sabato 5 novembre 2011

Il Congresso Internazionale Anarchico del 1907 - Prefazione --(2)


Prima parte
http://ienaridensnexus.blogspot.com/2011/10/il-congresso-internazionale-anarchico.html

Il problema del sindacalismo, quindi, era il punto principale del Congresso. Eppure, nonostante questo, si ha l'impressione, leggendo la stampa anarchica durante il periodo precedente al congresso, che c'era qualche reticenza su tale questione.
Forse era la paura di influenzare il risultato dell'iniziativa, mettendola troppo in risalto, che ha portato a un'importante enunciazione come "sindacalista anarchico", come Fuss-Amoré insisteva sulla natura "anarchica" piuttosto che sulla natura "operaista" (a differenza di Delesalle nel 1900) del congresso (dove "operaista" significava semplicemente sindacalista)?(33)
Perché Cornelissen, che aveva anche cercato di portare Pouget e Yvetot ad Amsterdam e aveva poi "ripiegato" su Monatte (34), aveva minimizzato il problema? (35)
Perché allora la polemica che era emersa durante il Congresso, e ancor più dopo il congresso, non emerse in anticipo?

Il fatto che Herzig usò la "propaganda sindacalista" nella chiamata iniziale per il congresso e che la Fédération Communiste-Anarchiste de la Suisse Romande aveva interpretato la nuova Internazionale come un'Internazionale del Sindacalismo anarchico (36), non era del tutto insignificante. L'unico a intervenire su questo argomento, e che ha esplicato con grande chiarezza, è stato Amédée Dunois, tra il Dicembre 1906 e Luglio 1907. L'argomento di Dunois era iniziato con la consapevolezza dell'esistenza di due correnti distinte all'interno dell'anarchismo:
"un certo tipo di anarchismo teorico, che si occupa in generalizzazioni astratte" - una sorta di anarchismo che, ad esempio, nella primavera del 1906 lottava per la giornata di otto ore (37) - che lui ha descritto come "pura", e l' "operaismo anarchico" che, "senza mai abbandonare il solido terreno della realtà concreta, si dedica costantemente all'organizzazione del proletariato, alla luce della rivolta economica, altrimenti nota come la lotta di classe." Questo secondo tipo, però, non era, agli occhi di Dunois, semplicemente una delle varietà che l'anarchismo sembrava essere diviso, anche se era la vera e autentica interpretazione del "rivoluzionario anti-autoritario del comunismo", era la continuazione del collettivismo dell'Internazionale Bakuninista che, persa nella tempesta reazionaria a seguito della Comune e dell'onda "individualista" degli anni Novanta, era ricomparsa al momento delle prime proiezioni del sindacalismo rivoluzionario: e quindi l'aspetto "pratico" dell'anarchismo (38).

Era stato quindi necessario mettere da parte tutte quelle non originali (per non parlare anacronistiche) forme di anarchismo, e garantire che l'anarchismo potesse avere una radice solida nelle organizzazioni di classe e diventare un'avanguardia per il movimento operaio, il cui compito non era quello di dirigere il movimento "ma di capirlo, di ispirarlo e di illuminarlo nelle tenebre [da cui era circondato e per portarlo] nel suo futuro" (39). Tutto questo non significava che sarebbe stato superfluo perché vi era "un gruppo di opinione", "un movimento particolarmente ideologico", in altre parole un movimento specifico, distinto dall'organizzazione dei lavoratori. Al contrario. Dunois era convinto che il sindacalismo di per sé non era sufficiente, e proponeva la creazione di una rete di gruppi anarchici (e quindi con una precisa posizione ideologica), i quali sarebbero stati in grado di svolgere la funzione particolare dell'avanguardia senza in alcun modo danneggiare l'autonomia delle organizzazioni dei lavoratori.(40)

