martedì 25 ottobre 2011

Seconda raccolta comunicati e riflessioni sul 15 ottobre


Leggi anche i precedenti comunicati sul 15 ottobre 2011 a Roma.
http://www.informa-azione.info/riflessioni_e_comunicati_sul_15_ottobre_aggiornato

Giù la maschera!

da Cenere - cenere.noblogs.org

Non si avverte la propria catena quando si segue spontaneamente colui che trascina; ma quando si comincia a resistere e a camminare allontanandosi, si soffre molto.


André Gide


Dopo mesi di apologia verso le rivolte nei paesi arabi, dopo mesi di crisi che hanno spazzato via ogni illusione per un possibile futuro migliore, dopo gli scontri che con empatia abbiam ammirato in molte capitali europee, arriva la solita schizofrenia italiana. Il 15 ottobre a Roma è andata in scena una farsa annunciata, non quella dei cosidetti incappucciati, additati come infiltrati, sbirri, teppisti, violenti e sciocchi più o meno consapevoli e utili alla reazione, ma quella di una società in stato di grave malattia, non puo essere altrimenti: se si confonde la violenza vigliacca di un potere sempre impunito, con la rabbia dei senza voce. Violento è chi bombarda popolazioni inermi, chi impaurisce indiscriminatamente, chi devasta interi territori, chi affama e ricatta per un lavoro di merda, chi controlla e ingabbia. All’indomani di un ennesimo ed inutile voto di fiducia che da ulteriore conferma di quanto i potenti preferirebbero la morte che rinunciare alla loro inebriante posizione di superiorità, non saranno un paio di banche ed una caserma in frantumi a fermare il capitalismo e i suoi alfieri, ma dovrebbe essere ancora più palese che passeggiare allegri, cantare, ballare e montare 20 tende sul ciglio della strada non solo sia inutile, ma è anche una idiozia che rende il sistema sicuro della sua immunità. Illusi, convinti di partecipare alla vita politica del paese tutt’al più prendono parte allo sciocco gioco dell’eventuale alternanza ai vertici dello stato. Ma come una vetrina che crolla in mille pezzi lascia nudi ed incustoditi i tanto agognati oggetti del desiderio, una vetrina in frantumi può far cadere la maschera alla società italiana. Ecco: ad essere nudi sono gli Indignati, indignati come mai; una bella marcetta allegra e colorata sarebbe stata la risposta adatta per spaventare un capitale che specula e affama e terrorizzare uno stato segregazionista, ma adesso queste cose passano in secondo piano, il vero nemico è l’uomo nero che merita indignazione e delazioni per non aver rispettato le regole del democratico dissenso. Giù la maschera per il mondo politico che si compatta in posizioni di condanna mostrando la sua unanime voglia di autorità e fascismo. Ma quanto valgono le sciocchezze pompate dai media in una campagna volta a demolire il dissenso, mentre qui fuori si continua a perdere il posto di lavoro, mentre si finisce in carcere per non avere un pezzo di carta, mentre non si sa come crescere la propria prole e come assicurargli quegli agi che luccicano dietro le vetrine di questo sistema di sfruttamento?

Non s’illuda chi pensa più ad attaccare i teppisti che a sferrare attacchi contro i criminali al potere un solco è stato tracciato e divide non da destra a sinistra ma dall’alto al basso, adesso siamo tutti a volto scoperto e possiamo benissimo vedere in faccia chi consapevolmente accetta di difendere un sistema al collasso e chi dall’altro lato chi userà ogni mezzo per riconquistare la propria vita.

Via! via! Fuori dal corteo! Queste le richieste urlate a gran voce da sindacati e partiti travestiti abilmente da indignati. Ma noi via non siamo andati semplicemente perchè non avevamo nessun luogo in cui andare, nessun posto dove rifugiarci, niente e nessuno che ci aspetta, nulla da perdere. Allora abbiam scelto di restare, abbiam preferito difendere una linea immaginaria per quattro ore, rischiando libertà e lutti piuttosto che andare a nasconderci nel buco dell’indifferenza e della rassegnazione dove ci volevate relegare. Cinquemila son pochi rispetto alle vostre centinaia di migliaia ma non rallegratevi, se son bastati a far capitolare una delle più potenti forze di polizia occidentali, pensate che noi diseredati cresceremo e sarem pronti a spazzare in breve quello che sessanta anni di buone maniere non hanno mai intaccato.



