sabato 31 marzo 2012
Pericolo sicurezza
http://culmine.noblogs.org/2012/03/30/perugia-anarchici-indagati-perquisiti-e-interrogati/
A causa delle indagini, potrebbe molto probabilmente valere anche per noi!
Carefull, due a police investigation, don0t write anymore to us!
http://parolearmate.noblogs.org/
LA TIRANNIA DELLA DEBOLEZZA
Dappertutto oggi ci imbattiamo nella debolezza. Siamo deboli e, qundo no lo siamo, ci mostriamo tali, per paura di sembrare diversi.
La sicurezza di se’, la conoscenza di se’ e degli altri, e delle cose, non e’ di moda, anzi sembra roba vecchia, superata, anche di cattivo gusto. Non ci impegniamo quindi a fare meglio e bene le cose che facciamo – sto parlando delle cose che facciamo – sto parlando delle cose che vogliamo fare, non di quello che ci obbligano a fare – dato per certo che ci sono pur sempre cose che vogliamo fare, anzi cose per cui siamo disposti a qualunque cosa pur di farle. Ma, contrariamente alla logica stessa, le facciamo male, superficialmente, con approssimazione. E di questa debolezza ce ne facciamo, se non proprio un vanto, almeno una specie di schermo dietro cui nasconderci.
Siamo quindi schiavi della debolezza, di questo nuovo mito che si sta diffondendo dappertutto.
Non e’ qui in discussione un discorso sulla ‘’forza’’, la quale e’ sempre una forma di debolezza camuffata, ma un discorso sul modo di respingere l’imbroglio, l’appiatimento dei valori, lo snaturamento degli strumenti per vivere e attaccare i nostri nemici.
Il modello che ci viene proposto e’ quello perdente, il modello della vittoria per rinuncia, per abbandono, per rallentamento. Il potere ha interesse che in tutte le cose ci disponiamo in modo non adeguato alla realta’. Pensiamo poco, reagiamo male, subiamo passivamente i messaggi che ci mandano i grandi mezzi di informazione, non reagiamo.
Ci stanno costruendo dentro una p0ersonalita’ che sta’ a mezza strada tra l’idiota e il collezionista. Da un lato, capiamo poco, dall’altro, sappiamo moltissimo: tutte cose inutili e dispersive, notizie da enciclopedia tascabile. Ci hanno convinti che abbiamo il diritto di essere stupidi, ignoranti e perdenti..
L’efficientismo lo abbiamo rinviato verso la classe avversa, lo abbiamo isolato come modello produttivistico appartenente al potere. E cio’ e’ stato piu’ che giusto, indispensabile. Fin quanto si tarttava di danneggiare il nostro nemico di classe, era giusto essere assenteisti e rinunciatari. Siamo diventati rinunciatari anche con noi stessi, con le cose che desideriamo fare.
Cosi’ siamo andati alla ricerca di farfalle, del pensiero orientale, dei prodotti e del mondo di pensare alternativo, del modello disinteressato e non incisivo. Per non aspettare che i denti ci cadessero di bocca da soli, ce li siamo strappati ad uno ad uno. Adesso siamo felici e sdentati.
I laboratori del potere stanno programmando per noi un modello di vita rinunciataria. Naturalmente, solo per noi. Per la minoranza degli inclusi il modello e’ sempre quello dell’aggressivita’ e della conquista. Noi non siamo piu’ i barbari violenti e sanguinari che si scatenavano nelle improvvise insurrezioni e nelle rivolte incontrollabili. Siamo diventati filosofi del nulla, scettici dell’azione, blase’ e dandy.
Non ci accorgiamo del fatto che ci stanno restringendo la lingua e il cervello.
Non sappiamo quasi piu’ scrivere, cosa importante per comunicare con gli altri, con molti altri. Non sappiamo quasi piu’ parlare. Ci esprimiamo in un gergo striminzito fatto di luoghi comuni televisivi e sportivi, giornalistici e da caserma che sembra aiutare la comunicazione, mentre la trdisce svilendola ed evirandola.
Ma quel che e’ peggio, non sappiamo quasi piu’ fare sforzi. Per nassuna cosa, o quasi. Non sappiamo impegnarci. Poche scadenze, pochi fatti da portare a compimento, qualche lettura obbligata, una riunione, un’azione, ci postrano e ci rincoglioniscono. Al contrario, passiamo ore ad ascoltare (senza capire) una musica priva di contenuti, canzoni in lingue sconosciute, rumori che riproducono la fabbrica o l’auto in corsa o la motocicletta. ANCHE QUANDO CI PERDIAMO NELLA CONTEMPLAZIONE DELLA NATURA (DI QUEL POCO CHE RESTA) NON SIAMO NOI CHE ANDIAMO A FARE UNA PASSEGGIATA, MA E’ LA PASSEGGIATA CHE ENTRA DENTRO DI NOI, ACCETTIAMO LUOGHI COMUNI, SCHEMI ECOLOGICI, MODELLI NATURALISTICI, FABBRICATI SEMPRE NEL LABORATORIO DEL CAPITALE (QUELLO ALTERNATIVO, CHE E’ PEGGIORE DEL PRIMO). Ma non sappiamo nulla del vero rapporto con la natura che richiede impegno e forza, aggressione e lotta e non semplice contemplazione.
Non mi si venga a fare il discorso sul comportamento aggressivo quale e’ quello del capitale e dei suoi zombie, comportamento contro il quale dobbiamo necessariamente costruire il nostro comportamento tollerante. So perfettamente cosa sia l’aggressivita’ del capitale e dei partecipanti alla Parigi-Dakar. Noe e’ di questa agressivita’ che voglio parlare. E, in fondo, nemmeno dell’aggressivita’. Le parole sono ingannatrici. Qui voglio parlare della necessita’ dell’agire, che si contrappone al baloccarsi mentre la nave sta andando in fiamme.
O si e’ convinti delle profonde e decisive trasformazioni che si stanno realizzando in questi anni, trasformazioni nel capitale e nel potere, tali che sconvolgeranno l’attuale assetto della nostra vita per chissa’ quanti decenni; o non si e’ convinti. In questo ultimo caso, e’ giusto che ognuno insegua le farfalle del suo sogno: i miti del buddismo, della medicina omeopatica, della filosofia zen, della letteratura dell’aevasione, dello sport o di qualsiasi altra cosa possa far piacere, compreso il piacevole distacco dalla grammatica e dalla lingua.
Ma se si e’ convinti della prima tesi, cioe’ se si e’ convinti che qui sta andando avanti un progetto che ci vuole ridurre in schiavitu’, principalmente in una schiavitu’ culturale in cui saremo anche privati della possibilita di vederci in catene, allora non si potra’ piu’ tollerare la tolleranza, e nemmeno l’irriducibile tendenza alla rinuncia e all’abbandono.
Non bisogna credere che il discorso che sto facendo sia attinente soltanto a quei compagni, o cosidetti tali, che si sono lasciati dietro le spalle un passato di impegno rivoluzionario, e adesso, come se nulla fosse, vanno pascolando pacificatamente fra i verdi, gli arancioni, i buddisti o altre mandrie. Mi riferisco anche a tutti coloro che sostengono ancora di essere rivoluzionari ma vivono, ogni giorno, la tragedia di un progressivo inquinamento fisico e mentale.
Non si tratta quindi di un banale, e per certi aspetti scontato, appello all’impegno. Di questi appelli, ormai, sono piene le fosse. Stiamo parlando di un progetto da laboratorio, in corso di perfezionamento, un progetto che il capitale sta realizzando per toglierci la possibilita’ stesse della lotta, a poco a poco e in modo indolore, un progetto che sta camminando di pari passo con le profonde ristrutturazioni dell’intera formazione economico-sociale. Il nostro non e’ quindi un appello volontaristico o, se si preferisce, un grido di avvertimento lanciato nel deserto. Il nostro vuole essere, per quanto limitato e approssimativo, un primo, piccolo, contributo analitico per capire meglio le profonde modificazioni della realta’ che ci circonda.
Alfredo M. Bonanno
(pubblicato su ‘’Provocazione’’ n. 11 – febbraio 1988, ri-pubblicato su ‘’La Bestai Inafferabile’’, Edizioni Anarchismo, prima edizione maggio 1999)
Firenze – aggiornamenti sui fatti di Giovedì
Giovedì lo sbirrame fiorentino aveva aggredito ed arrestato tre compagni,
http://anarchicipistoiesi.noblogs.org/post/2012/03/29/firenze-arresti-e-fogli-di-via/
Nicola, Filomena e Sandro accusandoli di sciocchezze varie, tra le quali resistenza e lesioni. Stamani il giudice ha deciso di fare un favore alla digos della città vetrina e, non potendo evidentemente confermare gli arresti, ha comminato tre obblighi di dimora nei comuni di residenza, quindi due a Pontassieve ed uno a Pistoia. E’ evidente come quest’operazione sia volta a togliersi di torno in qualsiasi maniera gli “elementi di disturbo” che si muovono in città e non potendo (ancora) comportarsi con disinvoltura con gli Anarchici come invece gli è da qualche tempo permesso con i migranti in stato di fermo, ammazzati di botte nella camera di sicurezza della questura, si arrangiano come possono. Solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione, fuoco alle galere e morte all’autorità!
http://anarchicipistoiesi.noblogs.org/post/2012/03/31/firenze-aggiornamenti-sui-fatti-di-giovedi/
Athens: Declaration by CCF member Christos Tsakalos during the 6th trial session in the second ‘Halandri case’ (1-2/2012)
According to your court indictment, Conspiracy of Cells of Fire is a terrorist organization. But words were never, nor are or will ever be neutral. Words acquire the meaning given by the person who uses them. We do not speak the language of the judges and prosecutors. We speak the language of the hunted who have refused the victim’s role, the wanted who have not handed themselves in to the authorities, the prisoners who have not caged their will for freedom, the anarchists who have never kneeled in front of Power. Solidarity, Dignity, Urban Guerrilla Warfare, Anarchy, these are our words, that we unleash as an insult against your system.
Yes, that’s right, we are anarchist urban guerrillas and proud to participate in the rebellion of our desires, under the name Conspiracy of Cells of Fire.
For you, who stand behind your judicial benches, we are terrorists because your soul is a scared shade which only feels safe behind cops and in the books of your dead laws.
We are terrorists against your interests and your Power. Life, physical integrity, safety and property of the judicial clique, the political authority, the oligarchy of the wealthy and the bosses are being targeted by both us and our unarrested comrades.
However, a different terrorism is hovering above the lives of most people. Terrorism is the endless queues in a tax office, in public organizations, in banks. Terrorism is the bosses’ orders to their staff. Terrorism is the heavy hand of the police landing on minor delinquents and poor devils. The worst terrorism, though, is the TERRIFYING ascertainment that no person raises its head. Terrorism is the silence and passivity. Terrorism is the fact that no person undertakes its own life.
We have also seen your terrorism; the terrorism of justice. We have seen tens of prison inmates returning from your courts, having an empty gaze and their lives burdened with several decades in prison. We have seen friends and relatives collapsing from your ‘just’ decisions.