Gli articoli di Dunois sono stati forti abbastanza per essere visti anche come un po' provocatori. Ma anche loro non suscitavano alcuna risposta. Ma poi, a parte un certo tono esclusivista, non c'era nulla in loro che non era stato condiviso da gran parte del movimento. Già da tempo, sia in Italia (soprattutto attraverso l'opera di Luigi Fabbri) e in Francia (Caughi, Pierrot, Goldsmith), la continuità tra l'Internazionale Bakuninista e il sindacalismo rivoluzionario, era apertamente dichiarato (41). Anche Kropotkin aveva sostenuto questa idea (42) poco prima dell'apertura del Congresso. Se non altro, le polemiche si sono concentrate su quelle forme di sindacalismo di origine marxista (Leone, Labriola, etc in Italia e Lagardelle in Francia) che avevano negato qualsiasi collegamento tra l'anarchismo e sindacalismo. Certo, Dunois sembrava dare grande priorità per l'organizzazione sindacale più specifica, ma poi concordava con Fabbri (43) e Bertoni e Pierrot che non erano lontani nel condividere tale nozione (44). Ora, con il senno di poi, noi possiamo fare una serie di differenze nelle varie tendenze, che esistevano non tanto in quanto è stato detto [finora], ma in ciò che non è stato detto. Se prendiamo in considerazione il suo successivo sviluppo, Dunois probabilmente la riteneva di secondaria importanza, anche se non ha messo in dubbio l'aspetto ideologico, la cui continuità e la sopravvivenza era una questione per i gruppi di opinione.
Che cosa, allora, era responsabile - soprattutto in Francia - per far rivivere quello "spirito" anarchico su cui tanti concordavano?
Certamente l'ingresso, non semplice ma coerentem di quei militanti "storici". Più che altro, è stato il fatto che un numero crescente di organizzazioni dei lavoratori avevano adottato pratiche libertarie nelle lotte (rifiuto della mediazione, l'autonomia di classe, anti-istituzionalismo, e così via), e anche quello che era conosciuto come azione diretta. Fondamentalmente, l'anarchismo non poteva che portare l'anarchia se diventava un elemento essenziale della condizione dei lavoratori e del relativo comportamento e non a causa di qualsiasi valore intrinseco. A questo punto era difficile pensare che qualcuno come Fabbri, o Bertoni, o anche Kropotkin, potesse essere d'accordo.

In realtà, una posizione come [quella] Dunois trovava la sua giustificazione in una lettura precisa della situazione politica del momento, anche se faceva, forse, troppo affidamento su questa [situazione]. Perché l'anarchismo in quegli anni sembrava attraversare una rinascita? Per una serie di motivi, ma soprattutto a causa della situazione internazionale generale, che ha visto quello che era sostanzialmente una situazione economica favorevole, con una classe operaia in attacco e di pari passo con una situazione politica sempre più instabile. È un dato di fatto, con il nuovo secolo e in particolare dopo il 1902-03, chè la qualità delle lotte operaie diventava decisamente amara. Forse era la coscienza di una nuova forza (la massiccia espansione dei sindacati) che aveva scatenato un'ondata di richieste che era stata senza precedenti. Quest'onda colpiva quasi tutte le nazioni europee per un periodo di tempo con scioperi generali e scioperi di massa. Se gli scioperi sono stati per il suffragio universale (come in Belgio e Svezia), o per difendere il diritto libero di sciopero (come nei Paesi Bassi), o per protestare degli oltraggi contro il proletariato (come in Italia), essi colpivano e andavano direttamente contro lo Stato. Questo aumentava e portava a un progressivo aumento d'antagonismo tra i lavoratori e lo Stato. Poi, nel 1905, con gli eventi in Russia chè ricordava a tutti in Europa che qualcosa che sembrava essere sopravvissuto solo nei cuori dei pochi -la rivoluzione- era dopo tutto possibile, ma con il rischio crescente di una guerra sulla scia della prima crisi marocchina, e il livello dello scontro era salito vertiginosamente. L'anti-militarismo era diventato sempre più un elemento di agitazione. Ancora una volta lo Stato è stato visto come un nemico di classe. Questo spiega la diffusione di tale "spirito" anarchico di cui abbiamo parlato prima, e della ripresa alla organizzazione anarchica. Infatti non è stato un caso che le Federazioni nazionali tedesche, ceche, olandesi e belghe sono nate dopo la rivoluzione russa nel 1905 e che, in generale, le organizzazioni sindacaliste rivoluzionarie (il Ceská Federace Všech odboru, la CGT belga e la Fédération des Unions ouvrières della Svizzera Romanda) sono state istituite prima di queste.


