giovedì 5 gennaio 2012

Interviasta a E.T.A. Pubblicata su Gara nel maggio 2009


INTERVISTA A E.T.A.
Pubblicata su Gara nel maggio 2009

Nel comunicato del 30 gennaio è apparsa la seguente frase: "È il momento di unire le forze a beneficio di questo paese, senza scuse, affinché noi indipendentisti baschi entriamo nella fase dell'indipendenza". Che cosa sareste disposti a fare per facilitare l'unione delle forze? Cioè quale sarebbe il vostro contributo per poter passare dalla situazione attuale a una situazione differente?

Gaueko: Innanzitutto -fammi spaziare un pò su questa domanda-, bisogna dire che dietro l'affermazione fatta nel comunicato si trovano la situazione strutturale e la fotografia politica di Euskal Herria: analizzando la situazione delle fondamenta del paese, sono evidenti le conseguenze dell'assimilazione politica e della colonizzazione turistica che hanno sofferto nell'ultimo secolo i territori baschi sotto il dominio della Francia. Se non si produce un cambiamento di fondo, se non si crea una struttura organizzativa e di sviluppo popolare, risulta difficile immaginare Lapurdi, Behe Nafarroa e Xiberoa Le tre province basche occupate dallo Stato Francese, NdR) nel secolo XXII: non ci saranno euskara, nè industrie, nè agricoltori... Questi territori sottomessi diventeranno luoghi d'ozio per inglesi, parigini e bordolesi.
Se analizziamo la situazione di questo ultimo secolo in Arava, Bizkaia, Gipuzkoa e Nafarroa Garaia, (i 4 territori baschi sotto occupazione spagnola, NdR) abbiamo conosciuto 40 anni di franchismo e altri 30 di imposizione da parte della Riforma spagnola (quella che ha imposto la CAV, Comunità Autonoma Basca, NdR). Potremmo dire che la situazione dell'euskara e la persecuzione dell'identità basca in Nafarroa Garaia (L’unico territorio basco dal lato spagnolo che non è inserito nella CAV, NdR) è la stessa di 50 anni fa: il processo di minorizzazione iniziato dai franchisti nelle “cunetas” continua, con l'UPN-PP (La destra di Nafarroa Garaia affiliata a quella spagnola del Partido Popular, NdR) e il PSN (Affiliato al PSOE spagnolo, NdR), con le leggi emanate derivano dal Parlamento di Nafarroa Garaia.
Allo stesso modo, la politica portata avanti dal PNV (Partito Nazionalista Basco, la destra basca nella CAV, NdR) in Arava, Bizkaia e Gipuzkoa (la CAV, NdR) ha tentato di rafforzare la tendenza autonomizzatrice dell'abertzalismo e l'identità basca: insegnando generazione dopo generazione che il Paese Basco si compone di tre territori, condannando le nuove generazioni ad un modello educativo che non insegna la lingua basca, e lasciando l'ordinamento territoriale e la classe lavoratrice nelle mani della speculazione e degli interessi degli impresari... Se analizziamo la repressione e la persecuzione dei diritti civili e politici dell'ultima decade, possiamo osservare l'aggravarsi della situazione nel nostro paese: precisamente, contro ciò che può cambiare questa situazione strutturale.

Argi: Questa cruda fotografia ci porta, obbligatoriamente, a sottolineare la necessità di entrare nella fase dell'indipendenza. Perché senza Stato proprio, questo paese non ha un futuro. Perfino molti di quelli che 30 anni fa si allinearono con la Riforma hanno visto dove ci porta tale strada, tale Amministrazione: alla morte come popolo, lenta ma sicura. Quando si apre il dibattito per la decentralizzazione dello Stato francese e la riforma per rispondere alla crisi di organizzazione territoriale dello Stato spagnolo, si apre un dibattito politico e, con ciò, anche le porte delle opportunità ed i rischi per il nostro paese. Ciò che sta in gioco è la linea politica. La partita si gioca tra ciò di cui ha bisogno questo paese e ciò che cercano Spagna e Francia. La fase dell'indipendenza dipenderà dall'unione delle forze favorevoli a questo paese e dai passi che saranno fatti in questo percorso.