We have seen your expressionless faces and your well-fed bellies fitting into your expensive and armored cars. We have heard and know your hefty salaries and your secret, under-the-table agreements that are of service to your valued buddies, the big publishers, the industrialists and your political supervisors. How many centuries in prison have you truly dished out throughout your career in order to serve a system which itself generates, through exploitation and oppression, those who you consider criminals?
Hence, outside of the books of your laws, if someone wants to seek the meaning of terrorism in real life, where the scared today dreads the threatening tomorrow that’s yet to come, you yourselves and the Power are the terrorists.
As for our terrorism, it is the human will for freedom and anarchy. Apparently, you dread this will, so you vote new terror laws, you establish exceptional courts-martial, you take special security measures, you do not allow us to talk to our relatives and companions during trial recesses, and even when you take us to the detention rooms, ten metres from your court room which is built inside the prison, you handcuff us. This means that you are really scared. This is an honour and pleasure for us, because it shows that a group of people, a circle of anarchist of praxis can terrify an entire State. This shows that, away from the silence and passivity of the mass, the will of only a few people is sufficient for your system to be crushed.
You should know that there are several insubordinate individualities living self-exiled from your society, who prepare and arm themselves, while they collectivize their own desires to overthrow the history of servants and their masters. That’s when you will really sense the concept of anarchist tromocracy; an anarchist tromocracy which is expressed with fire on banks, ministries, police stations; exploded with bombs outside luxurious villas of wealthy people, courthouses, multinational companies and industries of nature and animal exploitation; written with bullets fired on the dictators of our life and freedom; spoken inside court rooms by the mouths of prisoners of war, such as we who are not scared of your convictions and your prisons. This is the anarchist tromocracy. Thus, revise your indictment and add in your documents that CCF is an anarchist terrorist organization.
And all of us, who participate in this organization, are proud to be its members, and our rage is an axe over your heads that’s spinning… spinning… spinning…
source
http://athens.indymedia.org/front.php3?lang=el&article_id=1373661
http://en.contrainfo.espiv.net/2012/02/03/athens-declaration-by-ccf-member-christos-tsakalos-during-the-6th-trial-session-in-the-second-halandri-case-1-22012/
(read also Summary of Days 5 & 6 of 2nd Halandri Case Trial)
Day 5: Tuesday, January 24
At the start of the session, Ifigenia Karandrea, the lawyer assigned to represent Damiano Bolano, asked to speak. She said the three days (two of which, Saturday and Sunday, weren’t even workdays) that had gone by since the last session were not enough time to either study the voluminous case briefs or properly communicate with her client. She mentioned that in order to see Bolano she was forced to interrupt a family visit, and that if the judges didn’t give the defense more time she doubted whether she would continue to attend the trial, since “what should prevail is the rendering of a fair trial.”
Diamantis Kariotis, the other court-appointed attorney assigned to to Bolano, then also asked for the trial to be postponed for a few more days. The request by Bolano’s lawyers was echoed by Fragiskos Ragousis, the attorney for the three other comrades on trial.
The presiding judge, clearly perturbed, asked the lawyers in a rude, unpleasant tone if they would be amenable to postponing the trial until the following Monday. They responded affirmatively, and the prosecutor agreed as well. After a short recess, it was announced that the trial would continue on Wednesday, February 1.
Day 6: Wednesday, February 1
Defense attorney Ragousis, who represents Christos Tsakalos and the brothers Giorgos and Michalis Nikolopoulos, submitted three objections and two demands to the court. Specifically, he presented objections regarding the lack of competence and “inappropriate composition” of the court’s panel of judges, as well as demands for the audio recording of the proceedings and for an end to the police-imposed security measures that require the confiscation and photocopying of ID cards belonging to family members and people showing solidarity who attend the trial. The objections and demands were also supported by the rest of the defense attorneys—H. Sipsas (the other lawyer for Tsakalos and the Nikolopoulos brothers) as well as Karandrea and Kariotis (the court-appointed attorneys assigned to represent Bolano). This presentation by the defense took almost three hours.
Michalis Nikolopoulos then spoke. Addressing the judges, he said: “Neither you nor any other institutional organ of power deserve to judge us. Simply put, you don’t deserve to politically judge either the choices made by the Fire Cells Conspiracy revolutionary organization or those of any other free, rebellious person. You can’t judge us, no matter how many trials you’re going to hold, no matter how much propaganda you’re going to spread via the mass media.” He continued by saying that the three attacks in question for which the Fire Cells Conspiracy claimed responsibility “have yet again pushed the political system up against the wall.”
Three acts of anarchic terrorism whose objective was to bring terror to the homes of politicians and the doorsteps of their ministries. Three attacks that were declarations of anarchist revolution and once again affirmed the positions of our organization. It’s clear that we are in favor of, support, and identify with the attacks carried out by our organization, like these three. The truth is that the only evidence you have against us is our own statement in which we revealed our membership in the organization. Nothing else. Let’s make one thing clear: we didn’t release that statement because we were being crushed by a mountain of evidence, as that was never the case. Nor did we release it out of a belief or a desire to engage in the logic of confessing something about our revolutionary activities to the state, or the belief that the Fire Cells Conspiracy revolutionary organization had come to an end then and there. We released it because, as dignified revolutionaries, we have a responsibility to defend our struggle and our proposals from inside the walls as well. It’s a matter of historical necessity that has nothing to do with “winners” and “losers,” but rather the “dignified” and the “servile.” If we hadn’t revealed our membership in our organization, then what would you be doing? Absolutely nothing. We never get involved in all that “guilty or innocent” of bourgeois legality. We are illegals, armed enemies of the regime. We simply position ourselves with regard to those things because we like to shed light on the real tactics used by the state against its political enemies.
Nikolopoulos concluded by commenting on the police assertions that “the Halandri apartment was a Fire Cells Conspiracy safe house,” saying: “The same pieces of evidence showed that the home in question never functioned as an organizational safe house. The Fire Cells Conspiracy certainly had many safe houses. However, the bloodhounds of the Antiterrorist Unit never managed to discover them.” Regarding this point, and to back up what he was saying, he read excerpts from Haris Hatzimichelakis’ statement.
Tsakalos then spoke. This is his complete statement:
According to the charges, the Fire Cells Conspiracy is a terrorist organization. But words never were, are, or will be neutral. They acquire the meanings given by those who use them. We don’t speak the language of judges and prosecutors. We speak the language of the hunted who have rejected the role of victim, the wanted who haven’t turned themselves in to the authorities, the imprisoned who haven’t caged their will for freedom, the anarchists who have never knelt before power. Solidarity, Dignity, Urban Guerrilla War, Anarchy: those are our words, which we hurl insultingly at their system.
Yes, we are therefore anarchist urban guerrillas and we are proud to belong to the rebellion of our desires called the Fire Cells Conspiracy. To those of you seated behind the judge’s bench, we are terrorists, because your spirit is a frightened shadow that only feels safe behind the pigs, that only feels safe in the books of your dead laws.
We are terrorists in opposition to your interests and your power. The life and personal integrity of each one of you; the security and property of your judicial gang, political power, the oligarchy, the rich, and the bosses: all those things are in our crosshairs as well as the crosshairs of our comrades who haven’t been arrested.
Nevertheless, another terrorism is hanging over most people’s lives. Terrorism is the endless lines in the tax office, throughout the public sector, in the banks. Terrorism is the orders given by bosses to their employees. Terrorism is the heavy hand of the police falling on petty criminals and poor devils. However, the worst terrorism is the TERRIFYING verification that no one is raising their head. Terrorism is silence and passivity. Terrorism is the fact that no one is taking their life into their own hands. We have also seen your terrorism. The terrorism of justice. We have seen countless prisoners return from your courthouses with blank stares and lives weighed down by dozens of years in prison. We have seen friends and family collapse after hearing your “fair” sentences.
We have seen your completely expressionless faces and well-fed bellies getting into your luxurious armored cars. We have heard and know about your considerable salaries and your secret, under-the-table deals that favor your distinguished friends—big-shot editors, industrialists, and your politician superiors. Really now, how many centuries of prison have you dealt out over the course of your careers serving the very system that, through exploitation and oppression, gives birth to those whom you consider criminals?
Therefore, beyond your law books, if one wants to find out the meaning of terrorism in real life—out there where the fearful today dreads the arrival of a threatening tomorrow—then the terrorists are you and power.
As far as your own meaning of “terrorism,” it has to do with the human will for freedom and anarchy. You seem to fear that will, so you pass new antiterrorist laws, convene extraordinary courts martial, take special security measures, prevent us from talking to our families and comrades during trial recesses, and handcuff us while you bring us to holding cells 10 meters from the courtroom. This means you are actually afraid, and that is an honor and a joy for us, because it shows that a group of people—a company of action-minded anarchists—is capable of terrorizing an entire state. It shows that, far from the silence and passivity of the masses, the will of just a few people is enough to strike a blow at your system.
You should know that there are plenty of unyielding individualities out there who live in self-exile from your society. They are getting prepared, arming themselves, and collectivizing their desires in order to subvert the history of slaves and masters. Then you will really feel the concept of anarchic terrorism—an anarchic terrorism expressed through fire against banks, ministries, and police stations; an anarchic terrorism exploding out of bombs in front of the luxury villas of the rich, courthouses, and the multinational corporations and industrial conglomerates that exploit animals and nature; an anarchic terrorism written with bullets fired at the dictators of our lives and freedom; an anarchic terrorism spoken in courtrooms through the mouths of prisoners of war just like us, who don’t fear your sentences and prisons. This is anarchic terrorism. You should therefore correct your charges. You must add to your judicial reports that the Fire Cells Conspiracy is an ANARCHIST terrorist organization.
And all of us who participated in it are proud of being members, and our rage is like an ax hanging over your heads, always swinging, swinging, swinging.
Prosecutor I. Liakopoulos then insisted on postponing the trial until February 7 in order to prepare his proposal regarding the objections and demands presented by the defense. Presiding judge H. Vriniotis was very inflexible and, after a short recess, announced that the trial would continue on Friday, February 3. In addition, he decided (and this time the prosecutor was also in agreement) that the defense attorneys had to mandatorily submit all their objections and demands at the same time, after which the prosecutor would present his opinion about them. Only then would the court make its decisions on the matter. All that “in order to not waste more time.” It should be pointed out that objections are normally presented by the defense at the same time that disagreements arise regarding the proceedings. Therefore, the court is thus attempting to obstruct the defense—“preventively,” shall we say.
Meanwhile, on January 31, judicial functionaries responsible for the different cases involving the Fire Cells Conspiracy issued three orders, each consisting of many pages. The first order contains the decision regarding the comrades arrested during the December 4, 2010 antiterrorist operation. Apart from Dimitris Michail and Christos Politis, who were in fact acquitted of all felony charges (although they will have to appear in court for misdemeanor charges relating to, respectively, a bottle of pepper spray and a small quantity of marijuana found in their homes), the other four—Stella Antoniou, Giorgos Karagiannidis, Alexandros Mitrousias, and Costas Sakkas—are being charged with “membership in the Fire Cells Conspiracy,” “explosives possession,” etc. Antoniou and Sakkas are thus now officially charged (up to this point it was a matter of “membership in an unnamed terrorist organization”), while Karagiannidis and Mitrousias—who have already been sentenced—will be tried again for the same crime, i.e., “membership in the Fire Cells Conspiracy.” Additionally, the six comrades arrested after December 4, 2010 who have revealed their membership in the group (Michalis Nikolopoulos, arrested at the end of January 2011; and Bolano, Tsakalos, Olga Economidou, Giorgos Nikolopoulos, and Giorgos Polydoras, arrested in March 2011) will also be tried in the same case.