Da tutto ciò, si poteva dedurre che la crescita del movimento anarchico è dipesa in qualche modo dalla situazione generale. E' stata la radicalizzazione del movimento operaio che aveva dato all'anarchismo un alito di vita e non viceversa. Ma una tale radicalizzazione ha avuto luogo anche (non solo, ovviamente) grazie agli strumenti di lotta che la pratica sindacale offriva, in particolare lo sciopero generale, la cui enorme carica di spontaneità -che era poco controllabile dal tipico centralismo di organizzazione- era stata in grado di lanciare una Seconda Internazionale, la cui strategia era in crisi da tempo. Ciò ha portato alla conclusione tratta da alcuni settori del movimento, che l'anarchismo doveva essere sindacalista o altro per non rischiare l'estinzione. Come abbiamo detto prima, però, nulla di tutto questo è venuto alla luce prima del Congresso, il quale si era aperto in un clima di apparente unità. E' inutile fare qui il punto di tutto quello che è stato detto al Congresso, come è documentato nel rapporto successivo. Ci limiteremo alla questione del sindacalismo. E' cosa ben nota dalla storiografia contemporanea, in particolare quella francese, e precisamente dal lavoro di Maitron (45) al recente "Colloque du Creuzot" (46), che il Congresso di Amsterdam ha segnato il distacco decisivo tra l'anarchismo "ortodosso" e il sindacalismo, il quale quest'ultimo di anarchico non aveva più nulla. Questa visione consentì a Rolande Trempé di immaginare Malatesta, [a differenza] di tutte le persone, nel dire a Monatte: "Non sei più un anarchico" (47)

Si tratta di un'interpretazione che, in realtà offre poco conforto. Il discorso di Monatte era certamente interamente avvolto nella questione del sindacalismo, una sorta di inno al sindacalismo e alla CGT. Ma era lo stesso Monatte che, durante il dibattito successivo, aveva affermato: "Come tutti gli altri qui, il nostro obiettivo finale è l'anarchismo" e che più volte riaffermava la validità del "suo" anarchismo. Per quanto riguarda Malatesta, aveva effettivamente dichiarato in un articolo che fu pubblicato in varie riviste, e di cui aveva aggiunto come prefazione il rapporto del Congresso di Fabbri (48):
"Sono convinto, ..., che Monatte e il gruppo di "giovani" sono sinceramente e profondamente anarchici tanto quanto qualsiasi compagno barbuto vecchio." Ma, più che il discorso di Monatte, che spesso evitava il problema, è stato il rapporto di Dunois in materia di organizzazione, che era la cosa fondamentale in quel momento.

In realtà, non va dimenticato che lui era sul lato sbagliato della maggior parte degli attacchi pre-congresso e delle polemiche post-congresso. Per quanto riguarda il problema della specifica organizzazione (un elemento centrale, come sarebbe diventato chiaro in seguito, anche questo), Dunois aveva continuato da quello che era stato detto negli articoli precedenti. Ma egli aveva introdotto un nuovo elemento parlando di "sindacalisti" che erano "ostili - o almeno indifferenti - a tutta l'organizzazione sulla base di una identità di aspirazioni, sentimenti e delle organizzazioni" e di "anarchici sindacalisti", tra i quali lui stesso incluso, "che volentieri assegnavano il primo posto nel campo d'azione al movimento operaio" (senza però rifiutare uno "specifico movimento anarchico") con "la propria azione, da effettuarsi direttamente".

E' vero che poi ha tentato di ridurre la differenza di un malinteso con la forma di quest'ultimo ("Questo è come parlare con i sindacalisti. Ma io non vedo dove le loro obiezioni sono valide contro il nostro progetto di organizzarci., Al contrario, vedo che se fossero valide, sarebbero anche contro l'anarchismo stesso, come una dottrina che cerca di distinguersi dal sindacalismo e rifiuta di lasciarsi assorbire"). Ma è altrettanto vero che la sua posizione non era un caso isolato. Infatti, era proprio quello che Fabbri sosteneva da qualche tempo (Fabbri aveva spesso ripubblicato gli articoli di Dunois ne "Il Pensiero" e fu il solo a pubblicare altri articoli di Dunois, sempre ne "Il Pensiero"). Né era lontano dal pensiero di Bertoni e Wintsch, che nel 1913-14 dovevano essere i più severi critici del sindacalismo.(49)

