pubblicato sul n.16/92 di UMANITA' NOVA
il 24 dicembre
1971 viene eletto presidente della Repubblica Giovanni Leone, esponente
della Democrazia Cristiana, con i voti determinanti del Movimento
Sociale Italiano, il partito neofascista diretto da ex-repubblichini.
Il
17 febbraio 1972 si forma il 1° governo Andreotti, monocolore
democristiano con l'appoggio dei liberali. Il governo non ottiene la
fiducia e il presidente della Repubblica scioglie anticipatamente le
Camere e indice le elezioni per il 7 e 8 maggio successivi.
Forte
del contributo dato all'elezione di Giovanni Leone e all'appoggio dato,
quando necessario al Governo, Giorgio Almirante, fucilatore di
partigiani, alla vigilia delle elezioni si appella allo scontro fisico.
Intanto il 23 febbraio è cominciato il processo a Pietro Valpreda e agli
altri compagni del 22 marzo. La manifestazione antifascista dell'11
marzo a Milano è l'occasione per riprendersi la piazza: il 12 dicembre
la questura aveva relegato le manifestazioni degli anarchici e della
sinistra extraparlamentare per l'anniversario della Strage di Stato in
periferia; è un sabato di scontri, ma anche il segnale che i movimenti
di lotta non sarebbero rimasti ad assistere passivamente.
Da allora tutta l'Italia fu percorsa da un grido: i fascisti non devono parlare.
Genova:
protetto da migliaia di celerini, parla Almirante: portuali, giovani
proletari scendono duramente in piazza; Pistoia, 13 aprile: ci prova
Birindelli, ma i compagni si sono bene organizzati e l’ammiraglio si
prende pure una sassata; Roma, Centocelle, quartiere proletario, 14
aprile: comizio di Caradonna, De Lorenzo, Turchi e Trombetta; i
proletari tappano loro la bocca e non solo la bocca. Agli scontri
partecipano donne, bambini, compagni di base del PCI, nonostante che il
partito avesse invitato i suoi iscritti a restarsene a casa buoni buoni.
Crotone, San Benedetto, Venezia, Mclii. Cinisello, Siena. Sarno, Piombino, Civitavecchia, Viareggio: i FASCISTI NON PARLANO!
Fra
le forze politiche che sostengono la mobilitazione antifascista ci sono
gli anarchici: Umanità Nova (in quel periodo viene denunciato più volte
il responsabile Alfonso Failla); la Federazione; i gruppi e le
organizzazioni territoriali come i Gruppi Anarchici Toscani, che
coordinano la campagna politica e la presenza dei compagni in regione.
Il
4 maggio Niccolai parla a Livorno, Franco ed altri compagni di Pisa
partecipano agli scontri provocati da polizia e carabinieri che
difendono l'ex-repubblichino; gli scontri continueranno fino a tarda
notte.
Il 5 tocca a Pisa: nonostante la mobilitazione degli
antifascisti, la sproporzione delle forze è evidente; la polizia carica
da subito e inizia la caccia all'uomo. Franco viene fermato dalla parte
opposta della città rispetto a quella dove parlava Niccolai, viene
massacrato di botte e trascinato in carcere. Il giorno dopo viene
interrogato da sostituto procuratore Sellaroli, in preda a fortissimi
dolori alla testa, il giorno dopo ancora è morto in galera. Non era
stato nemmeno ricoverato in ospedale, perché cercarsi delle grane? Tanto
più che si tratta di un giovane proletario, impegnato nello studio e
nel lavoro, ma senza famiglia, senza mezzi; al punto che per dormire era
stato costretto ad accettare l'ospitalità nell'allora riformatorio di
Pisa, in Piazza San Silvestro.
Franco era un anarchico,
un militante del gruppo “Pinelli” di Pisa, che operava all'interno della
Federazione Anarchica Pisana; partecipava attivamente alle riunioni dei
Gruppi Anarchici Toscani e alle loro iniziative, tra cui la campagna
contro la Strage di Stato e alle mobilitazioni antifasciste: nel
Movimento Anarchico aveva trovato finalmente quella solidarietà e quello
spirito di libertà che aveva cercato in tutta la sua breve vita.
Mi
sono letto la collezione di Umanità Nova di quei giorni, e sono rimasto
colpito dal fatto che allora come oggi venisse denunciata la svolta
autoritaria del governo e delle istituzioni, svolta che aveva nel
Movimento Sociale Italiano la ruota di scorta. A distanza di quaranta
anni è significativo Il paragone tra l'evoluzione dell'Italia e quella
del Cile in quegli anni: in entrambi i paesi la Democrazia Cristiana era
protagonista, ma in Cile l'atteggiamento legalitario della sinistra al
potere non venne controbilanciato da una mobilitazione rivoluzionaria
dal basso, cosa che invece avvenne in Italia, dove gruppi di esaltati,
illusi e arrabbiati riuscirono a coinvolgere anche settori della base
dei partiti riformisti e dei sindacati di Stato. In conclusione: in Cile
ci fu il colpo di stato, la dittatura di Pinochet, migliaia di
desaparecidos; in Italia la svolta reazionaria è stata rinviata. Questo
fa anche chiarezza sulla leggenda del Partito Comunista che difende la
democrazia; nel 1972 (come in altre occasioni) il PCI era dalla parte
della polizia che massacrava i compagni, dall'11 marzo a Milano
all'assassinio di Franco Serantini, ha solo raccolto i frutti di una
lotta che noi, come anarchici, abbiamo portato avanti in prima persona.
Forse non è stata una vittoria, ma sicuramente i piani dei nostri
nemici, la strategia della tensione e delle Stragi di Stato è stata
sconfitta. Ricordare Franco Serantini significa anche recuperare
insegnamenti per le lotte di oggi.
Tiziano Antonelli
polizia in lungarno gambacorti. pisa 05/05/1972
http://orizzontelibertario.blogspot.com/2012/05/1972.html
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