venerdì 4 novembre 2011

Uso di carri armati ed armi da guerra in ordine pubblico. Ecco le norme.


Uso di carri armati ed armi da guerra in ordine pubblico. Ecco le norme.

Abrogato il decreto ministeriale che regola l’uso delle armi pesanti in ordine pubblico da parte dei militari.
Creato il vuoto legislativo, ora tutto è possibile.

Di Valerio Mattioli

http://valeriomattioli-opinioniecommenti.blogspot.com/2011/10/uso-di-carri-armati-ed-armi-da-guerra.html

Quando frequentavo il corso per allievi carabinieri era forte l’emozione di portare una divisa che, fino ad allora, appariva come un sogno difficile da raggiungere. E così dovette essere anche per i miei colleghi il cui portamento, spesso, una volta indossata la nuova uniforme, era pari a chi sfilava in passerella per presentare capi di vestiario all’ultima moda.

Non vi era ancora la consapevolezza del ruolo che tale capo di vestiario avrebbe fatto assumere ai vari aspiranti, né la piena conoscenza dei doveri imposti da uno status, spogliato del lato romantico e poetico, capace di far sognare ragazze nubili e fidanzate che volentieri sospiravano al passaggio di questi allievi carabinieri non ancora avvezzi a realtà operative ove le luci fanno fatica a crearsi un varco tra le tante ombre che, come fantasmi, si aggirano per i corridoi delle caserme.

Un bel giorno, uno di questi fantasmi prese la forma di un collega che, allo scopo di smorzare i sorrisi compiaciuti di tanti allievi carabinieri, evidentemente soddisfatti per la nuova vita che li attendeva, quasi tirando per il bavero ognuno di loro, ripeteva la stessa domanda, con voce ferma e decisa: «se ti fosse comandato, spareresti sulla gente in ordine pubblico?». Ricordo che tutti, a tale domanda, rispondevano indistintamente allo stesso modo: con il silenzio. Un silenzio che prendeva il posto di un malcelato orgoglio; un silenzio che non poteva mascherare alcun vuoto interiore, giacché la sua peculiarità era il nulla più assoluto.

Mistero sulle norme che regolano l’uso di carri armati ed armi da guerra in ordine pubblico.

Era il 1979, gli scontri di piazza degli anni ‘77-’78, avevano lasciato una strascico pesante e, andando a ritroso fino alla fine dell’ultima guerra, la scia di sangue era veramente lunga, senza che nessuno sapesse quali fossero le norme che regolano l’uso delle armi da guerra in ordine pubblico, comprese bombe a mano e carri armati.

Non esistono delle vere e proprie norme giuridiche che delimitino l’uso delle armi pesanti in ordine pubblico, ma disposizioni interne per lo più classificate riservate o segrete e quindi inaccessibili ai comuni mortali. Se esistessero delle leggi vere e proprie, esse sarebbero gravate dalla necessaria pubblicità, propria di uno stato di diritto, ma che mal si coniuga con l’ambiente militare, ove la trasparenza, talvolta, sembrerebbe apparire compressa al punto tale da essere fine a se stessa con lo scopo, non dichiarato, di creare una ulteriore e più marcata differenziazione col mondo civile, intesa a radicare ulteriormente il cittadino in divisa nella sua condizione ed a renderlo maggiormente consapevole della sua appartenenza all’organizzazione-mamma. In altre parole, più sono marcate le differenze col mondo civile, più il cittadino militare è portato a difendere l’ambito nel quale esplica la sua attività lavorativa, solo perché, attraverso artifici particolari, egli viene indotto a riconoscersi totalmente nell’organizzazione, a farne l’apologia, anche quando fossero evidenti a lui stesso tutti quei difetti che, altrove, cancellerebbero ogni dignità ed i fondamenti stessi del vivere civile.

Va preliminarmente considerato che per l’uso delle armi pesanti in piazza, i militari agirebbero secondo due direttrici intese ad assicurarsi la copertura giuridica e quella politica. Non si deve cioè credere che l’eventuale ordine di sparare sui manifestanti con armi da guerra venga dato dal solo livello militare, la cui autonomia, in detta situazione è molto limitata, ma attraverso una sinergia con l’elemento politico che, in ultima analisi è il vero ed il solo a premere il grilletto. La cosiddetta primavera araba che sta portando dei cambiamenti in contesti geografici del mondo prima battuti dalle dittature ci rende evidente tutta la gerarchia di comando che dall’elemento politico arriva ai carri armati che, poi, dovranno far fuoco sulle piazze. In tale contesto, non è stato raro che un numero imprecisato di soldati che si sono rifiutati di eseguire tali nefandi ordini, siano poi stati giustiziati dai loro ufficiali. Ma tutto questo potrebbe accadere anche da noi? Questo lo vedremo tra poco, analizzando passo dopo passo tutte quelle norme che abiliterebbero i militari a comportamenti così estremi.

In tema di un eventuale accesso alla documentazione che riguarda l’ordine pubblico, già la legge 241 del 1990 sulla trasparenza amministrativa, stabiliva un limite con l’art. 24 comma 6, punto c), che sanciva il diniego "quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico". Inoltre il decreto del ministero della difesa nr. 519 del 1995, oggi abrogato dal codice dell’ordinamento militare, prevedeva all’allegato nr. 2, punto 9) la sottrazione, per un periodo massimo di cinquant’anni, praticamente a morte avvenuta dell’interessato o della sua eventuale sopraggiunta incapacità psichica, di "atti e documenti concernenti l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi di polizia, ivi compresi quelli relativi all'impiego ed alla mobilita' di contingenti di personale dell'Arma dei carabinieri, nonché i documenti sulla condotta del personale rilevanti ai fini di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e quelli relativi ai contingenti delle Forze armate poste a disposizione dell’autorità di pubblica sicurezza".

È di tutta evidenza, quindi, l’interesse non solo dello Stato, ma anche della compagine militare a mantenere la più stretta opacità sulle norme che regolano il comportamento delle Forze Armate in ordine pubblico.

A riprova, però, della circostanza che i mezzi più estremi di contenimento dei disordini in ordine pubblico non sono esperibili senza una contiguità politica, i militari, nel 1973, redassero una pubblicazione non riservata né classificata concernente il "Regolamento sul Servizio Territoriale e di Presidio" e lo presentarono all’allora ministro della difesa che, con decreto del 19 maggio di quell’anno, lo approvò.

Il Regolamento sul Servizio Territoriale e di Presidio è stato in vigore fino all’8 ottobre 2010, quando, con l’art. 2269, comma 1, punto 212), del Codice dell’Ordinamento Militare, è stato abrogato, determinando un vuoto legislativo dagli effetti peggiori di quelli enunciati dalle fattispecie che andrò ora ad analizzare. Infatti, l’abrogazione del citato decreto ministeriale, se non è sostituito da altro dispositivo di legge che proibisce determinati comportamenti o, almeno, li limita, di fatto li ammette con il sostegno esplicito dell’art. 53 del codice penale, sull’uso legittimo delle armi.

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http://italy.indymedia.org/node/1872

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