venerdì 11 novembre 2011

vita da black block...dall'espresso


(estratto dalléspresso-stampa borghese)

Vita da black block
A proposito della vita ribelle di alcuni anarchici
e della vita da stronzi di sbirri e giornalisti

Sull’Espresso del 10 novembre è comparso un articolo intitolato “vita da black block”, composto dalla palese collaborazione del giornalista Lirio Abbate con la questura di Bologna, in cui si opera una ricostruzione delle “storie di vita” di alcuni anarchici bolognesi. Estrapolando alcune intercettazioni dall’enorme faldone della “associazione a delinquere” con cui li si vorrebbe incatenare, è stato costruito un infame lavoro in perfetto stile “taglia e incolla” tipico guarda caso di molte inchieste che hanno colpito vari gruppi di anarchici in Italia negli ultimi anni. Tale operazione è ovviamente da inserirsi nella canea mediatica in seguito ai cosiddetti “fatti di Roma del 15 ottobre”, in cui è stato rovinato il teatrino politico orchestrato dall’ennesimo mostro della società civile, i famosi “indignados”. In cerca di un qualsiasi capro espiatorio su cui riversare la colpa di quegli accadimenti, che sfuggono alle previsioni ed alle analisi di sociologi ed opinionisti vari, si è andati a scovare gli anarchici, nonostante essi non siano stati gli unici “arrabbiados” che hanno incendiato Roma. Evidentemente si ha paura che tale rabbia dilaghi. Gli anarchici non nascondono la loro voglia di ribellione, ed il loro piacere quando finalmente viene restituita un po’ di quella violenza che quotidianamente polizia e politicanti impongono. Ma la volontaria miopia di chi sa leggere solo una cieca furia, un desiderio di sprangare il prossimo fra chi non tollera più un mondo composto da potere ed autorità, rivela la volontà (anche se espressa in maniera goffa e ridicola) di mantenere quella violenza su cui si regge lo Stato nelle sue angherie quotidiane. Un bieco tentativo, mosso insieme ad altre operazioni più chiaramente repressive, di arginare quella pericolosità che gli anarchici, purtroppo solo potenzialmente, hanno.
Il 12 dicembre si terrà a Bologna l’udienza preliminare di un processo che vede giudicare 27 anarchici per una serie di presidi, manifestazioni, scontri con la polizia e piccole azioni di disturbo specialmente nei riguardi del Centro di Identificazione ed Espulsione di Bologna, considerati nel gergo statale “crimini” operati da una fantomatica “associazione a delinquere finalizzata all’eversione dell’ordine democratico”. La mancanza di quelle piccole formalità chiamate prove, riguardo questi ed altri accadimenti (quali sabotaggi notturni avvenuti a Bologna negli ultimi anni) non preoccupa gli inquirenti, che inevitabilmente vedono questi compagni come i fautori o quantomeno i difensori di tali azioni. Ancora una volta, quindi, non importa cosa si è fatto, ma importa cosa si è e cosa potenzialmente si può fare. Ma se sbirri e giornalisti credono ad esempio che chi difende un esproprio come pratica di riappropriazione deve per forza averci a che fare, perché non possono credere che chi dice una cazzata in una notte delirante come “dobbiamo togliere terreno a Forza Nuova, dobbiamo andare a menare dei froci”, ¬¬¬¬diventi improvvisamente un picchiatore, posseduto da una violenza indiscriminata? Diventano violenti e pure paranoici perché sempre alla ricerca di microspie. Ma se vengono orchestrati interi processi partendo da tali cazzate!
Sbirri e giornalisti fanno una vita da stronzi, ma non sono stupidi. Sperano che tra i geniali lettori dell’Espresso vi sia chi non si avvede della lieve differenza che sta fra dire una cosa e farla. Così questi anarchici, dopo anni di lotta contro i CIE, tentano di picchiare pakistani e sfregiare donne musulmane. Una compagna “sembra essere alla ricerca di una pistola”, un altro “potenzialmente è in grado di porre in essere azioni di natura eversiva”. Detta da chi è votato alla violenza non sembra più una congettura. Non avere abitualmente un gergo politicamente corretto, o sperare di vincere alla lotteria un carro armato per buttare giù le mura di un CIE, diventa un’arma in mano alla magistratura.
Forse questo Lirio Abbate è veramente un coglione, e pensa lui stesso che una psicologa abbia fagocitato stuoli di giovani figli di papà senza cervello con la violenza come unico mezzo e unico fine. Ignora probabilmente che vi sono persone che hanno disertato la loro classe di provenienza, che hanno una etica che gli fa riconoscere quale mezzo utilizzare in ogni circostanza (che si può fare, caro Abbate, contro branchi di fascisti in divisa assetati di sangue che imperversano nelle strade?), e che tentano di lottare per la libertà contro la sopraffazione degli uni sugli altri? Forse la gente come Abbate non scherza con gli amici e non sogna di ammazzare Maroni e Di Pietro. Ma di certo, è un infame. Preoccupa che chi scrive in tale maniera abbia carta bianca e possa raggiungere tanta gente, mentre i nostri scritti non raggiungano che pochi intimi, ma per il resto, la nostra vita ribelle vale molto di più che la loro vita da stronzi.
Alcuni violenti e paranoici

http://italy.indymedia.org/node/1985

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