In effetti, possiamo dire che i punti di vista degli anarchici sindacalisti francesi, la Fédération Communiste-Anarchiste della Svizzera francofona e gli italiani della Federazione socialista Anarchica erano a tutti gli effetti identici. Se la posizione di qualcuno poteva essere descritto come un pò "anomala", era quella di Malatesta, che era più vicino ai compagni in lingua inglese. Sul problema non tanto di organizzazione come l'atteggiamento da assumere verso gli antiorganizzatori, Malatesta differiva nettamente dal sindacalismo anarchico o quelli favorevoli al sindacalismo. In qualità di personaggio eclettico e pluralista, aveva lottato duramente per il "partito", la lotta contro le più severe forme di individualismo, ma era pronto ad accettare una certa apertura verso gli anti-organizzatori comunisti. Questo era stato dimostrato da uno dei suoi discorsi, dove aveva cercato di minimizzare le differenze come le incomprensioni causate dalle parole ("Basta litigare; restiamo ai fatti! Le parole dividono ma l'azione ci unisce"), qualcosa con cui Fabbri, per esempio, aveva dichiarato di essere in disaccordo (50).

Il semplice fatto è che, mentre Malatesta, innanzitutto, cercava di proteggere l'unità del movimento anarchico, altri sono stati più che disposti a fare a meno di alcuni elementi, se ciò significava salvare l'unità del movimento operaio rivoluzionario.

Il potere unificante di azione era qualcosa che i sindacalisti avrebbero potuto vedere, ma chi unificava gli anarchici? Perché non invece il proletariato?
E proprio quella era la differenza fondamentale tra Malatesta e Monatte? Malatesta non era affatto anti-sindacalista. Egli aveva dichiarato che lui era (e, infatti, lo era sempre stato) "un sostenitore dei sindacati" e costantemente incoraggiava gli anarchici ad aderire alle organizzazioni dei lavoratori. Nessuno dei due aveva mai sognato di "danneggiare" l'autonomia delle organizzazioni dei lavoratori (un altro punto su cui aveva concordato con i sindacalisti). Certo, Malatesta era insistente che lo sciopero generale era insufficiente come l'arma definitiva e sottolineava la necessità di un'insurrezione, con una difesa armata, che correva parallela e continuava dopo ogni eventuale paralisi della produzione.

Ma, dopo la rivoluzione russa e le varie esperienze di altri scioperi generali, c'era qualcuno che pensava che gli "strumenti di abbattimento" sarebbero stati sufficiente a realizzare una rivoluzione sociale?
Né erano i rischi del corporativismo, minimizzati da Dunois o Monatte. Infatti, è stato al fine di limitare loro, per neutralizzarli, che la partecipazione organica degli anarchici era stata richiesta. Era vero che "gli anarchici sindacalisti" sembravano propensi a non rigettare il cosidetto "funzionarismo", o almeno non respingerla a priori, mentre Malatesta era stato, su questo punto, rigidamente intransigente (ma allora lo era anche Bertoni ...).

Ma questo era stato sufficiente a dividere le due parti?
Indubbiamente c'era stata una differenza, molto profondo su questo. E in qualche misura abbiamo già stabilito che cosa era. Si trovava non tanto nella scelta tra sindacalismo come un fine o mezzo, che in seguito sarebbe diventato parte integrante delle polemiche all'interno del movimento anarchico. Anche se Monatte, pur rifiutando di vedere "nel proletariato organizzato solo un terreno fertile per la propaganda" e riducendolo "ad un semplice mezzo" (Malatesta si riferiva chiaramente alla pratica del sindacalismo, non all'organizzazione del proletariato, anche se non significava, semplicemente, manovrare la massa), non metteva in discussione la questione dell'anarchia e del suo fine, come noi abbiamo sottolineato in precedenza.