The second order contains the decision to summon all nine comrades who have revealed their membership in the Fire Cells Conspiracy (including Hatzimichelakis, despite the fact that he was already behind bars at the time), plus Karagiannidis and Mitrousias, to the trial for the mailing of incendiary packages (which action was carried out on November 1, 2010 and claimed by the Fire Cells Conspiracy). We must add that, already some time ago, several of those being charged for the packages—Karagiannidis and Mitrousias among them—submitted petitions requesting face-to-face meetings in the presence of the prosecutors with the prosecution witnesses and shipping company employees who supposedly recognized them. All those petitions were denied. Also rejected was the petition to release Antoniou based on the serious health problems she is facing.
The third order has to do with the “Volos Case,” i.e., the March 2011 arrest of five comrades. The nasty surprise is that nine people will be summoned to trial for this case. We still don’t have details about the four other people in question.
https://thisisourjob.noblogs.org/post/2012/02/05/summary-of-days-5-6-of-2nd-halandri-case-trial/
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Auto della polizia fatta saltare in Khimki russia (2012/03/27)
Attacco contro un'auto della polizia, l'esplosione e' avvenuta in Via Majakovskij .
Uno sbirro parcheggia e se ne va a casa. Dopo poco sente una esplosione e scende.
Sotto la Ford Focus e' stata collocata una bomba a bassa potenza, nascosta in una bottiglia di plastica (secondo alcuni rapporti, c'erano due bottiglie). Gli esperti arrivati immediatamente riconoscono come un dispositivo esplosivo primitivo, che ha permesso loro di trarre una conclusione circa le motivazioni di teppismo commesso. Come descritto in seguito, il capo del servizio stampa del Dipartimento principale del Ministero degli Interni di Mosca regione Gildeev Eugene ", secondo i dati preliminari,l'esplosione causata da una bottiglia di plastica contenente polvere da sparo, che non era pieno di elementi interessanti. Molto probabilmente, gli autori non avevano alcuno scopo di ferire. Forse questo è stato un atto di intimidazione ".
"Sulla base dei danni che ha causato un'esplosione di bassa potenza del veicolo, si può supporre che sia il bullismo," - ha detto Eugene Gildeev.
Ha anche detto che l'incidente sarà indagato il più presto possibile, e la decisione di perseguire sarà effettuato dopo aver raccolto le informazioni necessarie.
Allo stato attuale, un luogo dove c'era una situazione di emergenza, transennata. Vengono intervistati i testimoni dell'incidente. Nel posto di lavoro, agenti di polizia e investigatori.
Secondo una pubblicazione Internet, la bomba sotto l'auto del tenente colonnello Victor Artyushkina, che dirige l', Khimki pubblico della polizia di sicurezza. Si dice che Artyushkina ha parcheggiato la sua macchina straniera di fronte al Tribunale della città Khimki.
--estratto e tradotto da
http://blackblocg.info/protestnye-dejstviya/214-politsejskij-avtomobil-podorvan-v-khimkakh-27032012
Firenze - Sbirri assassini
NON CHIAMIAMO LA POLIZIA
Lonzi, Bianzino, Cucchi. Rasman, Eliantonio, Casu. Frapporti, Aldrovandi, Ferrulli. Sorin Kalin, Youssef Sauri, R'Himi Bassem. Sono tutti nomi di assassinati dalle forze dell'ordine.
Non si tratta di anarchici, antagonisti, manifestanti, di “martiri dell'idea” che hanno trovato la morte mentre lottavano per una società più giusta. Si tratta di ambulanti morti legati al letto di una clinica psichiatrica, di uomini misteriosamente “suicidati” dopo essere stati fermati con un po' di fumo, di detenuti pestati a morte in carcere dai secondini, di stranieri arrestati perché ubriachi e molesti, di disoccupati perseguitati da controlli di polizia, di operai che coltivavano la marijuana nel proprio appartamento. Di giovani e meno giovani che hanno trovato la morte perché qualcuno ha chiamato la polizia. Storie incredibili di “malori attivi”, di suicidi inspiegabili, di detenuti che si impiccano a un metro da terra, di fermati che sbattono la testa contro il muro. Di corpi visibilmente martoriati e di medici compiacenti che escludono “ogni segno di violenza”.
In meno di un mese – tra il 27 gennaio e il 25 febbraio - due uomini sono stati ammazzati nella Questura di Firenze: Youssef Sauri e R'Himi Bassem. Per il primo si è inventata la versione di un incredibile suicidio per impiccagione in una cella senza suppellettili, per il secondo un ancora più incredibile malore. Tutte cazzate, avallate dalle autopsie dei soliti medici amici delle guardie, che certo non si sono bevute i loro amici e i vari solidali, manifestando più volte al grido di “Basta morti in Questura”.
Come i somali aggrediti dagli sbirri in via Gori, come i senegalesi uccisi dal fascista Casseri in piazza Dalmazia, Youssef e R'Himi erano stranieri, ma non è certo questo l'essenziale. Frapporti, Cucchi, Bianzino erano forse stranieri?
E Davide, morto quest'anno a Sollicciano in circostanze poco chiare, era forse straniero? L'essenziale è altro. E' che la polizia, quando non si limita a sorvegliarci, vessarci, controllarci, rinchiuderci, uccide tutti giorni. L'essenziale è una società ormai completamente assuefatta alla presenza delle divise, incapace di affrontare i propri problemi e conflitti senza chiamare la polizia. E' un mondo intero -fatto di bottegai meschini e giornalisti asserviti, di squallidi interessi e di allucinazioni mediatiche – che vede in ogni poliziotto un amico e in ogni diverso una minaccia. E' un' umanità alla deriva che anziché combattere i propri padroni e oppressori invoca i loro cani da guardia contro “i criminali” ovvero...contro i più poveri.
Sfruttato, lavoratore, disoccupato, ladro o chiunque tu sia, pensaci bene: ti stanno fregando. Più passano i giorni e meno soldi hai in tasca. Sei sicuro che non infrangerai mai la legge per sopravvivere? Sei sicuro che a te non capiterà mai quello che già capita ogni giorno a tanti? Quelli che chiamano criminali non sono una strana razza piovuta dallo spazio. Sono uomini e donne come me e te, che fanno i conti con la sopravvivenza. Il prossimo morto in questura potresti essere tu.
Non pensare che capiterà sempre e solo agli altri. Organizziamoci subito e scrolliamoci di dosso le carogne in divisa.
Facciamo emergere storie, idee, rabbie. Facciamo capire agli sbirri che c'è qualcuno che non li vuole. Non chiediamo giustizia ai tribunali e alle istituzioni, le stesse che sguinzagliano questi assassini nelle nostre strade, ma agiamo direttamente per fermarli.
VIA DALLE NOSTRE VITE!
Si chiamava Youssef Ahmed Sauri, era marocchino, abitava nei dintorni di piazza Dalmazia. E' stato assassinato dai poliziotti della Questura di Firenze la sera del 27 gennaio. E' stato visto l'ultima volta da un passante di fronte all'ospedale di Santa
Maria Nuova, mentre veniva caricato a forza su una volante da due poliziotti e dalle due guardie private del pronto soccorso. Erano le 20.20 e Youssef gridava “aiuto!”. Tre ore dopo era morto.
I sanitari chiamati in Questura ne constatavano la morte attorno alle 23.30. Il referto ufficiale parla di strangolamento, secondo gli sbirri Youssef si sarebbe impiccato con una coperta di lana grezza, in una stanza priva di suppellettili, a una porta priva di appigli.Una storia che fa acqua da tutte le parti. Un omicidio di Stato che puzza di esecuzione a freddo.
A seguito della denuncia del passante, che ha fatto un esposto alla procura della repubblica, la magistratura ha aperto un fascicolo sullo strano “suicidio” di Youssef Sauri, morto nell'arco di tre ore tra le mani dei suoi aguzzini. Non c'è nulla da sperare nella “giustizia” dei giudici, sempre pronti a coprire gli orrori degli assassini in divisa. Specie quando la loro vittima è uno straniero povero.
Gli omicidi di Stato si susseguono e gli sbirri ne escono sempre in piedi, al massimo vengono condannati a pene lievi, non scontano mai un giorno di carcere, non sono mai sospesi dal servizio, tutt'al più vengono trasferiti.
Chi ha mai pagato per i vari Lonzi, Cucchi, Aldrovandi, Rasman, Eliantonio, Casu, Frapporti, Mastrogiovanni, Bianzino, Sorin Calin...?
Mettiamo fine a questo bollettino di guerra, non aspettiamo il prossimo morto.Dobbiamo cercare un'altra giustizia, perché orrori del genere non accadano più.
Opponiamoci alla presenza della polizia nei quartieri, sabotiamo le loro retate infami, combattiamo una Sicurezza che protegge solo i ricchi e i loro denari.
Riscopriamo il coraggio e la solidarietà nel conflitto, per un mondo senza carceri e senza carcerieri.
R'Himi Bassem. Un altro morto inspiegabile nella Questura di via San Gallo.
Trent'anni, tunisino, è stato fermato la sera del 24 febbraio e rinchiuso nella maledetta camera di sicurezza dove neanche un mese prima era stato trovato morto Youssef Ahmed Sauri, preteso “suicida”. Il 25 febbraio anche R'Himi Bassem era cadavere, secondo gli sbirri per un inspiegabile malore. Eh già, un malore. Perché non si poteva parlare un'altra volta di “suicidio” a neanche un mese di distanza dalla morte di Youssef Ahmed. Meglio, per gli uomini della Questura, nascondersi dietro pretese “cause naturali”, per quanto vaghe ed incredibili. Sapendo anche di poter contare sull'aiuto dei soliti medici compiacenti, che in ben due autopsie hanno negato quegli evidenti segni di percosse che chiunque può scorgere nelle foto del volto segnato di R'Himi Bassem. Quelle percosse che, secondo il fratello di R'Himi, gli avrebbero procurato addirittura un buco e la frattura dell'osso del collo.
Se le leggi dicono di proteggere tutti indistintamente, le dinamiche reali dello Stato proteggono i suoi assassini in divisa. E' una fitta rete di complicità che sta dietro agli omicidi di Stato: dai medici che insabbiano ai magistrati che archiviano, fino ai giornalisti che, con tutti i “se” e i “ma” del caso, sposano sempre la versione del più forte, in attesa di fomentare ancora quell'ossessivo bisogno di Sicurezza che garantisce solo i potenti e i loro denari.
Non c'è nulla da sperare nella “giustizia” dei giudici, sempre pronti a coprire gli orrori degli assassini in divisa. Specie quando la loro vittima è uno straniero povero. Gli omicidi di Stato si susseguono e gli sbirri ne escono sempre in piedi, al massimo vengono condannati a pene lievi, non scontano mai un giorno di carcere, non sono mai sospesi dal servizio, tutt'al più vengono trasferiti.
