sabato 24 marzo 2012

HUYE HOMBRE HUYE


HUYE HOMBRE HUYE
Diario Di Un Prigioniero F.I.E.S.
Edizioni La Caffettiera –prima edizione italiana settembre 2000
Introduzione di Claudio Lavazza.
Ho conosiuto Xose Tarrio agli inizi del ’97 nel supercarcere di Topas, Salamanca. Mi avevano mandato li per un ‘’careo’’, cioe’ un confrono con una serie di testimoni di quattro rapine avvenute in quella citta’ anni prima.
Di Xose’ mi avevano parlato molti compagni che lo conoscevano personalmente, ed altri che ne avevano solo sentito parlare: tutti concordavano sulla sua fede anarchica e sulla sua volonta’ di lottare contro il sistema penitenziario.
Mi parlarono di lui pochi giorni dopo il mio arrivo in un altro carcere di massima sicurezza, quello in cui attualmente mi trovo: Jaen, mudulo FIES.
Quando arrivai a Topas, verso le 12 di un lunedi’, due compagni che non conoscevo vennero a bussare alla porta metallica della cella in cui mi trovavo, l’ultima del corridoio, l’ultima di quel braccio FIES.
Aprirono lo sportello dove si passa il vitto, e da quel buo iniziammo a comunicare. In una scomoda posizione parlammo del piu’ e del meno: chi ero, da dove venivo, se avevo fame, se vevo dei vestiti pesanti per sopportare il freddo intenso di quella regione.
Uno dei due compagni era Santiago Izquierdo Trancho, un protagonista di questo libro.
Dopo un paio di minuti apparve Xose’, ci guardammo negli occhi: non l’avevo mai visto prima, ma sapevo che era ‘’lui’’ sentivo che era lui.
Gli dissi: ‘’Tu sei anarchico, il tuo sguardo non lascia dubbi’’
Era vero era proprio lui.
Parlammo a lungo di noi, dei nostri ideali, del libro che stava scrivendo, dell’importanza di comunicare al mondo libero gli orrori del sistema penitenziario, creato appositamente per i ribelli che non vogliono adattarsi all’umiliante esistenza nella societa’; ribelli che, spinti da una chiara convinzione ‘’politica’’ o in quanto refrattari, sono decisi a conservare la propria dignita’ contro un sistema che li obbliga alla schiavitu’ a all’umiliazione di un lavoro.
Nel libro il lettore trovera’ una vera esperienza di vita al nostro presente, trovera’ (come vi ho trovato io) il coraggio per continuare con piu’ forza nelle nostre idee, capira’ l’importanza del carcere quale terreno di lotta, conoscera’ la qualita’ degli individui disposti a non sottomettersi.
Oggi il carcere e’ quello che e’, e’ quello di sempre, dove si commettono le piu’ grandi ingiustizie, le piu’ raffinate torture fisiche e psicologiche che la perversa mente umana possa immaginare. Il carcere e’ il castigo per chi non accetta le regole del gioco dei ricchi e dei potenti.
In quella ‘’dittatura democratica’’ la pena di morte fisica e’ stata abolita, ma subito rimpiazzata da quella psicologica.
Con l’isolamento e l’inevitabile angoscia che produce vogliono toglierci la nostra personalita’, vogliono ridurci a degli esseri senza identita’.
In Xose’ ho trovato qualcosa che mi appartiene e che appartiene a tutti coloro che hanno gia’ trovato una risposta ai sesuenti interrogativi: ‘’Si puo’ vivere tranquilli senza lottare per la liberta’?; ‘’Possono coesistere liberta’ ed oppressione?’’
Domande, queste, valide sia per chi e’ libero, sia per chi nella liberta’ e prigioniero di se stesso.
Il carcere fa paura perche’ non lo si conosce a sufficienza, piu’ un nemico e’ sconosciuto, piu’ e’ difficile a combatterlo.
Quando ti chiudono la porta alle spalle, tutto il peso della solitudine ti cade addosso; loro lo sanno bene e per questo ci lasciano soli per mesi in celle fredde e umide.
Come avrei voluto che queste parolo i compagni Baleno e Soledad le avessero ascoltate in tempi, che avessero capito in tempo che quando ti rinchiudono in isolamento non bisogna pensare al presente, perche’ tale situazione non durera’ in eterno; al contrario, da quella solitudine si puo’ trovare la forza di sopravvivere.
Xose’, con la sua esperienza, ci insegna l’aspetto piu’ importante: non perdere mai la speranza.
Noi detenuti, in determinate condizioni, non abbiamo niente da perdere, mentre chi ci tortura puo’ perdere tutto, anche la vita.
Dalle sue parole capiremmo che l’uscita dall’isolamento cui siamo sottoposti potete determinarla voi persone libere, con la vostra solidarieta’, le vostre lettere, il vostro ricordo e il vostro amore.

Jaen, estate 1999

C. Lavazza

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