
Dai media di regime un articolo che riassume alcuni elementi del "terorema Pisanu" sull'eversione anarchica in Sardegna e aggiornamenti sulla situazione del compagno Luca Farris
fonte: la nuova sardegna
CAGLIARI. L'allora ministro degli interni Beppe Pisanu l'aveva detto e ripetuto in termini di certezza: in Sardegna vive e agisce una cellula importante degli anarco-insurrezionalisti, legata a filo doppio col terrorismo internazionale. Allertata la Digos, l'attenzione nazionale si concentrò sull'isola come se da un giorno all'altro tra ovili e muretti a secco dovesse scoppiare la rivolta armata contro lo Stato. Qualcuno lo chiamò teorema-Pisanu, un ragionamento basato su informazioni riservate che identificava l'area anarco-insurrezionalista sarda come l'epicentro di un sisma terroristico destinato a destabilizzare le istituzioni. Era l'inverno del 2004 e dalle parole infuocate di Pisanu agli arresti il passo fu breve: il sostituto procuratore della Dda Paolo De Angelis chiese dieci misure cautelari.
Per gli appartenenti al gruppo anarchico Fraria le accuse erano pesantissime: aver promosso, costituito e organizzato un'associazione sovversiva. Dei dieci, il 19 maggio 2005 sette andarono agli arresti domiciliari. A questo gruppo venne attribuita dalla Procura cagliaritana l'organizzazione di una lunga serie di attentati messi a segno a Cagliari tra l'ottobre del 2003 e il giugno del 2004: un pacco-bomba esploso alla stazione dei carabinieri di Stampace, un'auto dell'Arma danneggiata in via Garigliano, minacce, spintoni e botte a quattro militanti di Azione Giovani in via Cocco Ortu, un ordigno incendiario esploso davanti all'ufficio politico del consigliere regionale Giorgio Balletto di Forza Italia, una lettera minatoria al forzista Piergiorgio Massidda e ancora un attentato alla sede elettorale di Giorgio La Spisa.
Tornati in libertà tutti gli indagati, l'inchiesta è rimasta ferma negli uffici della Procura sfidando i tempi della prescrizione, lunghissimi per questo genere di reati. A rallentare gli ultimi atti del procedimento lo scontro tra Procura e difensori sull'uso e sulla trascrizione delle conversazioni intercettate, materiale rimasto in gran parte ignoto che conterrebbe elementi d'accusa importanti. Solo che a sette anni dagli arresti, che sembravano confermare l'allarme lanciato dal ministro Pisanu, il faldone dell'inchiesta sugli anarco-insurrezionalisti è rimasto inesorabilmente chiuso: non c'è ancora la richiesta di rinvio a giudizio, soprattutto sembra che gli anni trascorsi abbiano sepolto anche i timori che la Sardegna fosse quello che Pisanu denunciava.
Ma c'è un caso che documenta in modo ancora più chiaro come spesso le istituzioni si difendano con accanimento e spiegamenti di forze da pericoli che poi si rivelano inconsistenti: è quello di Luca Farris, un giovanotto oggi trentunenne, che tra la fine del 2003 e i primi mesi del 2004 tenne in scacco l'antiterrorismo nazionale lanciando nella galassia eversiva una sigla inquietante: Asai. Il ministro Pisanu la citò più volte nei suoi preoccupati interventi pubblici, catalogando i misteriosi militanti dell'Asai tra i più pericolosi anarco-insurrezionalisti del panorama nazionale. In realtà l'Asai non era altro che Farris, un ragazzo che si vantava delle sue imprese, piccoli attentati con ordigni rudimentali, parlandone al telefono con la fidanzata.
Arrestato il 3 febbraio 2004 poche ore prima che il premier Romano Prodi arrivasse a Cagliari, il ragazzo di Assemini confessò ventidue azioni «eversive», tra cui una lettera esplosiva spedita proprio a Prodi e le minacce al presidente Ciampi, che avevano messo in subbuglio l'apparato dell'antiterrorismo. Nessuna cellula eversiva però: il 25 maggio scorso, dopo quattro processi, Farris è stato condannato definitivamente a sei anni di carcere ma senza l'aggravante dei fini terroristici. Insomma una sequenza di atti artigianali, certamente gravi, ma nulla a che vedere con le misteriose organizzazioni anarchiche internazionali.
Sulla condanna di Luca Farris [da nuova sardegna 26 maggio 2011]
CAGLIARI. E’ diventata definitiva la condanna a sei anni di reclusione per Luca Farris, il trentunenne di Assemini arrestato il 3 febbraio 2004 dopo una sequenza di ventidue piccoli attentati, tra cui una lettera esplosiva al presidente del consiglio Romano Prodi e le minacce all’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che aveva messo in allarme l’apparato dell’antiterrorismo. Condannato in primo grado il 12 dicembre 2008, il giovane s’era visto aumentare la pena in Appello: i giudici, su ricorso della Procura, gli avevano riconosciuto infatti anche il fine terroristico. Ma la Corte di Cassazione ha accolto le tesi del difensore Carmelino Fenudi ed ha annullato senza rinvio la sentenza di secondo grado confermando di conseguenza la prima. Per il giovane di Assemini tornano in ballo i benefici ottenuti in tribunale, tra cui i due anni coperti dall’indulto.
Farris ha confessato i ‘colpi’ spiegandoli con la volontà di portare l’attenzione generale sui problemi sociali e sul tema della guerra. Ma per la Procura e la Corte d’Appello era colpevole del reato stabilito all’articolo 280 bis del codice penale: atti di terrorismo con ordigni micidiali. Fra le parti offese, oltre a Ciampi e Prodi, il prefetto Antonio Orrù, la Provincia di Cagliari, il capo della Digos Piero Arangino, il comando regionale dei Carabinieri, il comune di Decimomannu, l’azienda Emmezeta e la chiesa di San Pietro. Tutti colpiti da azioni di piccolo cabotaggio oggetto per mesi di un’intensa attività di indagine e di intelligence ancorata alla convinzione che a compierli fosse - come sosteneva l’allora ministro degli interni Beppe Pisanu - un’organizzazione di anarco-insurrezionazionalisti chiamata Asai. Invece dietro gli attentati c’era solo Luca Farris.
http://www.informa-azione.info/sardegna_dal_teorema_pisanu_alla_condanna_di_luca_farris

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