Chi ha mai pagato per i vari Lonzi, Cucchi, Aldrovandi, Rasman, Eliantonio, Casu, Frapporti, Mastrogiovanni, Bianzino, Sorin Calin...?
Mettiamo fine a questo bollettino di guerra, non aspettiamo il prossimo morto. Dobbiamo cercare un'altra giustizia, perché orrori del genere non accadano più.
Opponiamoci alla presenza della polizia nei quartieri, sabotiamo le loro retate infami, riscopriamo il coraggio e la solidarietà nel conflitto, per un mondo senza carceri e senza carcerieri.
Non chiamiamo più la polizia: organizziamoci per cacciarla.
http://www.informa-azione.info/firenze_sbirri_assassini
Io e la Mia Proprietà: Interazione Egoista, parte I
VERSIONE PDF
http://parolearmate.noblogs.org/files/2012/03/interazione.pdf
Tratto da My Own #2 (N. 2 Marzo 2012)
Io e la Mia Proprietà: Interazione Egoista, parte I
(Questa è la seconda parte della serie iniziata con “Cos’è un individuo?” in My Own #1)
http://parolearmate.noblogs.org/2012/02/16/cose-un-individuo/
«Tu, l’Unico, sei “l’Unico” solo insieme alla “tua proprietà”.» Max Stirner
La dichiarazione di Stirner precisa che la mia vita e me stesso sono composti da interazioni. Da ciò, capisco che se voglio creare deliberatamente la mia vita come propriamente mia ho anche bisogno di creare deliberatamente queste interazioni. Ho bisogno quindi di entrare in ogni interazione con un intento chiaro. Gran parte della gente potrebbe ritenere che io abbia sempre avere un obiettivo o un proposito per l’interazione, ma io considero l’intenzionalità come qualcosa di più ampio. Essa può anche consistere nel dare il mio immediato senso o comprensione all’interazione. Nell’attuale contesto sociale, mi ritrovo spesso costretto a prendere parte ad interazioni che non ho scelto, ed è qui che una tale differenza acquistano significato. Come rendo mie queste interazioni?
Quando un’interazione è totalmente o in parte una relazione sociale, la rendo mia sovvertendola o distruggendola. Se l’interazione è interamente una relazione sociale (come quando acquisto un articolo al supermercato), per me è più saggio sovvertirla al di fuori di un’insurrezione su larga scala. Ma questo cosa significa? Come posso prendere parte a questa interazione in modo da metterla in questione al suo livello più basilare?
C’è una falsa percezione delle relazioni sociali che intralcia la loro sovversione. Le relazioni sono attività, processi, interazioni, non esseri o cose che agiscono o che hanno volontà. Quando agisco o mi relaziono, ho volontà una volta che ho reso propriamente mia l’attività o la relazione. Visto che la classe, la razza, il genere, ecc, sono relazioni sociali, esse non possono avere né volontà né consapevolezza. Quando ritengo che esse ce l’abbiano, la mia percezione del mondo diventa perseguitata dai fantasmi; io vengo posseduto dalla mia falsa percezione di queste relazioni. Di nuovo io, come un individuo che interagisce con altri in quanto individui, creo queste relazioni con la mia partecipazione. Se considero queste relazioni come gruppi ai quali appartenere, le trasformo in identità che creano me (o più precisamente tramite le quali io creo me stess onon deliberatamente forse con l’aiuto più ostinato di quelli che impongono l’identità cristallizzata). Questa false percezione è un veleno che uccide ogni possibilità per un’autocreazione deliberata. Ma quando mi rendo conto che tutte le relazioni sociali sono attività che tu ed io realizziamo come abitudini prodotte e riprodotte dal contesto sociale (come le quotidiane e sconsiderate attività di individui che cercano di mantenersi in un mondo basato sulla loro schiavitù) piuttosto che create volontariamente, io apro la porta ad una deliberata sovversione di queste relazioni.
Dall’altro lato, queste interazioni che hanno un significativo aspetto non sociale, personale e individuale – come l’amore e l’amicizia – mi offrono la possibilità di esaminare gli aspetti al loro interno che sono stati definiti e circoscritti socialmente, cosi io posso sradicarle e distruggerle, rendendo davvero miei gli amori e le amicizie, cercando modi con i quali io interagisco con la creazione di queste interazioni come ognuno di noi ritiene opportuno.
In tutte le mie interazioni, io mi muovo negli ambienti, attraverso spazi specifici. Anche qui, devo muovermi con caparbia, con l’intenzione, consapevole di cosa incontro e di cosa voglio fare con essa. La mia prima intenzione nel passare attraverso ogni ambiente è di cercare cosa posso usare nella creazione in corso di me stesso e della mia vita. Visto che ciò è un processo di realizzazione continua, senza un prodotto finale, senza una cristalizzazione finale, il mio muovermi in ogni ambiente sarà un muovermi vagabondo, un muovermi senza meta finale, un’esplorazione ludica e in divenire e un esperimento. Tutti i tentativi di cristallizzare me stesso e le mie interazioni in un qualche definito prodotto finale sono nemici della mia autocreazione deliberata, anche quando sono io quello che li ha iniziati.
proseguirà nel numero #3
* Generalmente evito l’uso della parola “consapevolezza” a causa del grande bagaglio filosofico che comporta, ma visto che molti teorici radicali parlano di “consapevolezza di classe” e cosi via, ho ritenuto che qui fosse necessario
http://parolearmate.noblogs.org/2012/03/29/io-e-la-mia-proprieta-interazione-egoista-parte-i/#more-293
Iniziative Contro i CIE @ Villa Vegan Squat Milano it
Domenica 1 aprile 2012
aperi-cena presso Villa Vegan Occupata di Milano, via Litta Modignani 66
Per contattarci: traventoetempesta@riseup.net
http://villavegansquat.noblogs.org/
en fr - Durruti is Dead, Yet Living - Durruti n’est pas mort ! Par Emma Goldman (1936)
Durruti, whom I saw but a month ago, lost his life in the street-battles of Madrid.
My previous knowledge of this stormy petrel of the Anarchist and revolutionary movement in Spain was merely from reading about him. On my arrival in Barcelona I learned many fascinating stories of Durruti and his column. They made me eager to go to the Aragon front, where he was the leading spirit of the brave and valiant militias, fighting against fascism.
I arrived at Durruti’s headquarters towards evening, completely exhausted from the long drive over a rough road. A few moments with Durruti was like a strong tonic, refreshing and invigorating. Powerful of body as if hewn from the rocks of Montserrat, Durruti easily represented the most dominating figure among the Anarchists I had met since my arrival in Spain. His terrific energy electrified me as it seemed to effect everyone who came within its radius.
I found Durruti in a veritable beehive of activity. Men came and went, the telephone was constantly calling for Durruti. In addition was the deafening hammering of workers who were constructing a wooden shed for Durruti’s staff. Through all the din and constant call on his time Durruti remained serene and patient. He received me as if he had known me all his life. The graciousness and warmth from a man engaged in a life and death struggle against fascism was something I had hardly expected.
I had heard much about Durruti’s mastery over the column that went by his name. I was curious to learn by what means other than military drive he had succeeded in welding together 10,000 volunteers without previous military training and experience of any sort. Durruti seemed surprised that I, an old Anarchist should even ask such a question.
"I have been an Anarchist all my life," he replied, "I hope I have remained one. I should consider it very sad indeed, had I to turn into a general and rule the men with a military rod. They have come to me voluntarily, they are ready to stake their lives in our antifascist fight. I believe, as I always have, in freedom. The freedom which rests on the sense of responsibility. I consider discipline indispensable, but it must be inner discipline, motivated by a common purpose and a strong feeling of comradeship." He had gained the confidence of the men and their affection because he had never played the part of a superior. He was one of them. He ate and slept as simply as they did. Often even denying himself his own portion for one weak or sick, and needing more than he. And he shared their danger in every battle. That was no doubt the secret of Durruti’s success with his column. The men adored him. They not only carried out all his instructions, they were ready to follow him in the most perilous venture to repulse the fascist position.
I had arrived on the eve of an attack Durruti had prepared for the following morning. At daybreak Durruti, like the rest of the militia with his rifle over his shoulder, led the way. Together with them he drove the enemy back four kilometers, and he also succeeded in capturing a considerable amount of arms the enemies had left behind in their flight.
The moral example of simple equality was by no means the only explanation of Durruti’s influence. There was another, his capacity to make the militiamen realize the deeper meaning of the antifascist war—the meaning that had dominated his own life and that he had learned to articulate to the poorest and most undeveloped of the poor.
Durruti told me of his approach to the difficult problems of the men who come for leave of absence at moments when they were most needed at the front. The men evidently knew their leader—they knew his decisiveness—his iron will. But also they knew the sympathy and gentleness hidden behind his austere exterior. How could he resist when the men told him of illness at home—parents, wife or child?
Durruti hounded before the glorious days of July 1936, like a wild beast from country to country. Imprisoned time on end as a criminal. Even condemned to death. He, the hated Anarchist, hated by the sinister trinity, the bourgeoisie, the state and the church. This homeless vagabond incapable of feeling as the whole capitalistic puck proclaimed. How little they knew Durruti. How little they understood his loving heart. He had never remained indifferent to the needs of his fellows. Now however, he was engaged in a desperate struggle with fascism in the defense of the Revolution, and every man was needed at his place. Verily a difficult situation to meet. But Durruti’s ingeniousness conquered all difficulties. He listened patiently to the story of woe and then held forth on the cause of illness among the poor. Overwork, malnutrition, lack of air, lack of joy in life.
"Don’t you see comrade, the war you and I are waging is to safeguard our Revolution and the Revolution is to do away with the misery and suffering of the poor. We must conquer our fascist enemy. We must win the war. You are an essential part of it. Don’t you see, comrade?" Durruti’s comrades did see, they usually remained.
Sometimes one would prove abdurate, and insist on leaving the front. "All right," Durruti tells him, "but you will go on foot, and by the time you reach your village, everybody will know that your courage had failed you, that you have run away, that you have shirked your self-imposed task." That worked like magic. The man pleads to remain. No military brow-beating, no coercion, no disciplinary punishment to hold the Durruti column at the front. Only the vulcanic energy of the man carries everyone along and makes them feel as one with him.
A great man this Anarchist Durruti, a born leader and teacher of men, thoughtful and tender comrade all in one. And now Durruti is dead. His great heart beats no more. His powerful body felled down like a giant tree. And yet, and yet—Durruti is not dead. The hundreds of thousands that turned out Sunday, November 22nd, 1936, to pay Durruti their last tribute have testified to that.
No, Durruti is not dead. The fires of his flaming spirit lighted in all who knew and loved him, can never be extinguished. Already the masses have lifted high the torch that fell from Durruti’s hand. Triumphantly they are carrying it before them on the path Durruti had blazoned for many years. The path that leads to the highest summit of Durruti’s ideal. This ideal was Anarchism—the grand passion of Durruti’s life. He had served it utterly. He remained faithful to it until his last breath.
If proof were needed of Durruti’s tenderness his concern in my safety gave it to me. There was no place to house me for the night at the General-Staff quarters. And the nearest village was Pina. But it had been repeatedly bombarded by the fascists. Durruti was loathe to send me there. I insisted it was alright. One dies but once. I could see the pride in his face that his old comrade had no fear. He let me go under strong guard.
