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Trieste, muore a 32 anni in questura. Indagato dirigente della polizia
Inchiesta sul capo dell'ufficio immigrazione del capoluogo giuliano,
accusato di omicidio colposo e sequestro di persona. La giovane,
infatti, non doveva essere trattenuta in cella di sicurezza, ma
accompagnata al Cie. Nell'ufficio del funzionario trovato anche il
cartello "Ufficio epurazione" e una foto di Mussolini
Il capo dell’ufficio immigrazione di Trieste Carlo Biffi è indagato
per omicidio colposo e sequestro di persona per la morte di una donna di
32 anni avvenuta in una camera di sicurezza della polizia. Alina Bonar
Diachuk era ucraina e aveva 32 anni: un mese fa era stata trovata con un
cappio al collo al termosifone di una cella del commissariato di Villa
Opicina, una frazione del capoluogo giuliano, dove era custodita da due
giorni. Un episodio sul quale è stata aperta un’inchiesta della Procura
che non solo si potrebbe estendere anche ad altri agenti della questura,
ma anche ad altri aspetti: tra questi anche il cartello “Ufficio
epurazione” attaccato all’interno dell’ufficio immigrazione e una foto
di Benito Mussolini affissa nelle stesse stanze. Una storia raccontata
dal Piccolo di Trieste e ripresa anche dal Manifesto.
La morte. Secondo i primi rilievi dei magistrati la Diachuk in realtà
non doveva essere trattenuta in custodia dalla polizia. Era stata
infatti accusata di favoreggiamento all’immigrazione e aveva
patteggiato, così era tornata in libertà il 14 aprile: avrebbe dovuto
essere trasferita nel Centro di identificazione ed espulsione di
Bologna. Al contrario dopo la lettura della sentenza era stata sì
prelevata da una pattuglia della polizia, ma trovata morta dopo due
giorni nella camera di sicurezza. Sulla cella vigilava una telecamera di
sicurezza ma per i 40 minuti di agonia della donna nessuno ha notato
cosa stava accadendo (inoltre la ragazza aveva già tentato di togliersi
la vita in carcere). Una serie di anomalie che ha spinto la magistratura
ad aprire un’indagine.
Per capire qualcosa di più la Procura ha disposto la perquisizione
degli uffici del commissariato e gli agenti si sono imbattuti nel
cartello “Ufficio epurazione” e nella foto di Benito Mussolini. Ma non
solo: nell’abitazione di Biffi sono stati trovati alcuni libri dal
contenuto antisemita: “Come riconoscere e spiegare l’ebreo”, “La difesa
della razza” di Julius Evola, “Mein Kampf” di Adolf Hitler, “La
questione ebraica”. In Procura, al momento non intendono dare grande
rilievo all’altro aspetto emerso durante le indagini, e cioè
all’acquisizione di materiale di natura antisemita e di cartucce trovate
in casa di Baffi durante una perquisizione. Materiale, quello
documentale, giustificato da un sindacato di Polizia dal fatto che Baffi
abbia lavorato anche alla Digos. “I rapporti con la Questura di Trieste
– afferma Dalla Costa – sono sempre ottimi e collaborativi, tanto che
il questore mi ha assegnato suo personale proprio per sviluppare questa
indagine. Non c’è alcun ostruzionismo da parte della Questura”,
ribadisce il capo della Procura.
Le indagini condotte dal pm Massimo De Bortoli devono verificare se
in effetti la Diachuk fosse trattenuta in commissariato senza alcun
titolo, se fosse chiusa a chiave dentro una stanza e se si sia trattato
di un caso isolato, o, come ha confermato il procuratore capo Michele
Dalla Costa, ci siano stati altri casi di stranieri trattenuti a Opicina
senza alcun titolo. “Stiamo valutando decine di posizioni, a partire
dal secondo semestre del 2011, per verificare se quello dell’ucraina sia
stato un caso isolato o meno” conferma Dalla Costa.
Gruppi politici e realtà di movimento hanno indetto per oggi un presidio per protestare.
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