Gaueko: La domanda è la seguente: noi cittadini e partiti indipendentisti baschi siamo d’accordo sulla diagnosi della situazione di Euskal Herria? Siamo d’accordo sul fatto che l'imposizione ed il patteggiamento praticati fino ad ora portano il nostro paese alla sua fine? Siamo d’accordo che, in questa fase storica, è compito degli indipendentisti portare il nostro popolo in uno scenario nel quale possa decidere il suo futuro?

Ma voi a cosa sareste disposti per renderlo possibile?

Argi: ETA e la sinistra indipendentista basca si sono mostrate sempre disposte a fare passi in avanti al riguardo. Noi indipendentisti abbiamo passato questi ultimi 30 anni, nei quali ci siamo dedicati con impegno alla costruzione di Euskal Herria, a fare passi avanti, proporre iniziative e contribuire in questo senso. Sono quelli che 30 anni fa si allinearono con la Riforma dello Stato e che oggi citano la necessità di creare uno Stato Basco che devono mettersi in moto per intraprendere una strategia che realizzi quegli obiettivi. Si usa dire: "Arsi galdua atzeman daiteke, aldi galdua berriz ez!" ..quelli che devono aiutare il percorso di autodeterminazione per questo paese sono gli stessi che fin’ora l'hanno ostacolata per mezzo dell’Autonomia.

E' chiaro ciò che vi viene chiesto, alcuni perfino vi tacciano di essere un "ostacolo". Che avete da dire? E cosa chiedereste loro?

Gaueko: Bisogna avere la faccia tosta per dire che ETA è l'ostacolo perchè Euskal Herria sia sovrana. E' un insulto, ed una scusa per nascondere la traiettoria di ognuno o per non fare passi che richiedono determinazione politica. L'unica strada sterile è quella che non si intraprende, il fatto di girare e rigirare quando si arriva al punto cruciale... E nella lotta per Euskal Herria, almeno Euskadi Ta Askatasuna non ha nessuna intenzione di infilarsi in vicoli ciechi o di perdere tempo.

Argi: A chi dice questo proponiamo un esercizio politico; che dimostrino, o ancor meglio che facciano qualcosa che per il momento non è stata ancora fatta. Devono dimostrare attraverso la militanza politica il coraggio che serve nel confronto democratico, allora potrà avviarsi un dibattito su cosa fare, sugli ostacoli e sui metodi. Chi dice che siamo un ostacolo, poi di solito non si fa grandi problemi a unirsi agli oppressori del nostro paese quando si vuol condannare ETA. Chè hanno fatto dal processo del 1998 coloro che avanzano richieste alla sinistra indipendentista? Cosa hanno fatto per frenare le strategie degli stati? Ciò che chiediamo loro è che comincino a esigere qualcosa da sè stessi prima di esigerlo dagli altri.

Vi hanno rinfacciato che non sono compatibili l’appello a a unire le forze e alcune azioni armate (l'attentato contro EITB, la morte di Ignazio Urria; cioè che andavano in senso contrario al lavoro comune.

Argi: Come abbiamo già detto, l'obiettivo del Movimento di Liberazione Nazionale Basco non è il lavoro comune fine a sè stesso. Siamo arrivati all'esaurimento degli accordi vigenti ed al dibattito sulla necessità di un nuovo scenario grazie alla lotta sviluppata da ETA e dalla sinistra indipendentista basca negli ultimi 30 anni. In queste decadi, la nostra organizzazione si è caratterizzata per aver fatto proposte politiche che riguardano il lavoro comune e la risoluzione del conflitto. Pertanto, abbiamo sostenuto sempre il lavoro comune verso alcuni obiettivi. In una strategia di unità, queste e altre azioni possono generare contraddizioni per chi parla molto e però fa poco rispetto alla stessa strategia. Eusko Alkartasuna (partito formalmente nazionalista della CAV, NdR) è il paradigma di quello che diciamo. Viva lo stato basco, abbasso il confronto democratico..., e però in questo senso non dimostra nessuna capacità o determinazione, né da se, nè con la sinistra indipendentista.

Gaueko: Le azioni che stiamo menzionando possono essere per alcuni una ragione per non agire in comune, ma anche la sinistra indipendentista potrebbe presentare un arsenale pieno di ragioni per non farlo con molte forze di Euskal Herria: il tepore mostrato davanti al TAV, la tendenza a guardare dall'altro lato di fronte alle torture o alla persecuzione dei prigionieri politici baschi, il mancato rifiuto dei benefici di potere acquisiti come conseguenza dell'illegalizzazione... Si sentono da ogni parte scuse e ragioni in riferimento al lavoro congiunto, mentre non si capisce che la prima priorità è la responsabilità verso il nostro popolo.