Il nocciolo della questione era altrove. Malatesta non poteva condividere l'idea che l'anarchismo dovesse praticamente rinascere continuamente nel processo di emancipazione dei lavoratori: in altre parole, il movimento era "bloccato" per la storia della lotta di classe. Il terreno della lotta di classe, come inteso dagli anarchici sindacalisti, sembrava troppo stretto per lui. E comunque, come egli stesso spiegava, non credeva nell'esistenza di classi "nel senso proprio del termine", né l'esistenza di "interessi di classe". Il punto di partenza della lotta degli sfruttati non deve e non può essere condiviso dagli interessi di classe, o dall'identità "ideale" con l'obiettivo di una "completa liberazione dell'umanità, attualmente in stato di servitù, sotto il profilo economico, politico e morale di vista."
Considerando che la base della visione anarco-sindacalista era la produzione, la società legata alla fabbrica e della classe operaia come un mondo a sé con la sua stessa esistenza specifica, Malatesta basava la propria visione politica sul meccanismo di riproduzione del potere, sulla scelta tra libertà e autorità. E va detto, però, che tale complessità sfuggì alla maggior parte dei partecipanti al Congresso. Alcuni hanno visto nel dibattito tra Malatesta e Monatte non uno scontro, ma il riemergere dell'insurrezionalismo tradizionale oltre allo sciopero generale. Altri cristallizzavano la loro attenzione sul problema dei fini e mezzi, sottolineando che si trattava di anarchismo e che doveva raccogliere sindacalismo al suo interno e non il contrario. Altri ancora si erano limitati a vedere solo la critica di Malatesta sul corporativismo e del potenziale "conservatorismo" dei sindacati. Pochi hanno capito la vera natura dello scontro.

Malatesta stesso aveva confermato questa impressione (51):
"Su queste questioni, come esposte [sia] da Monatte che da me, seguono un dibattito che è stato molto interessante, per quanto soffocato dalla mancanza di tempo e dalla necessità faticosa per la traduzione in molte lingue. Si è conclusa con la proposta di diverse risoluzioni, ma non credo che le differenze nelle tendenze erano ben definite, infatti, una grande quantità di penetrazioni sono necessarie per capirle e, anzi, la maggior parte dei presenti non lo ha fatto e ha votato comunque per le varie risoluzioni. Che, naturalmente, non nega il fatto che due tendenze abbastanza reali sono apparse, per quanto esistano le differenze per la maggior parte in previsto agli sviluppi futuri, piuttosto che alle intenzioni attuali dei compagni."

Fabbri, inoltre, aveva contribuito al momento, per mezzo di una lettera di chiarimento a "La Protesta Umana" (52), al ridurre al minimo le divergenze e le relazioni come Malatesta credeva che "se due tendenze emerse dal congresso sul sindacalismo, erano così poco percettibili che sarebbero difficile definire concretamente in due ordini del giorno, e che in ogni caso, la differenza stava in una diversità di apprezzamento teorico e non in alcuna differenza reale ".
Se noi crediamo che Malatesta poi dice che non era chiaramente il caso, non è ciò che conta: il punto essenziale era che la differenza faceva fatica a venire alla luce e forse alcuni avrebbero preferito che non succedesse. E di questo non ci resta che vedere l'atteggiamento di Bertoni, che in seguito sarebbe diventato uno dei più feroci dei "Malatestiani". In un lungo articolo de "Le Réveil socialiste-anarchiste" (53), Bertoni (che era del Cantone Ticino) aveva confessato di non capire la posizione di Malatesta sulla natura riformista dei sindacati e aveva visto come pericolosamente vicino a quello della "politica del socialismo", che tendeva a sfruttare il sindacato per il bene del partito
La situazione sarebbe probabilmente rimasta statica se, da parte degli anarcosindacalisti, Dunois (chi altro?) non avesse spinto a parlare di tale questione.

Nonostante la serie di equivoci che abbiamo appena visto, gli anarchici sindacalisti avevano chiaramente capito che erano stata in grado di guidare il Congresso verso un "operaismo anarchico". Il blocco che era costituito attorno a Malatesta era, tutto sommato, decisamente la maggioranza. Fu a questo punto che l'attacco all'anarchismo "tradizionale" prese una piega molto più seria.

Un mese dopo il Congresso, mentre "Les Temps Nouveaux" aveva pubblicato il primo articolo di Malatesta, un lungo pezzo di Dunois apparve ne "Le Réveil socialiste-anarchiste", in cui lui non criticava Malatesta (anche se ha ammesso: "Malatesta è infinitamente più vicino a noi sindacalisti di molti di coloro che gli hanno dato i loro voti") ma che aveva ripetuto abbastanza esplicitamente che l'anarchismo e il sindacalismo erano la stessa cosa, e aveva indicato la strada che l'anarchismo doveva prendere:
"Si deve, infine, smettere di cercare di essere "tra il cielo borghese e la classe operaia terra", per parafrasare l'espressione netta di Bakunin, e diventare ancora una volta quello che, francamente, dovrebbe essere. In altre parole, si deve puntare nuovamente verso i lavoratori (...) E' dall'interno che l'anarchismo sarà in grado di chiarire, per animare e per rendere fertile la pratica presso il movimento dei lavoratori. Non vedo come possa essere diretto o ricevere influenze dall'esterno (...) L'anarchismo deve coraggiosamente entrare dentro il movimento operaio, mescolarsi a stretto contatto con la sua vita, la sua attività quotidiana, con le sue lotte, sconfitte o vittorie, -lasciate fare la sua parte di compiti e responsabilità comuni, lasciate impregnare tutto lo spirito e le sensazioni della classe operaia- e, quindi, solo così, troverà la forza di raggiungere tutta la sua missione rivoluzionaria. "(54)