I was grateful to him because it gave me a rare chance to meet many of the comrades in arms of Durruti and also to speak with the people of the village. The spirit of these much-tried victims of fascism was most impressive.
The enemy was only a short distance from Pina on the other side of a creek. But there was no fear or weakness among the people. Heroically they fought on. "Rather dead, than fascist rule," they told me. "We stand and fall with Durruti in the antifascist fight to the last man."
In Pina I discovered a child of eight years old, an orphan who had already been harnessed to daily toil with a fascist family. Her tiny hands were red and swollen. Her eyes, full of horror from the dreadful shocks she had already suffered at the hands of Franco’s hirelings. The people of Pina are pitifully poor. Yet everyone gave this ill-treated child care and love she had never known before.
The European Press has from the very beginning of the antifascist war competed with each other in calumny and vilification of the Spanish defenders of liberty. Not a day during the last four months but what these satraps of European fascism did not write the most sensational reports of atrocities committed by the revolutionary forces. Every day the readers of these yellow sheets were fed on the riots and disorders in Barcelona and other towns and villages, free from the fascist invasion.
Having travelled over the whole of Catalonia, Aragon, and the Levante, having visited every city and village on the way, I can testify that there is not one word of truth in any of the bloodcurdling accounts I had read in some of the British and Continental press.
A recent example of the utter unscrupulous news-fabrication was furnished by some of the papers in regard to the death of the Anarchist and heroic leader of the antifascist struggle, Buenaventura Durruti.
According to this perfectly absurd account, Durruti’s death is supposed to have called forth violent dissension and outbreaks in Barcelona among the comrades of the dead revolutionary hero Durruti.
Whoever it was who wrote this preposterous invention he could not have been in Barcelona. Much less know the place of Buenaventura Durruti in the hearts of the members of the CNT and FAI. Indeed, in the hearts and estimation of all regardless of their divergence with Durruti’s political and social ideas.
In point of truth, there never was such complete oneness in the ranks of the popular front in Catalonia, as from the moment when the news of Durruti’s death became known until the last when he was laid to rest.
Every party of every political tendency fighting Spanish fascism turned out en masse to pay loving tribute to Buenaventura Durruti. But not only the direct comrades of Durruti, numbering hundreds of thousands and all the allies in the antifascist struggle, the largest part of the population of Barcelona represented an incessant stream of humanity. All had come to participate in the long and exhausting funeral procession. Never before had Barcelona witnessed such a human sea whose silent grief rose and fell in complete unison.
As to the comrades of Durruti—comrades closely knit by their ideal and the comrades of the gallant column he had created. Their admiration, their love, their devotion and respect left no place for discord and dissension. They were as one in their grief and in their determination to continue the battle against fascism and for the realization of the Revolution for which Durruti had lived, fought and had staked his all until his last breath.
No, Durruti is not dead! He is more alive than living. His glorious example will now be emulated by all the Catalan workers and peasants, by all the oppressed and disinherited. The memory of Durruti’s courage and fortitude will spur them on to great deeds until fascism has been slain. Then the real work will begin—the work on the new social structure of human value, justice and freedom.
No, no! Durruti is not dead! He lives in us for ever and ever.
Emma Goldman november 1936.
Durruti n’est pas mort !
Durruti, que j’ai rencontré pour la dernière fois il y a un mois, est mort en luttant dans les rues de Madrid. J’ai tout d’abord connu ce vaillant combattant du mouvement anarchiste et révolutionnaire en Espagne par ce que je pouvais lire de lui. Lorsque j’arrivai à Barcelone, j’entendis beaucoup d’anecdotes à propos de lui et de sa colonne. J’étais donc impatiente de me rendre sur le front d’Aragon, front où il galvanisait les milices courageuses qui luttaient contre le fascisme.
À la tombée de la nuit, j’arrivai à son état-major, complètement épuisée par le long voyage effectué en voiture sur un chemin accidenté. Quelques minutes avec Durruti me procurèrent un grand réconfort, elles me firent l’effet à la fois d’un rafraîchissement et d’un encouragement. Homme musclé, comme ciselé dans la pierre à coups de marteau, il représentait certainement la figure la plus dominante parmi les anarchistes que j’avais rencontrés depuis mon arrivée en Espagne. Comme pour tous ceux qui l’approchaient, son énorme énergie m’impressionna.
Je trouvai Durruti au milieu de ses compagnons, dans une ambiance aussi active que celle d’une ruche. Des hommes allaient et venaient, il était constamment sollicité au téléphone, et, en même temps, des coups de marteau assourdissants retentissaient sans arrêt car des ouvriers étaient en train de construire une charpente en bois pour son état-major. Au milieu de cette activité bruyante et continue, Durruti restait serein et patient. Il me reçut comme s’il me connaissait depuis des années. L’accueil cordial et chaleureux de cet homme, engagé dans une lutte à mort contre le fascisme, était pour moi un événement inattendu.
J’avais beaucoup entendu parler de sa forte personnalité et de son prestige dans la colonne qui portait son nom. Je lui demandai comment il avait réussi à mobiliser 10 000 volontaires sans aucune expérience ni aucun entraînement, d’autant plus que l’armée ne l’avait pas aidé dans cette tâche. Il parut surpris de ce que moi, une vieille militante anarchiste, je lui pose une telle question.
– J’ai été anarchiste toute ma vie, me répondit-il, et j’espère continuer à l’être. C’est pourquoi il me serait très désagréable de me transformer en général et de commander mes hommes en leur imposant la discipline stupide que prônent les militaires. Ils sont venus à moi de leur plein gré, ils sont disposés à donner leur vie pour notre lutte antifasciste. Je crois, comme j’ai toujours cru, en la liberté. Une liberté qui repose sur le sens de la responsabilité. Je considère que la discipline est indispensable, mais qu’elle doit reposer sur une autodiscipline, motivée par un idéal commun et un fort sentiment de camaraderie.
Durruti avait gagné la confiance et l’affection de ses hommes, parce qu’il ne s’était jamais considéré supérieur à eux. Il était l’un d’entre eux. Il mangeait, dormait comme eux. Souvent il renonçait à sa part, au bénéfice d’un malade ou d’un individu faible, plus nécessiteux que lui. Il partageait le danger avec eux dans toutes les batailles. Tel était certainement le secret de son succès avec sa colonne. Ses hommes l’adoraient. Non seulement, ils obéissaient à tous ses ordres, mais ils étaient toujours disposés à le suivre dans les actions les plus dangereuses pour conquérir les positions du fascisme.
J’arrivai la veille d’une attaque qu’il avait préparée pour le lendemain. À l’heure indiquée, Durruti, comme le reste de ses miliciens, le Mauser pendu à l’épaule, ouvrit la marche. Avec ses camarades il fit reculer l’ennemi de quatre kilomètres. Il réussit aussi à récupérer un nombre considérable d’armes que l’ennemi avait abandonnées dans sa fuite.
Son égalitarisme sans affectation n’était certainement pas l’unique explication de son influence. Il y en avait une autre : sa grande capacité à faire comprendre aux miliciens le sens profond de la guerre antifasciste. Sens qui avait dominé son existence et qu’il avait enseigné aux plus pauvres et aux plus démunis.
Durruti me parla des problèmes difficiles que lui posaient ses hommes quand ils lui demandaient une permission au moment où ils étaient le plus nécessaires au front. Il est évident qu’ils connaissaient leur dirigeant ; qu’ils connaissaient sa décision, sa volonté de fer. Mais ils connaissaient aussi la sympathie et la gentillesse que dissimulait son attitude austère. Comment résister quand les hommes lui parlaient des maladies et des souffrances qu’enduraient leur famille, leurs parents, leur épouse ou leurs enfants ?
Avant les journées glorieuses de juillet 1936, Durruti fut poursuivi comme une bête féroce dans tous les pays. Il était continuellement emprisonné comme un criminel. Il fut même condamné à mort. Lui, l’anarchiste, répudié, haï par la Sinistre Trinité que constituent la bourgeoisie, l’Etat et l’Eglise, ce vagabond sans foyer était incapable d’éprouver les sentiments dont l’odieux capitalisme l’accusait, prouvant que ses ennemis le connaissaient fort mal Durruti. Et comprenaient bien peu son cœur, toujours débordant d’amour ! Jamais il ne sut rester indifférent aux besoins de ses compagnons. Maintenant qu’il était engagé dans une lutte désespérée contre le fascisme, pour la défense de la Révolution, chacun devait occuper son poste. À mon avis, il avait une tâche très difficile. Il écoutait patiemment les hommes qui lui confiaient leurs souffrances, il diagnostiquait leurs causes et proposait des solutions chaque fois qu’un malheureux souffrait sur le plan moral ou physique. À cause de l’excès de travail, de la nourriture insuffisante, du manque d’air pur, ou de la perte de la joie de vivre.
– Tu ne vois pas, camarade, que la guerre que toi, moi, et tous les autres nous menons, vise à sauver la Révolution, et que la Révolution veut mettre fin aux misères et aux souffrances des hommes ? Nous devons écraser notre ennemi fasciste. Nous devons gagner la guerre. Tu es une part essentielle de celle-ci. Tu ne le vois pas, camarade ?
Les camarades de Durruti s’en rendaient bien compte et restaient. Parfois, un compagnon se refusait à entendre ces raisons et insistait pour abandonner le front.
– Très bien, lui disait Durruti, mais tu t’en iras à pied, et quand tu arriveras chez toi, tout le monde saura que tu as manqué de courage, que tu as déserté l’accomplissement du devoir que toi-même tu t’étais imposé.
Ces paroles produisaient de magnifiques résultats. L’homme suppliait alors Durruti de ne pas le laisser partir. Aucune sévérité militaire, aucune coercition, aucun châtiment disciplinaire ne maintenait la colonne de Durruti au front. Seulement la grande énergie de l’homme qui les poussait et les faisait sentir à l’unisson avec lui.
Un grand homme, l’anarchiste Durruti. Un homme prédestiné pour diriger, pour enseigner. Un camarade attentif et tendre. Tout en un. Désormais Durruti est mort. Son cœur ne bat plus. Son corps imposant s’est abattu comme un arbre géant. Pourtant, Durruti n’est pas mort, comme en témoignent les centaines de milliers de personnes, qui, le dimanche 22 novembre 1936, lui ont rendu un dernier hommage.
Non, Durruti n’est pas mort. Le feu de son esprit ardent a éclairé tous ceux qui l’ont connu et aimé. Jamais il ne s’éteindra. Déjà les masses brandissent la torche qui est tombée de ses mains. Triomphalement elles sont en train de la porter sur le sentier qu’il a éclairé durant de nombreuses années. Le sentier qui conduit au sommet de son idéal. Cet idéal, c’est l’anarchisme – la grande passion de sa vie – auquel il se consacra en entier et fut fidèle jusqu’à son dernier soupir ! Non Durruti n’est pas mort !
Emma Goldman,
novembre 1936.
P.-S.
