martedì 1 novembre 2011
Federico Buono – La spersonalizzazione dell’individuo
“Prima di tutto infrangi e distruggi questo mondo, vediamo poi se l’altro sorge.” J.W.Goethe
La vita “vera”, quella vissuta, ha bisogno di propulsività.
Bisogna infrangere una realtà sociale fatta di zombie automizzati.
Tramutare il “noi siamo”, in “io voglio”.
Tradurre in termini di presa di posizione politica il proprio vissuto quotidiano.
Un muro fatto di vacua moralità erige e determina le proprie pulsioni vitali.
L’istinto guida non ci appartiene più, soggiogato da quello che è la società artefatta.
Non te ne accorgi, ma il veleno è inoculato in maniera sistematica. Quello che percepisci non è più l’orizzonte ma un limite…
Il “limite invalicabile” diventa la tua esistenza. Anche solo dopo pochi giorni la tua mente si assesta sul confine tra le sbarre e un muro di cemento.
L’adeguamento alle norme dominanti, non sarebbe possibile senza un lavoro di assuefazione alla normalità.
Quello si cui conta il Dominio è un sistematico annullamento delle percezioni visive
mentali che si hanno all’esterno…
“La vera vita è assente,noi non siamo al mondo.“A.Rimbaud
Il ripercorrere quello che ho vissuto e percepito dal momento del nostro fermo, è complicato quanto visualizzare qualcosa che non esiste.
La realtà si ribalta completamente in un nano secondo.
Catapultato in un cella di pochi metri quadri “la tua vita è assente”…
Il potere si perpetua appunto perché realizza attraverso la subordinazione concretizzata in uno spazio tempo limitato.
Quando lo sbirro mi sbatteva contro il muro e mi dava pugni e calci solo io potevo fissare
quello che stavo vivendo.
Le pressioni psicologiche in assenza del potere legale (avvocati, g.i.p. e gli stessi secondini),
trascinava gli eventi in un vortice di annichilimento del proprio vissuto senza una via d’uscita!
In quel momento la mia esperienza esistenziale e il mio “sentire” in termini rivoluzionari, e la mia determinazione a non cedere, mi hanno permesso di opporre un ostinato rifiuto e silenzio alla sudditanza psicologica che vivevo in quel momento.
“Ciò che fa l’enigma (della traccia), è l’interconnessione tra una relazione di casualità e una relazione di significanza. Seguire una traccia, risalire una traccia, consiste praticamente nell’effettuare una fusione dei due aspetti della traccia, nel costituirla come effetto-segno.”
L’enigma in quelle 15ore nella cella di sicurezza, era la percezione di cosa era successo:
La relazione di casualità era, il lavoro degli sbirri o cos’altro?
Solo la forza psico attitudinale ti permette di non cedere, anche se questa deve essere vagliata e analizzata ogni giorno da prigioniero.
Chi aveva dei sogni fuori li tramuta in incubo una volta dentro!
Quello che rimane dentro di te sono le esperienze vissute.
L’istinto di attitudine vitale viene sminuzzato a favore di un acquiescenza determinata dal dominio.
L’annullamento della volontà propria si tramuta in annullamento di ogni gesto “naturale”.
Lo sciame umano nei cortili si muove in maniera sistematica con un andamento lineare.
Questo “movimento” non può e non deve essere fermato.
Là inizia l’assuefazione al carcere e la dominazione dei propri istinti vitali (sempre che c’è ne siano)!
La meccanizzazione dei movimenti riduce lo spazio di rivolta, andando a determinare la pacificazione delle menti e dei corpi all’interno di una struttura coatta.
L’assunzione di droghe medicinali abbassa il livello di aggressività, pronto a esplodere ad ogni minimo gesto aspetto che nella realtà esterna sarebbe superfluo.
In cella a San Vittore, la gente litigava anche se non potevano guardare un film: Il canale era sempre lo stesso, i film anche, ma la ripetizione era la vita stessa dei miei compagni di cella!
“L’insignificante”, è la parte predominante della vita del carcere.
Anzi, quello che è superfluo nella realtà diventa fondamentale.
I riti arcaici riportano a una società fatta di onore e rispetto.
Le rivolte e la distruzione delle celle e delle carceri, in un prospettiva di ribaltamento dell’ordine costituito, sono uno spento e lontano ricordo.
La sistematica presenza costante e l’attaccamento a immagini visive di santi, sulle pareti
di ogni cella, ma anche di ogni ufficio o sui muri in generali, attratti da padre pio o il papa, la madonna, permeano ogni centimetro quadrato del “mostro” carcerario.
La sostanziale differenza tra guardie e detenuti, è dettata più da un ruolo, che dalla contrapposizione.
Le guardie-quando io sentivo le voci arrivavano alla mia cella-parlavano con i detenuti di reati, di cosa uno aveva fatto e come era possibile uscire dal carcere, con determinate logiche di adeguamento e accettazione delle leggi sulla condotta.
Insomma sul premio, in ambito di anni da evitare, sfruttando determinate regole.
Il potere perpetua il proprio dominio attraverso la stabilizzazione di determinate regole non scritte che la massa detenuta accetta come moto proprio.
Ogni raggio ha un capo. Ogni cella ha il capo branco. Chi arriva prima o chi sa imporsi determina il fluire degli eventi nella cella.
La percezione di questa struttura repressiva è l’intricata ragnatela psico attitudinale in cui l’individuo deve entrare.
Uno deve incominciare a prevedere certi aspetti di chi ha davanti:
“Il carcere è come un palcoscenico.”
Tutto si basa su chi sei, cosa dici, come lo dici, chi conosci.
Nei sensi si affinano: l’udito percepisce le voci, lo sbattere delle porte e delle maledette chiavi.
Intercetta chi sta arrivando. Capta una voce che potrebbe parlare di te.
L’olfatto annusa l’aria fatta di metallo, caffè e cibo condito.
La paranoia positiva è essenziale, anche per capire chi ti dice qualcosa, cosa vuole intendere.
A Cremona prima di entrare a l’aria ti passavano il metal detector addosso e ti chiedono nome e cognome, segno di passate risse se non accoltellamenti. Per una settimana intera non ci arriva niente e non sappiamo nulla dell’esterno. Tutte le lettere mi arrivano con ritardo notevole. Loro dicono che sono le poste, ma quando passo dall’ufficio dove tengono i pacchi, mi accorgo che li tengono fermi apposta!
Tutto sotto il rigido controllo della direttrice!
Sei sempre in osservazione…
Il “tempo” è dettato dallo scandire del passaggio del carrello/vitto, dalla battitura delle sbarre e dall’uscita nel cubicolo di cemento.
A Cremona noto nei corridoi la presenza costante di orologi attaccati al muro, in cui ognuno ha un ora diversa.
All’inizio non capisco, ma poi svelo l’arcano segreto:sono messi apposta per farti perdere la cognizione del tempo.
A me a volte, quando la tv-incastonata in una gabbia di ferro e dal colore blu-viene accesa la mattina, sembra di vedere, nei canali un ora diversa. Il dubbio e la paranoia di incominciare a …
La struttura piramidale non crolla se prima non si distruggono i propri schemi mentali!
Questa è la spersonalizzazione dell’individuo!
“Ovunque fango, diluvio del cielo Nero tavola sognata dal nero Ezechiele”
C.Baudelaire
http://culmine.noblogs.org/post/2011/11/01/federico-buono-la-spersonalizzazione-dellindividuo/#more-11018
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