca della ricchezza intesa come profitto. Gli alchimisti cercavano la Pietra Filosofale da raggiungere attraverso la conoscenza, l'aurea apprehensio. L'alchimia è uno strumento di onniscienza, della conoscenza totale che cerca di aprirsi la via verso la liberazione. Trasmutare un elemento in un altro, ottenere l'oro filosofale dal triviale metallo, era ed è soprattutto una metafora dei processi relativi alla liberazione dell'essere umano dagli ostacoli e dalle contraddizioni della vita. È questa la Grande Opera degli alchimisti, la cui quarta ed ultima fase — quella che assicura l'immortalità al suo autore — è iósis, rosseggiante. Perché il rosso, colore del sangue, è uno dei colori più importanti per gli alchimisti. Nella loro iconografia, il simbolo della Grande Opera è l'Albero filosofale carico di frutti rossi.
Niente oro, niente uranio, bensì piombo che, attraverso la conoscenza, può trasformarsi in Pietra Filosofale. Forse è questa l'origine dell'espressione francese «mettere del piombo in testa», ovvero far riflettere. Chissà. Ma, soprattutto, chissà perché è da stamani che ci arrovelliamo con simili considerazioni...
 
[7/5/12]
 
 
http://www.finimondo.org/node/803

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