martedì 6 marzo 2012

(it-es) Alcune riflessioni sulla classe


Alcune riflessioni sulla classe
Come Anarchico, si rifiuta il concetto marxista, circa la missione storica della classe operaia industriale, sulla totalità degli sfruttati, e per il quale dominerà insieme agli sfruttati, attraverso il partito “rivoluzionario”, alla liberazione dell’umanità.
Senza dare alcun giudizio di valore o opinione rispetto alla definizione che il marxismo realizza sul concetto di classe sociale, risulta necessario realizzare alcune riflessioni su cosa sia la classe, attraverso il prisma Anarchico.
In primo luogo, si respinge la mistificazione marxista della cosiddetta “centralità della classe operaia”, che non significa assolutamente niente, e chiarisce molto meno sul concetto di “classi”, dal momento che la definizione stessa è erede della tradizione hegeliana, dal momento che è deterministica e messianica sull’ipotetico ruolo redentore di una particolare classe sociale, e nulla si pone sulla distruzione delle classi, come fonte di privilegi, gerarchie dominanti, e così via.
Perciò, risulta necessario eliminare questa nozione, che non tiene in considerazione la profonda dinamica di trasformazione, che opera costantemente nel concetto di classe.
Storicamente, le distinte società distinguevano i suoi membri se “possedevano” o “non possedevano” beni, fossero questi mobili o immobili. Col trascorrere del tempo, la possessione faceva riferimento alla proprietà di strumenti e mezzi di produzione, per distinguere gli sfruttatori dagli sfruttati. Ma la nozione di “possessione” o di “carenza di possessione”, è andata mutando lungo il tempo nelle società divise in classi antagoniste.
Tuttavia, la possessione delle “ricchezze”, non costituisce oggi nell’attuale decorso del capitalismo, e la conseguente realtà produttiva, una spiegazione sufficiente per definire la natura delle classi sociali in questo stadio del capitalismo.
È necessario segnalare, che la “carenza” o la “possessione”, da parte della classe operaia, non era assoluta, in quanto possedeva la forza lavoro.
Ma, oggi, nel capitalismo post-industriale, e la nuova realtà tecnologica, che in maniera disuguale abbraccia globalmente il mondo intero, la “non-possessione” acquisisce un nuovo significato sociale, poiché le passate contraddizioni delle classi, le vecchie conflittualità tra di esse, così come anche le distinzioni tra operai e borghesi, hanno perso virtualità.
È così, dato che la nuova realtà scientifico-tecnologica ha generato un nuovo codice o linguaggio, che differenzia gli individui tra quelli che possiedono il dominio dello stesso (inclusi) e quelli che mancano dello stesso (esclusi). Il che implica che non solo si son persi i ponti comuni tra gli individui, prodotto di un codice comune, ma anche che i diseredati e gli esclusi non potranno scalare le alte mura che li separano dagli inclusi e dal loro nuovo linguaggio. E, questa impossibilità, costituisce l’asse per la quale lo Stato/capitale eserciterà il dominio e il controllo sociale sui diseredati e gli esclusi.
Le distinzioni delle classi, lontane dall’essere scomparse, si mantengono più vive che mai. Ma la domanda che sorge davanti a questa nuova realtà sociale è: verso dove deve dirigersi il progetto rivoluzionario? Qual è la metodologia che possa avvicinarci alla distruzione di questo sistema e delle classi sociali?
Si ritiene che risulti indispensabile eliminare il concetto di classe della visione produttivistica, cioè, tra il proprietario dei mezzi di produzione e la forza lavoro, poiché accettare questa logica, significa un’accettazione espressa dalla visione idealista della produzione promossa dal capitale.
È per questo che gli sfruttati devono negarsi come classe produttrice, così come stabilisce il marxismo, poiché parafrasando quello che han detto altri, “il proletariato come classe non frantumerà questo mondo, perché… appartiene a questo mondo”. E, ciò costituisce una grande verità, pertanto è necessario negare se stessi come appartenenti ad un ghetto sociale.
Bisogna rompere con la dinamica economista, non solo per spiegare l’esistenza delle classi, ma anche per la necessaria distruzione delle stesse, poiché appropriarsi di questo concetto ci condurrà necessariamente a rimanere intrappolati all’interno delle reti del sistema stesso, in quanto si realizzerebbe una critica della società divisa in classi utilizzando concetti e logiche proprie di questo ordine sociale classista.
Per questo, risulta necessaria una rottura reale, non solo nella critica radicale, ma anche nella pratica stessa che prende vita, rompere con tutta la logica che sostenta l’edificio che alberga le distinzioni e la sopravvivenza delle classi sociali, la merce, ecc.
È vero che il capitale si trasforma, è evidente che i ruoli degli individui nella società classista sono stati soggetti di profonde mutazioni lungo la storia, è chiaro che i nuovi linguaggi che la nuova realtà produttiva ha imposto abbiano ampliato le brecce e reso impossibile ogni tipo di comunione tra gli individui, è certo che le classi sociali nonostante le trasformazioni continuino ad esistere.
Nonostante tutto ciò, l’Anarchico, è negatore e distruttore di ogni logica gerarchica, autoritaria e mercantile. Per questo, si deve considerare non solo la negazione di ogni tipo di valore che ci imprigiona e schiavizza, ma anche una rottura con la condizione, o classe, che lo stesso spettacolo sociale ci ha imposto, e solo così si potrà considerare seriamente in maniera germinale un progetto negatore e distruttivo, perché l’abbiamo abbandonato, e ha rotto con la sua logica e dinamica.
Se ciò è fattibile. Questo dipende da ogni individualità, l’Anarchico non è un messia né un sacerdote che porta verità rivelate, è semplicemente parte del movimento reale di lotta. Ma questo è un altro discorso.

