giovedì 12 maggio 2011

Rovereto - Sul processo per la solidarietà a Stefano


Giovedì 5 maggio, si è svolto a Rovereto il processo contro 21 compagni per il corteo spontaneo dopo la morte di Stefano Frapporti, avvenuta il 21 luglio del 2009. Le accuse erano manifestazione non autorizzata, interruzione di pubblico servizio (per il blocco ferroviario) e danneggiamento di un'auto dei carabinieri.
Il PM De Angelis (lo stesso che aveva convalidato l'arresto di Stefano e poi archiviato la sua morte) si è fatto sostituire...
Mentre all'esterno del tribunale si svolgeva un nutrito presidio, indetto e partecipato dall'assemblea dei familiari, amici e solidali di Stefano, gli imputati hanno letto una dichiarazione e sono usciti dall'aula urlando "Stefano vive" e "Noi non scordiamo".
Il PM aveva chiesto da 2 mesi a 1 anno senza condizionale. Alla fine i compagni sono stati condannati a 4 mesi tramutati in 5000 euro di multa, in 2 mesi tramutati in circa 1000 euro e in 20 giorni tramutati in circa 700 euro. La mobilitazione per Stefano e contro le morti di Stato, che in città continua tutt'ora, ha di sicuro giocato la sua parte.
Di seguito la dichiarazione letta dai compagni.




Ai signori della corte



Il 21 luglio del 2009, a Rovereto, Stefano Frapporti, muratore di 49 anni, viene fermato in bicicletta dai carabinieri Lanzalotto e Incandela. Una manciata d'ore più tardi Stefano viene trovato impiccato nella cella numero 5 del carcere di via Prati.

Nonostante le menzogne, le omissioni e le contraddizioni contenute nei vari verbali, la morte di Stefano sarà poi archiviata.

Lo stesso magistrato che ha convalidato quell'arresto e poi archiviato il caso, il PM De Angelis, oggi ci processa per aver urlato la nostra rabbia, il 29 luglio 2009, contro la morte di Stefano.

Le morti di Lonzi, Bianzino, Aldrovandi, Cucchi, Uva, Mastrogiovanni e tanti altri dimostrano che gli omicidi di Stato non sono casi isolati.

Che avessimo ragione a non riporre alcuna fiducia nei tribunali è dimostrato proprio da questo processo: si archiviano le morti di Stato, si reprime chi protesta.

Quello che abbiamo fatto la settimana dopo la morte di Stefano – i cosiddetti reati per cui oggi siamo qui – era il minimo che si potesse fare, e ce lo rivendichiamo a testa alta. Facendo finta di niente, ci saremmo sentiti complici.

Quella nostra rabbia è stata solo l'inizio di una mobilitazione per non scordare Stefano che dura tutt'ora e che ha coinvolto centinaia di persone in questa città. Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo.

Spesso non presenziamo nemmeno ai nostri processi. Oggi siamo qui, invece, perché vogliamo guardare in faccia chi ha archiviato la morte di Stefano e per dire chiaro e tondo: noi non scordiamo, noi non archiviamo.

Oggi non siamo qui per difenderci.

Siamo noi che attacchiamo voi.

Le vostre sentenze non spostano di un millimetro le nostre convinzioni.


Rovereto, 5 maggio 2011

i processati

http://www.informa-azione.info/rovereto_sul_processo_per_la_solidariet%C3%A0_a_stefano

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