sabato 17 marzo 2012

Nel carcere di San Vittore condizioni disumane di detenzione... è tortura!


Celle infestate dagli scarafaggi. Niente acqua calda, un’unica finestra ostruita dai letti, nessuna doccia ma solo una sola, minuscola, latrina. Niente carta igienica. Stanze talmente piccole che restare in piedi è impossibile. E l’intera giornata viene trascorsa sdraiati sulle brandine in un ambiente che non conosce mezze misure: freddo glaciale d’inverno e caldo infernale d’estate. Condizioni, in una parola, “disumane”. E dunque illegali.
È un’istanza senza precedenti quella che, presentata ieri davanti al gip Laura Marchiondelli del Tribunale di Milano, chiede la scarcerazione di quattro ventenni tunisini, arrestati lo scorso 16 gennaio durante una rivolta al Cie di via Corelli e ora detenuti in attesa di giudizio nel carcere di San Vittore. Che si basa su uno dei principi garantiti dall’articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo: nessun essere umano può essere sottoposto a tortura, a trattamenti inumani o degradanti. Pertanto, se questo diritto viene infranto, si viola la legge.


Un “atto simbolico” o meglio “politico”, lo definiscono Eugenio Losco e Mauro Straini, i due coraggiosi legali che hanno presentato l’istanza davanti al giudice. Ma che, se dovesse essere accolta, segnerebbe un precedente importantissimo. Una relazione ricca di particolari. Che apre uno squarcio drammatico sulla condizione delle carceri italiane, e in particolare sul penitenziario di piazza Filangieri a Milano.


Walid, Mohamed, Ali e Ben, tutti detenuti nel sesto raggio, descrivono nei dettagli le celle nelle quali sono rinchiusi da tre mesi: ogni detenuto deve farsi bastare uno spazio di due metri quadrati. La cella, che ospita sei persone e che in tutto misura quattro metri per tre, è occupata interamente dalle brandine. Dunque i detenuti non possono stare in piedi, tantomeno camminare. L’unica finestra presente nella stanza è bloccata da uno dei letti a castello: è impossibile aprirla e garantire un ricambio di aria.


Il bagno è una latrina “alla turca”. Dove mancano acqua calda e persino carta igienica. Le docce, che si trovano in un’altra parte del carcere, sono in comune. Ma il loro orario di apertura coincide con quello dell’ora d’aria. Dunque occorre fare una scelta: o lavarsi o camminare. La cella è infestata dagli scarafaggi. E la pulizia è riservata agli stessi detenuti. Ai quali però non vengono dati stracci né detersivi per pulirla. “Un giorno - raccontano i detenuti nella relazione - si è rotto il riscaldamento nella cella 308. Non ha funzionato per otto giorni”. Il cibo, invece, viene servito tre volte al giorno. Ma mancano le posate. E allora bisogna mangiare con le mani.


“Le condizioni detentive alle quali sono costretti i detenuti, principalmente a causa del sovraffollamento - spiega l’avvocato Eugenio Losco - oltre che non umane sono illegali, perché in contrasto con numerose norme nazionali e internazionali prime tra tutte quelle di cui all’articolo 27 della Costituzione e all’articolo 3 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo”.


La Convenzione Europea, infatti, parla chiaro: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità ma devono al contrario rieducare il condannato. Il quale non può essere sottoposto a tortura ma neppure a trattamenti inumani o degradanti. “Noi, purtroppo, sappiamo che quasi certamente questa istanza verrà respinta - spiegano i legali - ma dalla nostra parte abbiamo anche un’altra carta: trasmetteremo gli atti alla Corte Costituzionale perché valuti se l’applicazione di custodia cautelare avviene in violazione di legge”.


“Dopodiché, dopo aver affrontato la giustizia italiana - spiegano ancora gli avvocati - ci sarà il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. E lì, forse, avremo qualche chance in più”. I numeri sul carcere di San Vittore, del resto, parlano chiaro: secondo gli ultimi dati diffusi dalla direttrice Gloria Manzelli, con 1.570 detenuti e poco più di 100 detenute, a fronte di una capacità ricettiva totale di 900 posti, per il penitenziario di piazza Filangieri, “il sovraffollamento è ormai una disumana costante”.


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