NIHIL

http://parolearmate.noblogs.org/2012/02/26/alcune-riflessioni-sulla-classe/#more-179



ALGUNAS REFLEXIONES SOBRE LA CLASE
Como Anárquico, se rechaza el concepto marxista, acerca de la misión histórica de la clase obrera industrial, por sobre la totalidad de los explotados, y por el cual acaudillara al conjunto de los explotados, a través del partido “revolucionario”, a la liberación del conjunto de la humanidad.
Sin emitir ningún juicio de valor u opinión respecto a la definición que el marxismo realiza sobre el concepto de clase social, resulta necesario realizar algunas reflexiones sobre qué es la clase, a través del prisma Anárquico.
En primer lugar, se rechaza la mistificación marxista de la denominada “centralidad de la clase obrera”, que no significa absolutamente nada, y mucho menos clarifica acerca del concepto de “clases”, ya que aquella definición, es propiamente heredera de la tradición hegeliana, ya que resulta determinista y mesiánica acerca del hipotético papel redentor de una clase social determinada, y nada se plantea sobre la destrucción de las clases, como fuente de privilegios, jerarquías dominantes, etc.
Por ello, resulta preciso desmontar dicha noción, que no toma en consideración la profunda dinámica transformadora, que constantemente opera en el concepto de clase.
Históricamente, las distintas sociedades distinguían a sus miembros conforme si “poseían” o “ no poseían” bienes, sean estos muebles o inmuebles. Con el transcurso del tiempo, la posesión hacía referencia sobre la propiedad de herramientas y medios de producción, para distinguir a los explotadores con los explotados. Pero la noción de “posesión” o de “carencia de posesión”, ha ido mutando a lo largo del tiempo en las sociedades divididas en clases antagónicas.
Sin embargo, la posesión de las “riquezas”, no constituye hoy en el actual desarrollo del capitalismo, y la consiguiente realidad productiva, como una explicación suficiente para definir la naturaleza de las clases sociales en este estadio del capitalismo.
Es preciso señalar, que la “carencia” o la “posesión”, por parte de la clase obrera, no era absoluta, ya que se poseía la fuerza de trabajo. Empero, hoy, en el capitalismo post-industrial, y la nueva realidad tecnológica, que de manera desigual abarca globalmente al mundo entero, la “no-posesión” adquiere una nueva significación social, ya que las pretéritas contradicciones de clases, las viejas conflictividades entre aquellas, como así también, las distinciones entre obreros y burgueses,, han perdido virtualidad.
Ello es así, toda vez que la nueva realidad científico-tecnológica, ha generado un nuevo código o lenguaje, que diferencia a los individuos / as entre aquellos que poseen el dominio del mismo ( incluidos) y aquellos que carecen del mismo ( excluidos). Lo que conlleva, que no sólo que se hayan extraviado los puentes comunes entre las individualidades, producto de un código común, sino también que los desposeídos y excluidos, no podrán escalar los altos muros que los separan de los incluidos y su nuevo lenguaje. Y, dicha imposibilidad, constituye el eje por el cual el Estado/capital ejercerá el dominio y el control social sobre los desposeídos y excluidos.
