Sabato 21 aprile era la giornata di apertura della XII edizione
della fiera dell'Altrolibro, iniziativa che si tiene a Napoli in un
contesto incantevole quanto sorprendente, un'antica chiesa. Nulla di
strano che un simile appuntamento attragga molti fra coloro per cui il
libro non è una merce, bensì uno strumento di liberazione. A margine
della rassegna in questa giornata inaugurale ci doveva essere anche la
presentazione del libro di Osvaldo Bayer, Severino Di Giovanni, c'era una volta in America del Sud, da poco pubblicato dalla Agenzia X a cura di Alberto Prunetti, qui invitato per l'occasione.
E chi era Severino Di Giovanni? Un anarchico italiano emigrato in
Argentina negli anni 20, redattore ed editore di giornali e libri
sovversivi, ma anche rapinatore di banche ed amante della chimica
esplosiva. Una vita dedicata all'anarchia, pensiero e dinamite,
recisa precocemente da un plotone di esecuzione. Nessun rimpianto,
nessun rimorso, nessun pentimento, perché — sono parole dello stesso Di
Giovanni — alla vita si deve offrire la squisita elevazione del braccio e della mente.
Purtroppo in quest'epoca di ogm c'è chi alla sopravvivenza si
ritrova ad offrire la squallida prostituzione del culo e del cuore. È il
caso degli editori e del curatore di questo libro; lo scorso millennio
anarchici, oggi liberi professionisti e consulenti editoriali che
campano sfruttando la rivolta altrui. Senza pudore, con disinvoltura,
nella certezza che tutti gradiscano la loro putrida marmellata.
Una certezza forse comprensibile vista la diffusione della servitù
volontaria, ma infondata. Così la presentazione prevista a Napoli non si
è tenuta, perché c'è chi ha ritenuto che non si dovesse tenere.
Prunetti ha potuto parlare solo pochi minuti prima di essere interrotto
da chi, lì capitato per puro caso, aveva fretta di esprimergli il
proprio disprezzo verso un prodotto culturale sulla vita e la morte di
un anarchico, fucilato dallo Stato argentino che aveva combattuto con
tutte le sue forze. Un libro pubblicato «nel quadro del programma "Sur"
di supporto alle traduzioni del Ministero degli affari esteri, del
commercio internazionale e del culto della repubblica argentina» (come
si può leggere nella seconda pagina del libro).
Sì, proprio così. Lo Stato argentino, prima ammazza Di Giovanni e
poi lo ricorda con un contributo editoriale! Quanto è generoso, nevvero?
Ci ricorda Benetton, disponibile a costruire un mausoleo in ricordo dei
Mapuche che la sua azienda sta contribuendo a sterminare. O il governo
degli Stati Uniti, che rende omaggio ai pellerossa che ha massacrato e
rinchiuso nelle riserve. Ma pensate che bello sarebbe un libro sui
partigiani sovversivi uccisi a bastonate in via Tasso a Roma, pubblicato
con l'alto patrocinio del Parlamento («Una storia di sangue e
insurrezione, puro stornello-punk rossonero e ribelle»,
pubblicizzerebbero eccitati quelli di Agenzia X). D-i-s-g-u-s-t-o-s-o.
Coperto di insulti e non sapendo che pesci pigliare, da parte sua
il curatore ha barbugliato qualcosa sulla differenza fra vecchia
dittatura (brutta e cattiva come i suoi generali) e nuova democrazia
(bella e buona come i suoi finanziamenti). Oppure sul fatto che tutti i
libri sull'Argentina ricevono contributi dallo Stato, e quindi...
Tutto fiato sprecato. Non c'è stato nulla da fare, i toni si sono
alzati ed i prodotti culturali esposti per essere venduti sono volati in
aria. Nemmeno il tentativo di mettere da parte la merce stampata e
proseguire limitandosi a fare una discussione sull'anarchico abruzzese
ha funzionato, giacché il buon Prunetti voleva continuare a tenere
banco. Zittito nuovamente, si stava consolando firmando autografi.
È finita come doveva finire. Pochi minuti dopo che i guastafeste
lasciassero la sala, sono stati gli stessi organizzatori a decretare la
fine di una presentazione diventata palesemente una farsa. E lo hanno
fatto senza troppe esitazioni, essendosi resi conto (come poi hanno
riconosciuto) che quanto accaduto era davvero il minimo che potesse
accadere. Perché pubblicare un libro su un anarchico trucidato dallo Stato con i soldi dei suoi carnefici, è un affronto che grida furore.
E lo grida ancora più forte se a compiere questa infamia non è nemmeno
uno sprovveduto imbrattacarte accademico, mai sfiorato dalla seduzione
sovversiva, bensì chi ha conosciuto dall'interno il movimento anarchico.
E poiché le parole volano, mettiamo qui per iscritto quanto detto
durante la contestazione: auspichiamo che ovunque vada a presentare
questo schifo di libro, Prunetti-sei-una-merda si trovi dinanzi qualche
anarchico che gli ricordi la differenza fra la ricerca della sovversione
dell'esistente e la questua della sovvenzione dell'esistente. È ora che
lui e tutti i recuperatori come lui — dai reduci affabulatori ai
mitopoietici galoppini dell'industria culturale, passando per i
dissociati rimembranti per convenienza — imparino a lasciar perdere per
sempre quella rivolta che non fa più parte della loro vita. Se vogliono
far carriera con i libri, che si limitino a quelli per bambini, alle
ricette di cucina, ai tatuaggi, ai funghetti, ai semini...
http://www.finimondo.org/node/775
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