Che opinione merita il recente sciopero generale convocato dai sindacati baschi?

Argi: Come cittadini baschi e lavoratori, ci uniamo allo sciopero. I sindacati baschi hanno mostrato forza e coraggio convocando lo sciopero, conseguenza del malessere e dello sfinimento dei lavoratori. Bisogna analizzare con cura ciò che sta succedendo riguardo a quella che viene denominata crisi. Chi comanda ha messo in moto tutti i meccanismi di propaganda atti a confondere ed ingannare la cittadinanza. La crisi non è economica, si tratta di una crisi dell'insaziabilità del sistema; una crisi che mette in evidenza l'impossibilità di far funzionare questo sistema capitalista. Deplorevolmente, per mezzo della propaganda, molti cittadini hanno interiorizzato il fatto che la crisi è generale, che non ha responsabili e che dobbiamo viverla sulla nostra pelle. Ma non è così, malgrado il fatto che le conseguenze più gravi si avvertano tra la classe lavoratrice e in quei settori economici più deboli come gli immigrati, le donne, i giovani, i pensionati... Sono quelli che non hanno nessuna responsabilità di questa situazione che pagano per salvare il sistema. Ora, senza vergogna alcuna, le decisioni vengono prese in centri di potere che nessuno ha scelto, come il G8 o il G20. E che cosa si decide? Come ha affermato chiaramente Sarkozy, bisogna fare riforme affinchè il capitalismo non fallisca completamente e torni nuovamente ad essere sostenibile: aiuti alle compagnie di assicurazione, alle banche, agli industriali.... E per i lavoratori: insicurezza, precarietà, disoccupazione, sovrasfruttamento, impoverimento... Anche Euskal Herria è vittima diretta di questo sistema capitalista. Se facciamo un paragone tra Stato Spagnolo e Stato Francese vediamo che la situazione in quest'ultimo non è tanto grave, però la risposta del movimento operaio è molto forte. Nello Stato Spagnolo invece, CCOO ed UGT si sono trasformati in sindacati contrari alla lotta e agli indipendentisti baschi e che ballano al suono della musica di chi comanda e del sistema. Hanno detto al sindacalismo basco che non ci sono ragioni per lo sciopero perchè non vogliono mordere la mano che gli da il pane. La gravità della situazione socio-económica si sta trasformando in una ragione di peso a favore della sovranità del nostro paese. Perché la sovranità può porre un limite a tutto ciò, e comporta la necessità perentoria di costruire un modello basato sulla ripartizione della ricchezza e la giustizia sociale. Potremmo dire che lo sciopero è stato un passo qualitativo in tal senso.

In una conferenza stampa tenuta in marzo da un’ampia rappresentanza della sinistra indipendentista basca, fu sottolineata la necessità di una strategia efficace per fare il salto a un contesto democratico e scovare le chiavi del conflitto. Nel contesto di quest'obiettivo,voi dove e come vi collocate?

Gaueko: Dal momento della sua nascita, la preoccupazione della sinistra indipendentista basca è stata la creazione di una strategia effettiva. Tenendo conto delle condizioni esistenti in Euskal Herria e volendo fortificare la correlazione di forze favorevoli ad Euskal Herria, si generano nuove situazioni, e queste richiedono nuove risposte. D’altra parte negli ultimi anni il nemico ha compiuto nuove azioni repressive per neutralizzare la strategia della sinistra indipendentista basca. Pertanto, non abbiamo nessun dubbio che ci sono cose su cui riflettere in relazione a queste condizioni repressive e le condizioni politiche esistenti in Euskal Herria. ETA vede di buon occhio le riflessioni e le chiarificazioni che può fare la sinistra indipendentista basca per collocare sia il suo progetto popolare sia Euskal Herria stesso in uno scenario democratico.
Dove e come si colloca ETA rispetto a tale obiettivo? Come tutte le organizzazioni e gli organismi, ETA porta avanti una riflessione politica continua, ed essendo un'organizzazione armata il fatto di essere efficaci e di avere una strategia effettiva, si trasforma nel fulcro e nella preoccupazione della nostra riflessione. In questo senso, prima dell'estate concluderemo un processo di riflessione la cui finalità consiste nel fissare una strategia politico-armata efficace.

