-On 26 of March I’m transferred from Nigrita’s prison to the courts of Thessaloniki, due to the trial against me for the expropriation of ODDY’s* auction.
After the trial being postponed once again, i am transferred back to Nigrita’s prison the same day. There i am subjected into search investigation during which I deny, once again, to consent in putting off my underwear (a procedure well-known to the prisons as “bend & cough”). They transfer me into the “newcomers’ cells” and present me subsequently before the prosecutor, who officially imposes me the penalty of disciplinary jail transfer, accusing me for ‘disobedience’ as well as the indefinite isolation in this particular cell, unofficially, until I consent in the realization of this particular search investigation or (until) the disciplinary transfer is made.
-I remain, ever since, under this special detention regime, awaiting my jail transfer.
-It’s clear, judging by the analogy itself between the initial denial and the subsequent penalty, that the whole issue has a minimum relation with the specific investigation and the possible consequences that it’s denial can have in the jail’s function. The declarations from the prison’s administration side, speaking about their fear that this particular practice could become a common one, as well as the threats -during the prisoners’ mobilizations 4 months ago- which were actually pre-announcing the imposition of a disciplinary jail transfer against me, on the 26th of March, have much more to say about the essence of this two-months isolation, than all the rhetorics upon prison security measures, spoken on behalf of the prison’s directors.
-The prison’s environment consists primarily a totalitarian mechanism of authoritarian reproduction. Being the hardened reflection of the wider social situation, jail holds the role of a laboratory, where the procedure of the individual’s obedience towards the authority, happens in the most absolute way.
Within the prison’s environment, nothing occurs by chance.
From the spatial planning to the procedures of the ‘benefits’ and the disciplinary penalties, every aspect of the correctional system’s function is built in a way that the prisoners should internalize the ideas of permanent surveillance, slavishness, snitching and no-term obedience to the orders.
Within this condition, where they try to take every part of your existence away from your control, that the bars intend to find their way inside you until your dreams to stay imprisoned behind them, what inviolably remains under your control, is the choice of negation. Negations that stay always partial, ‘few’, among the countless contracts you make daily. It would be hard for anyone to claim that he remained totally disobedient inside the walls.
-Speaking particularly upon the search investigation procedure, there would certainly be lots to write. Through stripping, bending and coughing, the prisoner’s position within the prison’s hierarchy is tried to be made clear under the most evident way, while at the same time this procedure is marked as a central and crucial act of his transformation, from a dignified person into a manipulated object.
-The actual denial of this procedure is a minimum denial of this particular imposed position. This denial, however, unquestionably does not consist the epitome of all negations. Neither some thin line separating dignity from non-dignity. But what it does consist, is the drawing of a border, which stands as a reminder to myself as well as to every uniformed person, that I am still alive, that I do not obey, that the prison has not entered inside me.
-These two months of isolation, are the cost of this very disobedience. Having -since the beginning- rejected the possibility to succumb to the blackmail of agreeing for the investigation in order for this situation to finish, I decided to demand its end in a dynamic way, using the only means available. Therefore, I started a trolley-food denial on the 5th of May, demanding the immediate end of this condition and an immediate jail transfer. One week later, realizing that this symbolic move was inefficient, i decided to use the ultimate means that someone has under this circumstances and start a hunger strike on May’s 15th, demanding the satisfaction of the above.
I would like to send my warm comrade greetings to all those that broke the walls of isolation through their words and actions, both inside and outside the prisons…
Rami Syrianos
May the 15th
Nigrita’s prison
*ODDY is (was) a public organization that among other activities used to place in auction and sell various confiscated -by the police- items, mainly personal vehicles and cars. Nothing more than official dealers of stolen goods.
-
Text in Greek
http://325.nostate.net/?p=5269
Rami Syrianos inizia lo sciopero della fame
da 325
trad. ParoleArmate
* ODDY è (era) un’organizzazione pubblica che tra le altre attività organizza aste e vende oggetti confiscati dalla polizia, soprattutto veicoli privati e auto. Nient’altro che una concessionaria ufficiale di beni rubati.
http://culmine.noblogs.org/2012/05/17/rami-syrianos-inizia-lo-sciopero-della-fame/#more-15349
trad. ParoleArmate
Il 26 marzo sono stato trasferito dalla prigione di
Nigrita al tribunale di Salonicco, a causa del processo a mio carico per
l’esproprio all’asta di ODDY*.
Dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza, sono stato
riportato alla prigione di Nigrita lo stesso giorno. Lì ho rifiutato la
perquisizione corporale, ancora una volta, che consiste nel levarsi le
mutande (rinomata procedura chiamata “chinati e tossisci”). Mi hanno
messo nelle “celle per i nuovi arrivati” per poi portarmi davanti al
procuratore, che mi ha imposto il trasferimento disciplinare,
accusandomi di “disobbedienza” e condannandomi ad un isolamento
indefinito in questa cella particolare, non ufficialmente, fino a quando
avrei accettato la perquisizione o sarebbe stato effettuato il
trasferimento disciplinare.
Io sono, da allora, in questo speciale regime di detenzione, aspettando il trasferimento.
E’ chiaro, giudicando
con l’analogia stessa tra l’iniziale rifiuto e la conseguente condanna,
che l’intera questione ha una relazione minima con l’indagine specifica e
le possibili conseguenze che questo rifiuto può avere nel funzionamento
della prigione. Le dichiarazioni dell’amministrazione carceraria,
preoccupata che questa pratica possa diventare comune, così come le
minacce -durante le mobilitazioni dei prigionieri 4 mesi fa- che
consistono nel preannunciarmi il trasferimento disciplinare, dal 26
marzo, dicono di più sull’essenza di questi due mesi di isolamento più
di tutte le retoriche sulle misure di sicurezza in carcere, discusse da
molti direttori carcerari.
L’ambiente carcerario è in primo luogo un meccanismo
totalitario di riproduzione autoritaria. Essendo il riflesso più duro
della più ampia situazione sociale, la galera ha il ruolo di
laboratorio, dove la procedura dell’obbedienza individuale verso
l’autorità prende forma nel modo più assoluto. In prigione nulla accade
per caso.
Dall’organizzazione dello spazio alle procedure dei
“benefit” e alle condanne disciplinari, ogni aspetto del sistema
correzionale è fatto in modo che i prigionieri devono interiorizzare le
idee della sorveglianza permanente, la schiavitù, l’infamare e
l’obbedienza senza termini agli ordini.
In questa condizione, dove cercano di portarti via
ogni parte della tua esistenza, le sbarre cercano di trovare il modo di
imprigionare anche i tuoi sogni, ciò che resta inviolabile sotto il tuo
controllo è la scelta del rifiuto. Le negazioni che sono sempre
parziali, “poche”, tra i contratti infiniti che fai giornalmente.
Sarebbe difficile per chiunque rimanere totalmente insubordinato dentro
le mura.
Parlando della perquisizione, ci sarebbe molto da
dire. Spogliarsi, chinarsi e tossire, la posizione del prigioniero nella
gerarchia carceraria è mostrata nel modo più chiaro, mentre allo stesso
tempo questa procedura viene contrassegnata come azione centrale e
cruciale della sua trasformazione, da persona dignitosa ad oggetto
manipolato.
L’attuale rifiuto di questa procedura è un rifiuto
minimo di questa posizione imposta. Esso, comunque, non consiste nel
culmine di tutte le negazioni. Una piccola linea che separa la dignità
dalla non dignità. Ma consiste nel tracciare un confine, che sta come
monito a me stesso e a quelli uniformati, che io sono vivo ancora, che
non obbedisco, che la prigione non è entrata dentro di me.
Questi due mesi di isolamento sono il costo di questa
vera insubordinazione. Avendo -fin dall’inizio- rifiutato la
possibilità di soccombere al ricatto del partecipare all’investigazione
per far finire questa situazione, o deciso di richiederne la fine in
modo dinamico, usando i soli mezzi disponibili. Quindi, ho iniziato lo
sciopero del carrello il 5 maggio, richiedendo la fine immediata di
questa condizione e l’immediato trasferimento. Una settimana dopo,
capendo che questa mossa simbolica era inefficiente, ho deciso di usare
l’ultimo mezzo rimasto in questa condizione, iniziando lo sciopero della
fame dal 15 maggio, richiedendo la soddisfazione delle richieste.
Mando i miei più caldi saluti a tutti quelli che
rompono le mura dell’isolamento tramite parole e azioni, dentro e fuori
le prigioni
Rami Syrianos
15 Maggio
Prigione di Nigrita
______* ODDY è (era) un’organizzazione pubblica che tra le altre attività organizza aste e vende oggetti confiscati dalla polizia, soprattutto veicoli privati e auto. Nient’altro che una concessionaria ufficiale di beni rubati.
http://culmine.noblogs.org/2012/05/17/rami-syrianos-inizia-lo-sciopero-della-fame/#more-15349
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