E Dunois non si era fermato qui. In un successivo articolo nel giornale "Pages Libres" (55), aveva parlato apertamente di una crisi in seno all'anarchismo, a causa del fatto che "molti si aggrappano invano a vecchie formule", mentre "la minoranza (si è) coraggiosamente alleata al sindacalismo rivoluzionario ", definita come una nuova filosofia, "una piattaforma di lancio per un intero esercito di brillanti pensatori e intellettuali, ma ... allegramente sgombrato con l'esperienza e la coscienza di un proletariato desideroso di benessere e libertà"(56).

Non era una questione, però, di cambiare opinione e di spostarsi dall'anarchismo al sindacalismo rivoluzionario, dal momento che il "sindacalismo rivoluzionario è l'anarchismo - ma un anarchismo rigenerato, rinfrescato dalla brezza del pensiero proletario, un anarchismo realistico e concreto, che non è più soddisfatto, come lo era il vecchio anarchismo, con negazioni astratte e dichiarazioni: un militante anarchico che confida in una classe operaia rafforzata dalle lotta nel corso degli anni, e non più solo nei suoi iniziati, per la realizzazione dei suoi sogni." Mentre Malatesta, lineare e coerente nella sua difesa di unità del movimento anarchico, aveva cercato di non peggiorare il divario quando notava la divergenza, Dunois preferiva il non "camuffare" il "conflitto teorico e pratico".

"Ad Amsterdam, l'anarchismo tradizionale aveva visto l'anarchismo sindacalista andare contro di esso per la prima volta. E ci saranno altre occasioni per seguire questo primo incontro. Ma l'anarchismo tradizionale, avvolto nel suo mantello di idealismo, che domani sarà il suo sudario, è mezzo morto come l'altro è vivo."

Come possiamo vedere, non c'erano mezze misure. Per Dunois, il movimento anarchico era a un bivio: o si doveva accettare le posizioni dei "sindacalisti anarchici" oppure si sarebbero estinti, o per meno vegetare in uno stato di crisi continua. Ma al tempo stesso, Malatesta stava esplorando la questione dell'anarchismo e/o sindacalismo in un articolo pubblicato su "Freedom" e ne "Les Temps Nouveaux" e altri giornali (57), in cui affermava che: "La colpa di aver abbandonato il movimento operaio è stato più dannosa per l'anarchismo, ma almeno è stato lasciato con le sue caratteristiche distintive." L'errore di confondere il movimento anarchico con il sindacalismo si rivelerà grave. In altre parole, la "purezza" dell'ideale prima di tutto. Alla fine del 1907 e inizio 1908, le rispettive posizioni sembravano essere definite chiaramente. E tuttavia si può dire che non aveva provocato nessuna reazione particolare nei circoli anarchici. Il problema del "sindacalismo", era continuato ad essere discusso più o meno ovunque, ma senza nulla di nuovo. Gli articoli di Malatesta e Dunois non sembravano aver esercitato molta influenza, o meglio, non sembrava aver spostato il dibattito a qualsiasi misura. In Francia, Charles-Albert e Jean Grave ricominciavano la loro vecchia critica al sindacalismo (58), mentre in Italia, vari articoli su "L'Alleanza Libertaria" (un nuovo giornale emerso dal Congresso di Roma) seguiva la linea pre-Amsterdam (59) di prudenza per il supporto al sindacalismo. Lo stesso si potrebbe dire per la Svizzera francese, dove "Le Réveil anarchiste-socialiste" era saldamente collocata a metà strada tra Dunois e Malatesta. (60) In Germania il "Der Revolutionär" aveva ospitato un dibattito ragionato tra alcuni elementi a favore e contro il sindacalismo.(61) I circoli degli emigrati russi si scontravano diverse tendenze e tutto continuò come prima (62).