Las distinciones de clases, lejos de haber desaparecido, se mantienen más viva que nunca. Pero el interrogante que surge ante esta nueva realidad social ¿hacia donde debe direccionarse el proyecto revolucionario?¿, ¿ Cuál es la metodología que pueda acercarnos a la destrucción de este sistema y de las clases sociales?.
Se considera, que resulta indispensable desmontar del concepto de clase de la visión productivista, o sea, entre el propietario de los medios de producción y la fuerza del trabajo, ya que el aceptar dicha lógica, significa una aceptación expresa de la visión idealista de la producción promovida por el capital.
Es por ello, que los explotados deben negarse como clase productora, tal como lo plantea el marxismo, ya que parafraseando lo que han dicho otros,” el proletariado como clase jamás destrozará este mundo, porque... pertenece a este mundo”. Y, ello constituye una gran verdad, por ende, es necesario, negarse a sí mismo como perteneciente a un ghetto social.
Se debe romper, con la dinámica economicista, no sólo para explicar la existencia de clases, sino también, para la necesaria destrucción de las mismas, ya que apropiarse de dicha concepción nos conduciría necesariamente a quedar atrapado dentro de las redes del propio sistema, ya que se realizaría una crítica la sociedad dividida en clases utilizando, conceptos y lógicas propias de este orden social clasista.
Por ello, resulta necesario, un verdadero rompimiento, no sólo en la crítica radical, sino también en la praxis misma que se lleve acabo, romper con toda la lógica que sustenta el edificio que alberga las distinciones y la pervivencia de clases sociales, la mercancía, etc.
Es cierto que el capital se transforma a sí mismo, resulta evidente que los roles de los individuos / as en la sociedad clasista ha sufrido profunda mutaciones a lo largo de la historia, es claro, que los nuevos lenguajes que la nueva realidad productiva ha impuesto, ha ampliado las brechas y hecho imposible todo tipo de comunión entre las individualidades, es cierto que las clases sociales ha pesar de las transformaciones continúa existiendo.
A pesar de todo ello, el Anárquico, es negador y destructor de toda lógica jerárquica, autoritaria y mercantil. Por ello, se debe plantear, no sólo la negación de todo tipo de valor que nos aprisiona, y esclaviza, sino también una ruptura con la condición, o clase, que el propio espectáculo social nos ha endilgado, y sólo así, se podrá plantear seriamente de manera germinal un proyecto negador y destructivo, porque ya lo hemos abandonado, y se ha roto con su lógica y dinámica.
Si ello es factible. Eso depende de cada individualidad, el Anárquico, no es un mesías, ni un sacerdote que trae consigo verdades reveladas, es simplemente parte del movimiento real de lucha. Pero esto es otro debate.
NIHIL

http://nihil-zaratustra.blogspot.com/2006/08/algunas-reflexiones-sobre-la-clase.html

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