Note de Ni patrie ni frontières : Ce texte a été en partie retraduit par nos soins en utilisant la version espagnole publiée dans le Boletin de informacion de la CNT-AIT du 27 novembre 1936, et en reprenant aussi quelques passages d’une traduction française éditée par la CNT-FAI à Barcelone en 1936 dans une brochure intitulée Buenaventura Durruti. Le texte en espagnol et sa traduction en français se trouvent sur les 67 rouleaux de microfilms déposés dans plusieurs bibliothèques. L’Institut international d’histoire sociale d’Amsterdam nous a aimablement permis de consulter et de scanner tous les matériaux qui nous intéressaient en vue de les traduire (cf. la liste ci-dessous en annexe).
http://www.mondialisme.org/spip.php?article1674
Ces microfilms font partie du projet « The Emma Goldman Papers » qui a recensé tous les écrits, brouillons, articles, interviews d’Emma Goldman ainsi que de nombreux documents policiers ou gouvernementaux à son sujet.
Deux volumes d’une édition critique très bien faite (A documentary history of the American years : 1. Made for America ; 2. Making speech free) ont été publiés sous la direction de Candace Falk aux éditions University of California Press. Une édition augmentée a ensuite été publiée en livre de poche (37 dollars chaque volume) par les éditions University of Illinois Press : ils couvrent la période 1890-1909. Deux autres volumes couvrant la période 1909-1919 sont prévus.
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it en - Savona - Sul fallito corteo di Forza Nuova
Riceviamo e diffondiamo:
MA QUALE CORTEO DI FORZA NUOVA??? CHIUSI IN UNA GABBIA!!!
Sul fallito corteo di Forza Nuova a Savona.
A Savona, negli ultimi mesi, in seguito alla partecipazione alle elezioni comunali del maggio 2011 di una lista unica La Destra – Forza Nuova e all'apertura della sede de La Destra, il movimento Antifascista savonese aveva dato il segnale chiaro e diretto di non essere disposto ad accettare la presenza di questa o di qualsiasi altra organizzazione neofascista sul territorio. Nelle giornate dell'8 gennaio e del 3 marzo 2012, quando due PRESIDI ANTIFASCISTI si sono trasformati in CORTEI SPONTANEI per le vie cittadine, Savona ha dimostrato quanto sia vivo lo spirito antifascista e l’amore per la libertà, uniti alla consapevolezza che i neofascisti con i loro rigurgiti nostalgici non debbano ottenere alcuna agibilità politica.
In questo contesto sabato 24 marzo, ancora Forza Nuova ha tentato di organizzare un corteo nel centro storico che prevedeva un comizio finale: consci della risposta che avrebbero ottenuto, i neofascisti hanno ritenuto di mantenere segreto l’appuntamento (fornendo una ulteriore prova della propria codardia, pensando di passare inosservati e sperando di evitare la presenza ostile degli Antifascisti). La realtà è stata molto diversa rispetto alle previsioni dei loschi individui in camicia nera, infatti la predisposizione dell’area per il corteo (con lo sgombero completo delle vie) non è sfuggita, lasciando intuire qualche movimento sospetto. Il giorno del corteo la questura ha predisposto una vera e propria “zona rossa” con doppie transenne e ingente spiegamento di forze in tenuta antisommossa a “difesa” di Forza Nuova.
Il risultato complessivo è stato il seguente: circa 35 neofascisti giunti in auto da fuori città sono stati scortati all’interno della zona rossa: nei fatti un vero e proprio recinto isolato dalla città, reso preventivamente inaccessibile e deserto tramite divieto di sosta e di accesso a chiunque non fosse un figuro parte della cricca neofascista che è rimasta lì confinata durante tutta la durata della presunta iniziativa pubblica.
La questura ha agito con tale scrupolo a tutela dei neofascisti da garantire loro persino il parcheggio riservato, sottratto agli abitanti del quartiere, oltre a imporre la chiusura dei negozi della zona.
Il corteo è quindi consistito in uno spostamento di non più di 150 metri dal punto di partenza e veniva mosso dalle forze dell'ordine avanti e indietro in base agli spostamenti degli Antifascisti che nel frattempo avevano assediato, muovendosi da una parte all'altra, alcuni dei vari ingressi alla zona rossa. Di conseguenza, il comizio non ha assolutamente avuto luogo, checché ne dicano i vari giornali; anche perché dentro alla zona c'erano solo forze dell'ordine – in quantità elevata tra celere, carabinieri e digos – e i circa 35 fascisti che hanno sventolato le loro bandiere e hanno scandito qualche triste slogan con l’aiuto di un megafono.
Dall’esterno del recinto non è stato udito nulla di ciò che Forza Nuova ha il coraggio di chiamare comizio pubblico, nei fatti si è trattato di una passeggiata a passo lento con fare dimesso e timoroso, orchestrata dai funzionari della digos.
Tra le altre cose, riguardo alla fantomatica aggressione che uno "sfigato" politicante neofascista ha pubblicizzato, ci preme precisare il fatto che non è stato fisicamente toccato da nessuno bensì è stato invitato ripetutamente ad allontanarsi dal gruppo di Antifascisti. Risulta evidente che la sua presenza in quel luogo fosse una provocazione, dimostrata dalle minacce di denuncia che l'individuo ha più volte proferito verso i presenti.
Forza Nuova a Savona non esiste, lo dimostra il fatto che i pochi presenti provenivano da Imperia, Genova e Albenga. In definitiva il piano non è andato a buon fine grazie alla resistenza diretta messa in atto dagli Antifascisti savonesi che hanno così impedito lo svolgimento di questo evento e hanno ancora una volta rifiutato l'agibilità politica ai nostalgici del ventennio fascista.
Ancora una volta non hanno avuto alcuna visibilità politica nel territorio cittadino savonese!
Che ostentino pure spavalderia e arroganza... sono andati via di nuovo a testa bassa, ovviamente scortati dalle volanti della polizia dopo quasi un'ora di attesa prima che riuscissero a uscire con le loro auto dalla zona rossa presidiata dagli ANTIFA!
A SAVONA NESSUNO SPAZIO PER I FASCISTI!
NÉ SEDI, NÉ PRESIDI, TANTOMENO FINTI CORTEI!!!
alcuni presenti al presidio antifa sabato 24 marzo 2012
http://www.informa-azione.info/savona_sul_fallito_corteo_di_forza_nuova
Italy – BUT WHAT MARCH OF FORZA NUOVA? LOCKED UP IN A CAGE!
From informa-azione.info
We receive and transmit:
On the failed march of Forza Nuova in Savona. (Forza Nuova is an Italian fascist organization)
In the last months in Savona, following the participation of the La Destra-Forza Nuova list at the municipal elections of May 2011 and the opening of a site of La Destra, the Antifascist movement of Savona have been giving a clear and direct signal of not being willing to accept the presence of this or any other fascist organization in town. On 8th January and 3rd March 2012, as two ANTIFASCIST GATHERINGS turned into SPONTANEOUS MARCHES in the streets of the town, Savona has demonstrated how antifascist spirit is alive as well as love for freedom and the awareness that neofascists and their nostalgic revival must not be given any political space.
In this context on Saturday 24th March, Forza Nuova attempted to organize a march and rally in the centre of the town: aware of the response they would get, the neofascists thought it better to keep the appointment secret (thus giving yet another proof of their cowardice, thinking they would go unnoticed and hoping they would be spared the hostile presence of the antifascists). Reality proved well different from the forecasts of the shady individuals in black shirts: in fact preparation of the area for their march, with a total clearing of the streets, didn’t go unnoticed, and the Antifa movement got suspicious. On the day of the march police set a proper ‘red zone’ implementing double barriers and lining up a massive deployment of antiriot cops in ‘defence’ of Forza Nuova.
The final result was as follows. About 35 neofascists diriving by car to the town were escorted inside the red zone, actually a real enclosure isolated from the rest of the town, which was made inaccessible and deserted through no parking and entry bans to all those who were not people belonging to the neofascist gang. As a result the neofascists remained confined there throughout the duration of their supposed public initiative.
Police were so scrupulous in defending the neofascists that they guaranteed them parking areas that were denied to the inhabitants of the neighbourhood. Shops in the area were also compelled to shut.
So the fascist march resulted in a movement of not more than 150 metres form the starting point, guided forwards and backwards by the police, according to the movemnts of the Antifascists, who in the meantime had besieged some of the entrances of the red zone. As a result the fascist rally didn’t take place at all in spite of what the press said, especially as there were only police inside the red zone - a massive presence of antiriot squads, carabinieri and digos – and about 35 fascists waving their flags and chanting some sad slogans with the help of a loudspeaker. From outside the enclosure nothing could be heard of what Forza Nuova dare call public rally. In fact, it was a slow and shy stroll orchestrated by digos officers.
As concerns the imaginary aggression that an ‘unfortunate’ neofascist politician made public, we want to point out that he was not touched by anyone but was repeatedly invited to go away by the group of Antifascists.
It is clear that his presence in that place was a provocation, as proved by the threats he made to the Antifascists of reporting them to the police.
Forza Nuova does not exist in Savona as the few people present that day were coming from Imperia, Genoa and Albenga. Ultimately the fascist plan didn’t succeed thanks to the direct resistance put in place by the Antifascists of Savona, who prevented this event from being held and denied once again political space to the nostalgic of the fascist regime.
Once again they didn’t have any political visibility in the town of Savona!
They can well show off arrogance and cockiness… they went away head down once again, of course escorted by police cars, and it took more than an hour before they managed to drive out of the red zone patrolled by the ANTIFA!
NO SPACE TO FASCISTS IN SAVONA!
NO SITES OR GATHERINGS OR FAKE MARCHES!!
some people who were at the antifascist gathering on Saturday 24th March 2012
http://actforfree.nostate.net/?p=8596#more-8596
São Paulo, Brazil: Solidarity network of prisoners’ families and friends
Don’t be silent: Outskirts against incarceration
In the first two months of this year (2012) the prison population increased by over 5,000 people only in the state of São Paulo. And if there are half a dozen rich among the prison inmates, it’s too much already, because everyone knows that such ‘justice’ is not blind but CYNICAL, and serves to favour the wealthy and to persecute the poor, especially if the latter are black.
Because of this mass incarceration, the prison experience marks the lives of millions of residents of the periphery that suffer from discrimination, lack of information, the opportunism of crooked lawyers, the tardiness of judicial proceedings, the humiliations of waiting queues, the body searches, the terrible prison conditions, and so on.
That is why we are creating a network of solidarity between family members and friends of both women and men prisoners, in the sense that we exchange experience, learn to understand the legal processes, struggle for benefits and rights, and organize ourselves in order to combat the penal and penitentiary system that is so unjust and perverse.
Rede de Comunidades do Extremo Sul de São Paulo–SP
Communities Network of the South End of São Paulo
http://redeextremosul.wordpress.com/2012/03/26/rede-de-familiares-de-presos-e-presas
http://en.contrainfo.espiv.net/2012/03/31/sao-paulo-brazil-solidarity-network-of-prisoners-families-and-friends/
Cos’è un Individuo?
My Own è una pubblicazione di idee, letteratura e analisi anarchiche provenienti da una esplicita prospettiva egoista e individualista. Intendo portare avanti una prospettiva anticapitalista, egoista non di mercato mirata all’incoraggiamento e allo sviluppo di insurrezioni individuali contro tutte le forme di autorità, dominio e rafforzamento della conformità.
http://vagabondtheory.wordpress.com/2012/01/26/announcing-a-new-anarchist-paper/
Considererò con piacere la pubblicazione di articoli inviati a vagapub(at)gmail.com
Se un articolo è anonimo, potete desumere che l’abbia scritto io.