Quindi, nessuna risposta esagerata. Infatti, anche l'allontanamento degli anarchici sindacalisti francesi (ma non tutti) era stato graduale. La loro preoccupazione principale non era tanto lo scontrarsi con altri anarchici, ma cercare di formare un fronte unitario con le altre tendenze nel sindacalismo. Nei primi mesi del 1908, apparve a Parigi "L'Action Directe", concepito come un tentativo di mettere insieme elementi di origine diversa -sindacalisti puri, sindacalisti socialisti, sindacalisti anarchici, come Monatte stesso scrisse (a parte lui, gli altri collaboratori incluso Griffuelhes , Merrheim, Pouget, Delesalle, Lagardelle, Dunois e Cornelissen). (63) Poi, verso la fine del 1908, Dunois aveva contribuito al "Bulletin de l'International Anarchiste" nella sua qualità di membro della stessa Internazionale, anche se da questa fase, come egli stesso aveva confessato, era stato sempre più portato a credere che gruppi specifici erano "inutili e superflui."(64) Dal 1909-10, il processo di rottura potrebbe dirsi completo. La maggior parte degli anarco-sindacalisti, a parte alcuni casi isolati, erano ritornati in posizioni vicine a quelle di Malatesta (Fabbri o Bertoni, per esempio) o avevano definitivamente optato per il sindacalismo senza alcuna ulteriore specificazione.

Quando, nel 1909, Monatte aveva fondato "La Vie Ouvrière", tra il nucleo iniziale della rivista vi erano Dunois, Fuss-Amore e Clément Léon, proprio per citare solo quelli che avevano partecipato al congresso di Amsterdam (in effetti, Clément aveva inviato solo la sua relazione). Cornelissen era ormai completamente occupato con la modifica del "Bulletin du movimento international syndacaliste". Solo più tardi, dopo la prima guerra mondiale, l'anarco-sindacalismo sarebbe tornato ancora una volta come un fenomeno a livello internazionale.

Nonostante tutte le contraddizioni, le incomprensioni e i silenzi che abbiamo evidenziato, l'evento di Amsterdam ha avuto e ha ancora, ripercussioni importanti (conseguenze che non erano così immediate come Malatesta aveva previsto) sul movimento anarchico. Amsterdam non ha comportato la liquidazione definitiva dell'anarchismo "tradizionale" come gli anarchici sindacalisti avevano sperato, in modo che l'anarchismo avrebbe potuto riacquistare il suo ruolo guida nel processo di emancipazione del proletariato. Stabilire se la loro alternativa avrebbe incontrato un maggiore successo, o almeno tentare di stabilirlo, sarebbe al di fuori dell'ambito di questo lavoro. Una cosa, però, non emergono da una attenta analisi di quello che succede, che fanno da sfondo al congresso di Amsterdam: non è più possibile limitarsi ad accettare acriticamente le linee dello scontro tra Monatte e Malatesta, sulla base di ciò che frequentemente distorce la tradizione o la storiografia. Se guardiamo ad Amsterdam nel suo vero contesto, prendendo in considerazione la situazione al momento e del come è nata tale iniziativa, possiamo trovare molte risposte alle domande che la storia del movimento anarchico continua a fare.

Note
33. H. FUSS-AMORÉ, Le Congrès d'Amsterdam, in "Les Temps Nouveaux", 9 mars 1907.

34. Secondo quanto Monatte ha scritto, in un lungo articolo che trattava con la fondazione e la vita de "La Vie Ouvrière", in "La Révolution prolétarienne", octobre 1959 - janvier 1960 (il commento che ci interessa è nel numero di ottobre).

35. C. CORNELISSEN, cit.

36. Vedere le note del Rapport sur le movement anarchiste en Suisse Romande, in "Bulletin de l'Internationale Libertaire", 29 février 1908.

37. Il riferimento è ai famosi scioperi di Aprile-Maggio 1906, indetti dala CGT per chiedere le 8 ore lavorative giornaliere.

38. A. DUNOIS, Les anarchistes et le movement ouvrier en France, in "Bulletin de l'Internationale Libertaire", juillet 1907 (also published in "Der Freie Arbeiter", den 31. August 1907).