Everybody on the Black book

Come al solito, ci risiamo: black block, anarco-insurrezionalisti... tutta colpa loro: le devastazioni, le violenze, le cariche della polizia. Forse anche la crisi!
E allora, come al solito, la ricetta è la vecchia cara rassicurante bipartisan repressione: legge reale bis, daspo, terrorismo urbano. Uno strombazzamento mass-mediatico-populista tanto familiare al popolo italiano.
“IIIITALIANI!” Gridava Totò, Nostradamus di noialtri quando ci invitava a votare Antonio La Trippa. Solo che lui scherzava. Gli iiiitaliani lo fanno sul serio!
Il signor Votantonio crede ai giornali perché gli fa comodo star sulla “sua” poltrona (finchè non gliela pignorano), telecomando in mano credendo di poter scegliere tg1, tg2 o tg3 senza accorgersi che, stringi-stringi, sono uguali: “La prossima volta li arrestiamo prima!”, come se non fosse già successo!
La domanda nasce spontanea: perché non sono venuti ad arrestarci prima? Quanti sono gli anarchici in Italia iscritti sul black book?
Quando si constaterà che la collera è più grande, che gli scontri con la polizia e la distruzione delle vetrine delle banche, delle macchine di lusso e delle madonne avverrà lo stesso, a chi sarà data la colpa?
Qui c'è un solo colpevole, Signori: è chi ci ha portato ad un passo dal baratro, arricchendosi sempre di più con le “missioni di pace”, con la delocalizzazione delle grandi fabbriche, con la precarizzazione del lavoro, della salute, della vita, facendo tutto questo in virtù del consenso democratico.
Finché c'è miseria ci sarà malcontento popolare; finché c'è malcontento popolare ci sarà una piccola parte della popolazione, di solito la più giovane, disposta a battersi con coraggio e determinazione contro i padroni e i loro servi (sbirri e sindacati). A questa parte della popolazione, animata da una sincera critica contro questo sistema e da una naturale e conseguente collera contro gli strumenti dello sfruttamento (dallo sbirro, alla banca, alla ruspa), va la nostra solidarietà e l'invito a crescere e costruire nuovi modi di stare insieme: giovani, anziani, lavoratori, disoccupati, in piazza, in strada, nella vita di tutti i giorni, nei momenti più cupi come quando si è colpiti dalla repressione, nei momenti più belli come quando si caccia l'invasore!
In Piazza San Giovanni a resistere alle cariche delle Forze dell'Ordine non c'erano solo anarchici, ma migliaia di donne e uomini, gomito a gomito a difendersi, a contrattaccare un solo nemico: la violenza dello Stato.
NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO E NEANCHE LA REPRESSIONE CHE NE CONSEGUE!


Anarchici-black-block-on-the-black-book-neri-un-po'-fascisti-un-po'-comunisti-insurrezionalisti-facinorosi-tifosi-schifosi-e-pure-puzzosi-col-casco-in-testa-e-la-maschera-anti-gas-più-per-la-puzza-che-per-altro-e-tanto-altro-ancora


P.S.: scusate, ma in un momento in cui manifestano pure gli industriali con la Marcegaglia in testa al corteo e gli sbirri che piangono benzina, ridiamo per non piangere!

Di fronte ad un mondo in crisi che non ha niente da offrire non c'è più niente da chiedere.
Sbarazzarsi del cadavere dell'esistente od ostinarsi a tenerlo in piedi? Si tratta di una scelta di campo.
Sono anni che politici, media, sindacati arrivando fino ai leader antagonisti provano a convincerci ad incanalar! pàssivamen indignazione in sfilate oceaniche in cui ogni cosa è concertata con la polizia in modo da scongiurare qualsiasi possibilità di sommossa reale.

Il vento è cambiato.

Gli appelli alla calma illudono sempre di meno e la forza evocativa della rivolta torna ad essere una minaccia: un assalto a Montecitorio è realisticamente più probabile che l'ottenimento del reddito garantito.
Dalle strade della Grecia alle banlieues francesi, dalle insurrezioni arabe ai riot inglesi passando per le rivolte che travalicano lo studentismo come lo scorso inverno a Roma , a Londra e questo settembre in Cile, arrivando fino alle battaglie in Val Susa ed alle fiamme nei Cie, i linguaggi delle rivolte comunicano e s’impongono, pur con ovvie specificità e differenze.