My Own è disponibile a 1$ o due francobolli di prima classe per numero o 5$ per un abbonamento di 6 numeri:
Intellectual Vagabond Editions
P.O. Box 24332
Oakland, CA 94623
USA
Anti-Copyright, fatene l’uso che volete.
Tratto da My Own – Self-Ownership and self-creation against all authority (N. 1 Gennaio 2012)
VERSIONE PDF
http://parolearmate.noblogs.org/files/2012/02/myown1.pdf
Cos’è un Individuo?
( Il seguente articolo è il primo di una serie di articoli sperimentali nei quali andrò a sviluppare le mie percezioni ed esperienze di auto-creazione autonoma e auto-padronanza di sé. A causa della natura dell’argomento, scriverò questi testi principalmente alla prima persona singolare e combinerò ciò con il rivolgermi direttamente al lettore. Sebbene ciò potrà sembrare un po’ maldestro o destabilizzante, ritengo che ciò sia più adatto per l’argomento. )
Cosa sono in quanto individuo? La personalizzazione unica di uno specifico processo di sviluppo, emozioni in trasformazione, azioni, pensieri, interazioni, relazioni… Da dove provengono questi mobili fili intrecciati? Nel mondo attuale, prima che io inizi ad essere consapevole di ciò e cominci a prendere questi fili nelle mie mani, essi provengono soprattutto dalle cose e creano l’aspetto dello specifico contesto sociale nel quale sono nato, dove sono cresciuto e stato educato, e dove continuo a realizzare i miei ruoli e le mie funzioni.
Le attività attraverso le quali io ed altre persone sopravviviamo – lavorare, comprare, vendere – sono prodotti di questo contesto. Esse possono far si che io consumi la maggior parte del tempo in attività e interazioni che non mi appartengono. Consideriamo la quantità di tempo sprecato ad aspettare in coda, la quantità di tempo passato a fare azioni noiose attraverso le quali io guadagno e spendo denaro, e gli infiniti e banali scambi verbali con sconosciuti dei quali non potrebbe importarmi di meno.
Queste attività e interazioni coinvolgono inevitabilmente le mie emozioni, annacquandole in gran parte con una patetica mediocrità. Ma allora vado a considerare come la maggioranza della gente usa il suo cosiddetto tempo libero (tempo non riservato agli obblighi sociali e alla sopravvivenza, che in questa società sono la stessa cosa). Essi riempiono queste ore “libere” con l’essere intrattenuti (andando al cinema, guardando la tv, ascoltando la musica – soprattutto quella pop). Ogni forma di intrattenimento si relaziona con le emozioni. Ma oltre a ciò, i film, i programmi tv, la musica pop e le altre forme di intrattenimento hanno anche la funzione di definire parametri accettabili di emozioni, fornendo esempi su come provarle in situazioni specifiche, e su come esprimerle. Quindi se io rimango passivo davanti all’influenza dell’intrattenimento, anche le mie emozioni non saranno di mia creazione, ma un intreccio di dati che ho raccolto dai film, dalla televisione, dalle canzoni pop e cosi via. Ecco perché è cosi facile per le cosiddette passioni, relazioni, aspirazioni e sforzi individuali cadere negli schemi predefiniti che vengono ripetuti continuamente, non solo da particolari individui, da me e te, ma da tutto il deserto sociale nel quale io e te viviamo.
Per rompere ciò, ho bisogno di imparare a creare volutamente le mie passioni e i miei desideri come miei, a sviluppare una spontaneità intenzionale, riconoscendo che senza scelta consapevole, non c’è spontaneità, solo reazione e abitudine.
Potrebbe semprare paradossale parlare di creare volutamente le passioni e i desideri. In che modo potrei creare volontariamente i miei impulsi? Bene, ho sentito diversi cosiddetti radicali (soprattutto comunisti) dire che le passioni e i desideri degli individui sono creati dal contesto sociale. Ma un’astrazione non può creare nulla. La realtà concreta dietrò a ciò è che gli specifici individui che hanno interesse nel definire i propri desideri e le proprie passioni usano sicuramente delle tecniche per definire e incanalare i nostri sentimenti e impulsi. Questa non è una teoria del complotto; è semplicemente una descrizione di pubblicità, pubbliche relazioni, propaganda politica e, come ho già detto prima, intrattenimento passivo. Per fare un esempio, ipotizziamo che mi venga improvvisamente voglia di “Ben and Jerry’s Funky Monkey”1. Ovviamente non c’è nulla di innato in questo desiderio,visto che questa compagnia di sfruttamento di hippie golosi è stata in attività solo per tre decenni. Il mio desiderio di questo prodotto potrebbe essere stato creato artificialmente grazie alla combinazione di pubblicità, marchi, identità e tecniche connesse. Ad un livello meno platealmente commerciale, e se avessi il feticcio per il lattice, la pelle o i tacchi alti? Ancora una volta, ciò sarebbe una passione artificiale, qualcosa che è stata creata attraverso una serie di processi sociali – vale a dire attraverso specifiche attività (che siano consapevoli o meno) di specifici individui. Nessuno nasce con questi feticci. Infatti, essi non esistono totalmente in quanto feticci finché non vengono identificati come tali dalle autorità che si proclamano specializzate nell’identificare le devianze sessuali e che trasformano ciò che potrebbe essere un’eccitazione momentanea in un’identità.
Ma il punto che voglio sottolineare con questi esempi è che le passioni e gli impulsi, i sentimenti e i desideri non sono innati, ma creati, e non c’è motivo perché io non possa volontariamente crearmene dei miei. Se non lo faccio, è perché cado nei canali prefissati dell’abitudine e delle norme sociali. Quindi al fine di iniziare a creare volontariamente le mie sensazioni, impulsi e desideri ho bisogno di rompere decisivamente con l’abitudine, irrompendo nelle aspettative sociali e sperimentando la spontaneità intenzionale.
La spontaneità può esistere davvero solo come una scelta consapevole e intenzionale. Quando agisco inconsapevolmente (che è come agisce il più delle volte molta gente in questa società), endo a limitare le mie azioni in base all’abitudine, al ruolo, all’identità e alla semplice reazione, nessuna delle quali provoca una sincera auto-creazione, essendo piuttosto sottomissione a ciò che è previsto, a ciò che viene creato per mantenermi schiavo. Ciò è il vero contrario della spontaneità. Dove non c’è volontà, non può esserci attività spontanea.
Io guardo al desiderio – come opposto al mero “spettro del desiderio” (William Blake) – come l’impulso a creare. Esso mi spinge ad agire nel mio mondo, a sperimentare ed esplorare. Questo impulso può esistere nella sua piena forza solamente in un’ottica dove la mia vita non è già stata creata per me. Ciò significa che esso può esistere solo in conflitto con il presente ordine sociale, visto che questo ordine usurpa la mia capacità di crearmi la mia vita, costringendomi a sottomettermi o a ribellarmi. Ciò che viene chiamato “desiderio” in questo ordine è solamente la voglia di un qualcosa già definito, un oggetto esterno che non è di mia creazione, anche se lo produco da me. L’auto-creazione è la ribellione contro questa realtà.
1 Fortunatamente, non accadrà mai visto che sono allergico al latte…
http://parolearmate.noblogs.org/2012/02/16/cose-un-individuo/
IN GRUPPI DI TRE O QUATTRO
La periferia Nord di Parigi e’ costituita da una sterminata serie di enormi caseggiati popolari. La vecchia zona industriale sta retrocedendo, velocemente, verso l’est della citta’, mentre prende estensione la parte bene del Nord-oves, abitata da famiglie benestanti e da ricche villettte residenziali.
La polizia presidia accuratamente gli impianti ad Est e le case dei ricchi a Ovest mente quasi non si arrischia ad entrare nella zona popolare del centro, dove andarsene in giro di notte e’ difficile e avventuroso. Quando lo a, interviene in forze e non mette molto ad usare a tradimento la violenza assassina dei suoi specialisti.
Un ragazzo non si ferma allo stop della pattuglia, un poliziotto spara, oppure l’auto della polizia lo insegue e lo mette sotto deliberatamente. Le forme di giustizia sommaria sono molte, da Lynch in poi ci siamo evoluti. E’ successo l’altra sera [1995] a un ragazzo di origine marocchina: ucciso da una macchina della polizia.
Ma questa volta accade qualcosa di diverso. A Noisy-le-Grand il quartiere insorge. Centinaia scendono in strada, centinaia di giovani, ma anche adulti e non solo neri. La sera stessa la rabbia divampa e produce qualche scontro con la polizia, qualche vettura incendiata, un camion. Poi tutto sembra tornare alla normalita’.
L’indomani sera si presentano invece le caratteristiche di qualcosa d’altro. I ragazzi si sono organizzati. Non appaiono piu’ all’angolo della strada gridando e lanciando sassi. Adesso vengono avanti nella notte con passo cauto. Si sono distribuiti in piccolissimi gruppi: tre o quattro al massimo in ogni grupp. I gruppi sono centinaia. Adesso attaccano sistematicamente. Un liceo e’ distrutto. Tre scuole medie inferiori sono date alle fiamme. Centinaia di macchine posteggiate subiscono la stessa sorte. Una banca e’ attaccata e bruciata con le molotov. Per tutte le strade del centro non si contano le vetrine dei negozi distrutte e saccheggiate, le pompe antincendio divelte, i contatori del gas e dell’elettricita’ sabotati, i cassonetti della spazzatura bruciati. Una scena irreale si presenta agli occhi delle prime pattuglie riuscite ad arrivare sul posto. Gli autori: scomparsi nella notte.
Alfredo M. Bonanno
(pubblicato su Cane Nero n. 31, 16 giugno 1995, ri-pubblicato su ‘’La Bestia Inafferabile’’ Edizioni Anarchismo , prima edizione maggio 1999)
it en - Perquisite le case di compagni anarchici per 270bis e 280 [aggiornamenti su Culmine]
Riceviamo e diffondiamo:
Ieri mattina, 29/3/2012, le unità del ROS di Roma e Perugia, su ordine del boia Manuela Comodi, hanno effettuato perquisizioni a carico di quattro compagni e delle rispettive abitazioni, alla ricerca della solita associazione sovversiva. Come sempre a far gola ai cani da guardia dell'autorità sono stati apparecchi elettronici, telefoni cellulari e materiale cartaceo. Carta straccia, perquise e ammonimenti, una salsa già riproposta fin troppo ma che, ogni volta, causa profonda nausea a chi è costretto ad assaggiarla.
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da Culmine
Il 29 marzo 2012 la procura di Perugia, con un’indagine a carico della
p.m. Comodi, ha dato il via ad un’operazione repressiva in grande stile
nei confronti di 4 compagni anarchici.
Perquisizioni domiciliari a Pisa e provincia, in provincia di Chieti, a
Brescia, a Genova, a Catania, a Ravenna ed in altre località. Non ancora
abbiamo un quadro completo, ma ci risulta che 2 compagni, dopo la
perquisizione sono stati condotti in maniera coatta presso la caserma
dei ROS di Perugia e sottoposti ad interrogatorio da parte della p.m. I
compagni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ed in nottata,
dopo un sequestro di persona di oltre 22 ore, sono stati rilasciati.