39. A. DUNOIS, Un Congrès anarchiste, in "Les Temps Nouveaux", 1 décembre 1906 (also published in "Il Pensiero", 16 gennaio 1907).

40. A. DUNOIS, Sur le Congrès d'Amsterdam, in "Les Temps Nouveaux", 16 février 1907.

41. A tal riguardo, vedere "Bakunin tra sindacalismo rivoluzionario e anarchismo", in Bakunin cent'anni dopo, edito da Antistato, Milano 1977, pp. 70-71.

42. P. KROPOTKIN, Les Anarchistes et les Syndicats, in "Les Temps Nouveaux", 25 mai 1907.

43. Vedere la mia introduzione su L. FABBRI, L'organizzazione operaia e l'anarchia, Crescita Politica Editrice, Florence 1975.

44. Vedere per esempio di Pierrot, Le syndicalisme, in "Les Temps Nouveaux", 11 mai 1907 e di Bretoni, Gli anarchici e l'organizzazione operaia (estratto dal rapporto inviato al Congresso Anarchico di Roma), in "Il Pensiero", 16 giugno 1907.

45. J. MAITRON, Histoire du movement anarchiste en France (1880-1914), SELI, Paris 1951, p. 306.

46. Vedere "Le Mouvement social", avril-juin 1977.

47. Ibid.

48. Resoconto generale del Congresso Internazionale Anarchico di Amsterdam, Libreria Sociologica, Paterson 1907, p. 5.

49. Vedere Bakunin tra sindacalismo rivoluzionario e anarchismo.

50. L. FABBRI, A proposito del Congresso di Amsterdam. Due parole di schiarimento, in "La Protesta Umana", 28 settembre 1907.

51. Vedere Resoconto generale ..., cit., p.5.

52. L. FABBRI, op. cit.

53. L. BERTONI, Anarchisme et syndicalisme, in "Le Réveil socialiste-anarchiste", 30 novembre 1907 (the article was concluded in the following 8th August issue).

54. A. DUNOIS, Le Congrès d'Amsterdam, in "Le Réveil socialiste-anarchiste", 21 septembre - 2 novembre 1907.

55. A. DUNOIS, Le Congrès d'Amsterdam et l'anarchisme, in "Pages libres", 23 novembre 1907.

56. "Bien-être et liberté" era il motto della Confédération Générale du Travail.

57. E. MALATESTA, Anarchisme et syndicalisme, in "Les Temps Nouveaux", 28 décembre 1908.

58. CHARLES-ALBERT, Après le Congrès, in "Les Temps Nouveaux", 7 décembre 1907. J. GRAVE, Syndicalisme et anarchie, in "Les Temps Nouveaux", 1, 8, 15 février 1908. C'è un curioso commento di Malato in "La Guerre Sociale", du 28 août au 3 septembre 1907, dove si parla di due tendenze, una "oggettiva" ed uno "soggettiva": la prima cerca di modificare l'ambiente al fine di trasformare l'individuo, il secondo mira a perfezionare l'individuo. Le due tendenze apparse, tuttavia, non ci sembrano distinguere in questo modo.

59. vedere per esempio A. BORGHI, Anarchismo e sindacalismo, in "L'Alleanza Libertaria", 1 e 8 maggio 1908; E. SOTTOVIA, L'influenza sindacalista nel movimento anarchico, ivi, 17 luglio 1908; L. FABBRI, Come e perché siamo sindacalisti, ivi, 28 agosto 1908, etc.

60. Vederee L. BERTONI, Anarchisme et syndicalisme, cit.; J. W(INTSCH), Idéologie du syndicalisme, in "Le Réveil socialiste-anarchiste", 13 juin 1908.

61. Vedere il dibattito intitolato Syndikalismus und Anarchismus, tra Luigi (Fabbri) e Karl Holfmann e G. Stine in "Der Revolutionär", nei numeri tra il 16 e 20 Novembre, e 7 e 21 December 1907.

62. Vederee P. AVRICH, The Russian Anarchists, University Press, Princeton 1967, p. 81 and following.

63. Il primo numerdo de "L'action directe" uscì il 15 Gennaio del 1908, e l'ultimo numero uscì il 3 Ottobre dello stesso anno.

64. Vedere "Bulletin de l'Internationale Anarchiste", décembre 1908.

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