Il 15 ottobre a Roma una farsa annunciata è stata l'occasione per un'esplosione di rabbia.
Rabbia che in un tripudio dionisiaco di spontaneità disorganizzata ma belligerante ha continuato ad ingrossarsi riempiendosi di giovanissimi. Meno di un centinaio di facinorosi, nel giro di poche ore si sono trasformati in alcune migliaia, attaccando, principalmente, alcune delle espressioni più concrete dello sfruttamento, espropriando e distribuendo generi alimentari e finendo per affrontare le forze dell'ordine.
Parlare di black block infiltrati, fascisti, paramilitari, professionisti della violenza, nella migliore della ipotesi significa fare un' analisi superficiale e strumentale di quanto accaduto in piazza.
Certo veder bruciare un'utilitaria, per altro accanto a dove sarebbe dovuto passare il resto del corteo, non fa piacere, eppure è difficile pensare che una camionetta dei carabinieri che va a fuoco con su scritto “Carlo vive" non commuova chi la violenza delle divise la sperimenta costantemente sulla propria pelle.

A seguito degli scontri di Roma sono state fermate venti persone. 12 arresti sono stati convalidati subito, 8 denunce sono partite nei confronti di minorenni. In un clima di linciaggio mediático, cavalcato anche da quei ruderi di movimento che
speravano di riciclarsi nelle liste di Vendola come indignados, è partita una vasta operazione su scala nazionale di “caccia al black block ed all'anarco-insurrezionalista”.
E' il solito ritornello: una rabbia che ha aggregato tantissime persone viene dipinta, per disinnescarne la portata di diffusione sociale, alla sola espressione di quegli anarchici che da sempre difendono l'azione diretta.

Dopo l'analisi dei filmati un'altra persona è stata arrestata. Polizia, mondo politico e capi degli indignados sono uniti contro la crisi che gli hanno creato i facinorosi verso i quali si sta scatenando un attacco senza precedenti. Tra gli indignati c'è anche chi istiga alla delazione invitando a consegnare le immagini dei rivoltosi alla polizia per agevolarla nell'identificazione auspicandone l'arresto in nome della “nonviolenza".
Curiosa questa concezione della “nonviolenza", che contesta le pratiche dei manifestanti “violenti" e applaude alle cariche della polizia.

Questa non è “nonviolenza” è connivenza con la violenza dello stato, è tifo per il suo monopolio.

Quello che vogliono presentare come un conflitto tra “violenti" e “nonviolenti”, è in realtà tra “manifestanti violenti”, che attaccano banche e polizia, e“nonviolenti” che attaccano, picchiano e consegnano alle forze dell'ordine i primi.
Non va dimenticato che prima degli scontri dello scorso 14 dicembre, sempre a Roma, uno di questi pacificatori ha colpito con un casco un ragazzo mandandolo in coma, solo perchè aveva tirato un mandarino contro un blindato della polizia.

All'ipocrisia di chi invoca la violenza dei servizi d'ordine per proteggere le banche rispondiamo rilanciando la solidarietà verso tutti gli arrestati, i fermati, i feriti ed i perquisiti a seguito del 15 ottobre.

Roma è stata un'occasione. Il futuro ne serberà sempre di più, i difensori di questa società lo sanno e non a caso si stanno attrezzando.
I tempi sono bui e l'ondata repressiva è stata pesante. Che così non si possa andare avanti ormai è sulla bocca di tutti.
I timidi sono troppi.
Che l'indignazione si trasformi in rabbia.
Di fronte alla certezza del baratro solo la rivolta apre spazi al nuovo ed al possibile.
II miglior modo di non rimanere passivi dinanzi alla “conflittualità indiscriminata" è indirizzare la rabbia verso i responsabili della nostra miseria: in tempi di guerra civile tifiamo per la guerra sociale.

Il 15 ottobre la rabbia è stata caotica e diffusa, in futuro bisognerà saper affinare la mira.


Anarchici


http://www.informa-azione.info/oltre_l039indignazione_la_rabbia

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