Le accuse: 270bis e 280, quest’ultimo proprio per la natura eversiva
dell’associazione a delinquere. Da segnalare che a questa operazione
hanno partecipato carabinieri del ROS di Perugia, del reparto
ANTIEVERSIONE di Roma e del reparto INDAGINI TECNICHE di Roma. Oltre al
solito materiale informatico e cartaceo, sono stati sequestrati oggetti
quali: mollette per stendipanni, lampadine, pinze, viti, chiodi,
bulloni, cavi elettrici, forbici, nastri isolanti e adesivi, puntine da
disegno, batterie, guanti, mascherine, occhiali protettivi, tute
monouso, libri di chimica generale e chimica organica… alla faccia
dell’antitecnologia!
Come sempre, una estrema attenzione è stata posta nel sequestro di tutta
la corrispondenza con i compagni prigionieri, in particolare quella con
Gabriel Pombo da Silva, con Marco Camenisch e i membri prigionieri
della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
We receive and transmit:
Yesterday morning, 29/03/2012, the ROS units [special carabinieri units] of Rome and Perugia searched four houses of comrades looking for evidence concerning the usual charge of conspiracy. And as usual, the watchdogs of the authority were particularly interested in electronic equipment, mobile phones and paper. Wastepaper, searches and warnings: we’ve seen more of the same many times but every time it just makes us sick.
It seems that the charges are related to articles 270bis (conspiracy to subvert the democratic order of the State) and 280 (terrorist attack) and that the anti-subversion unit of the carabinieri was involved along with the ROS. We also learn of searches in Catania and some arrests in Genoa but we don’t know if this is part of the same investigation. For the moments news are fragmentary but we’ll try to expose a more precise picture of this new repressive wave against anarchists as soon as possible
--translated by b. porco dio!
FIRENZE – ARRESTI E FOGLI DI VIA
Stamani, a Firenze, alcuni compagni sono stati fermati durante un volantinaggio e tradotti in questura. Verso le 15e30 la maggior parte sono stati rilasciati, sono stati emessi due fogli di voa e tre compagni sono stati arrestati e tradotti a Sollicciano con l’accusa di resistenza e lesioni. L’udienza di convalida degli arresti è fissata per Sabato. Seguiranno aggiornamenti. NICOLA, FILOMENA E SANDRO LIBERI! FUOCO ALLE GALERE!
http://anarchicipistoiesi.noblogs.org/post/2012/03/29/firenze-arresti-e-fogli-di-via/
Florence (Italy) – Arrests and expulsion orders
We receive and transmit
Yesterday some comrades were stopped by police in Florence as they were handing out leaflets (on the recent deaths in the security cells of the Duca degli Abbruzzi police barracks [in Florence]). The comrades were taken to the police headquarters. At around 3:30pm most of them were released, two were served with expulsion orders [from Florence] and three were taken to the prison of Sollicciano and accused of resistance and causing bodily harm.
The hearing to confirm the arrests will be held on Saturday. Updates will follow.
NICOLA, FILOMENA AND SANDRO FREE NOW! FIRE TO ALL PRISONS!
http://anarchicipistoiesi.noblogs.org
--translated by b. porco dio!
en es - Chile: Day of the Combatant Youth updates
from vla, transl waronsociety:
22:00 – News arrives from Concepción of a count of 30 youth arrested by the clashes that have happened in southern Chile.
21:45 – The focal points multiply and the clashes begin motivated by the arrival of carabineros trying to clear the streets.
21:30 – The commemorative activity where the Vergara Toledo brothers’ parents participate counts 500 participants in the beginning of the march with torches results in the first clashes, according to the press there have been gunshots in the area of Villa Francia.
20:45 – The first barricades are set on fire in Villa Francia and a pair of other neighborhoods in Santiago and in various points in Chile.
20:00 – In Villa Francia, the commemorative event begins for the Vergara Toledo brothers, many people attend this event.
During the afternoon the special forces of carabineros were mobilized for various bomb threats with a total of four incidents up to now, including a threat to the Torre Titanium in the wealthy area of Vitacura in the center of Santiago, also a few minutes ago GOPE made a box of shoes detonate which had water inside it left outside a Santander Bank.
12:30 – the area has returned to boring calm
11:51 – reports that Chilean police are filling empty bottles with a liquid that could be flammable in order to place guilt on the youth who had been arrested, a total of 70 youth are being transported in police vehicles
11:48 – At this time there are clashes in the University of Santiago Chile, groups of youth against the police, it is reported that the latter entered the university where already at 10 AM there were more than 100 youth and the combat began. There are more youth in the outskirts of the university showing their support to those who are resisting inside.
early hours of the 29th
image taken during the clashes in San Bernardo where they tried to loot three supermarkets and where the police station was attacked
End of March 28th and beginning of 29th — Day of the Combatant Youth! Permanent Insurrection
The most conflictual place of threat today was San Bernardo; the images of the tanks are from there
The first hours of this March 29th marked different foci of clashes between police and residents, in which the latter again took the street not only to remember those fallen in combat but also for all the rage they carry inside themselves and to show their disgust for authority visualized in the deployment of armored vehicles and police special forces, some of the places where there was fighting this morning were Villa Francia, Los Morros, La Pincoya, Quilicura and others; this update dates to 2:30 AM when there are three arrested and the first tanks were seen in Los Morros neighborhood of San Bernardo.
http://waronsociety.noblogs.org/?p=4032#more-4032
Dia del Joven Combatiente / 29 de Marzo – Actualizaciones no constantes -
Intentaremos seguir actualizando pero es demasiada la información como para recopilarla.
22:00 – Desde concepción llega la noticia de un recuento de 30 jovenes detenidos por los enfrentamientos que se estan produciendo en el sur de chile.
21:45: Los focos se multiplican y los enfrentamientos empiezan motivados con la llegada de carabineros para intentar despejar las calles.
21:30 – La actividad conmemorativa donde participan los padres de los hermanos vergara toledo cuenta con 500 participantes al empezar a marchar con las antorchas se producen los primeros enfrentamientos, segun la prensa han recibido disparos en el sector de villa francia
20:45 Las primeras barricadas se encendieron en villa francia y a la par en otras comunas de santiago y en varios puntos de Chile.
20:00 En villa Francia ya comenzo la actividad conmemorativa por los hermanos vergara toledo, muchas personas asisten a esta actividad.
Durante la tarde los cuerpos especiales de carabineros se movilizo por varias amenazas de bomba hasta ahora un total de cuatro comtabilizadas, resaltando la amenaza a la torre titaniun en el acomodado sector de Vitacura en el centro de santiago, tambien hace minutos el gope hizo detonar una caja de zapatos que tenia una bolsa con agua adentro esto en las afueras de un banco santander.
12:30 – el lugar a vuelto a la aburrida calma.
11:51 – Informan que carabineros de $hile esta llenando botellas vacias con un liquido que podria ser inflamable para culpar a los jovenes que han sido detenidos, se habla de un total de 70 jovenes que estan prontamente a ser transportados a los vehiculos policiales y ser llevados a las dependencias policiales. Todo esto dentro de la USACH
11:50 – Carabineros aposto a màs de 10 vehiculos blindados en las afueras de la USACH donde se aprontan a sacar a jovenes que detubieron adentro de la universidad.
11:48 - Por estas horas se estan enfrentando en la Universidad de Santiago De Chile grupos de jovenes contra carabineros, se informa que estos ingresaron a la universidad donde ya desde las 10 de la mañana se acercaron mas de 100 jovenes y empezaron con los combates. Hay mas jovenes en las afueras de la universidad demostrando su apoyo a los que estan resistiendo adentro.
Durante la madrugada del dia de hoy se registraron un total de 68 detenidos por los primeros acontecimientos del dia del joven combatiente. En la Universidad de playa ancha en valparaiso un joven fue detenido y pasado por el control de armas y explosivos.
29 por la madrugada
imagen tomada durante los enfrentamientos en san bernardo donde se intentaron saquear tres supermercados y donde se ataco la comisaria
Ultimas horas del 28 y las primeras del 29 de marzo — Día del joven Combatiente! Insurrección permanente.
El lugar mas conflictivo del amanecer del dia de hoy fue San Bernardo las imagenes de las tanquetas conrresponden a ese lugar
Las primeras horas de este 29 marcaron distintos focos de enfrentamientos entre carabineros y habitantes, donde estos últimos vuelven a salir a la calle no solo para recordar a los caidos en combate sino también por toda la rabia que llevan dentro suyo y para demostrar su asco ante la autoridad visualizada en el desplazamiento de vehículos blindados y fuerzas especiales de carabineros, algunos de los lugares donde en esta madrugada se esta luchando son la villa Francia, los morros, la pincoya, quilicura y otras siendo esta la actualización correspondiente a las 2:30 am donde ya hay tres detenidos y las primeras tanquetas fueron vistas en los morros comuna de San Bernardo.
Las siguentes imagenes corresponden a la lucha en la UPLA, Valparaiso ayer 28/3 por la tarde.
Una nota desde la prensa extraida deLiberacion Total
desde la prensa…
Cerca de las 12:30 hrs. de la tarde de este martes 27 de Marzo, una bomba casera fue encontrada frente al porton de la 7° Comisaría de Valparaíso, que alberga a la sección de Fuerzas Especiales (FFEE) de la región.
Un agente de carabineros que realizaba rondas rutinarias fuera de la Comisaría encontró unas bolsas con un paquete sospechoso frente al porton, luego de eso, dio el aviso al Gope.
Tras la llegada del Gope junto a Labocar, realizáron el procedimiento de seguridad y desalojaron el recinto. Luego, cerca de las 14:00 hrs. los bastardos “habrían logrado” desactivar el artefacto (las comillas son porque la policía siempre dice que desactiva las bombas cuando estallan, pero en realidad la mayoria de las veces queda evidenciado por la misma prensa que cuando no se activan es porque habian fallado).
Tras el operativo por el hallazgo del artefacto, la policía realizo inspecciones en todas las comisarias de la ciudad por miedo a que hubieran más bombas en otros cuarteles.
La bomba casera estaba compuesta por un balón de gas de dos kilos (del tipo camping), relleno con pólvora negra lo cual sería activado por un circuito eléctrico con un timer y una bateria. Todo esto dentro de una bolsa.
Hasta el lugar también llego el gobernador de la región, Pablo Zúñiga, y el fiscal José Miguel Subiabre.
El fiscal dijo a la prensa que “Nos enfrentamos nuevamente a una bomba que tiene una activación mecánica, con un timer que va adosado a una batería para que finalmente con el cobre se active una ampolleta que hace de detonador, para que finalmente pueda explosionar. Se ve en el contenedor que hay residuos claros que serían de pólvora negra y que son artefactos similares a los que han sido investigados tanto en la zona como en Santiago”.
En el lugar no se encontraron panfletos alusivos a alguna reivindicación, pero segun la policía y el fiscal este hecho tendría directa relación con la conmemoración del Día del Joven Combatiente.
https://vivalaanarquia.espivblogs.net/?p=12132
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