E quali sono stati i temi discussi in questo processo?

Gaueko: Questo lungo processo ha avuto differenti fasi. Abbiamo analizzato in profondità la situazione strutturale di Euskal Herria, studiando le forze attive nella costruzione di Euskal Herria e l’imposizione degli stati. L'abbiamo fatto anche con la situazione internazionale e con quella degli stati nemici. In un secondo momento, abbiamo discusso sulla situazione politica, realizzando un bilancio politico dell'ultimo processo di trattativa che voleva aprire un processo democratico.
In quest'analisi generale, abbiamo discusso la traiettoria del Movimento di Liberazione e l'attività della nostra organizzazione negli ultimi anni. In un terzo capitolo, abbiamo dibattuto sulla linea armata e sulla strategia da portare a termine affinché i diritti di Euskal Herria siano riconosciuti. Ed infine, abbiamo parlato dell'organizzazione interna e della struttura dell'Organizzazione per potere sviluppare tutto questo.

Apparentemente Gli stati Francese e Spagnolo si trovano in una situazione di comodo, in questo ciclo di confronto armato. Pare che interessi loro bloccare la situazone. Da dove verrà lo sblocco?

Argi: Gli stati nemici non si trovano comodi per il fatto di essere all’interno di un ciclo di scontro armato, perchè, secondo noi, non siamo nel ciclo di scontro armato da lei citato.
E’ il nostro paese che vive in uno stato di imposizione politica e armata, ed è questo che provoca il conflitto politico. La stessa esistenza di ETA è una conseguenza di ciò. Diremmo che lo Stato francese non è molto tranquillo. Si sta estendendo la posizione favorevole al riconoscimento di Euskal Herria. L'alternativa politica per lo sviluppo di Euskal Herria al nord di Bidasoa ha successo in ampi settori dei Tre Territori, e il salto repressivo compiuto negli ultimi anni dalla Francia è una dimostrazione di questo successo e di quella mancanza di tranquillità.
Cio nonostante dal Processo del 1998 crediamo invece che lo Stato Spagnolo possa contare su alcune ragioni per trovarsi più a suo agio: il fronte fascista, dopo avere ottenuto che il PNV si piegasse agli interessi degli stati, ha fatto un passo avanti per potere gestire direttamente il centro di potere di Lakua (Il governo di Nafarroa Garaia, NdR). NaBai (partito formalmente nazionalista di Nafarroa Garaia, NdR) ha interiorizzato la linea di accettazione dell'accordo e dello status imposto a Nafarroa Garaia. Assieme a UPN, NaBai è l'unica forza che si è mostrata disposta ad appoggiare Zapatero nel Congresso spagnolo. Da quando nel 1999 molte forze per la sovranità (di Euskal Herria, NdT) sono ritornate nei loro palazzi d’inverno, la sinistra indipendentista è rimasta sola a difendere i diritti di Euskal Herria. In questo modo, lo Stato ha diretto tutte le sue forze contro di essa e contro ETA, volendo portare il conflitto al suo apice fra Stato e sinistra indipendentista, dove, evidentemente, il nemico si sente più libero; anche perché ETA, negli ultimi mesi, non ha mostrato una linea sufficientemente forte per colpirlo.

Gaueko: Le forze per la sovranità si mostrano docili, disperse e senza la sufficiente capacità di influenza. Da dove verrà lo sblocco? Sarebbe potuto arrivare da diverse vie. Abbiamo sperato che potesse arrivare dal cambiamento di traiettoria del PNV o dalla sua divisione interna. Ma... balizko errotak, irinik ez. Se la destra autoctona, almeno, collocasse i suoi interessi economici a favore della sovranità, come hanno fatto nelle Fiandre, in Scozia o in altri paesi, ci troveremmo in ben altre condizioni.
Pertanto, lo sblocco affinché Euskal Herria possa uscire da questa situazione di crisi verrà da questa constatazione: bisogna mettere fine alla dispersione di quelle forze che danno un valore ai diritti di questo paese e alla loro attivazione.

Nel comunicato di gennaio avete fatto allusione alla situazione internazionale, e citato vari esempi, come quelli della Scozia e dell'Irlanda. C'è anche il caso della Groenlandia. Pure essendo tutti diversi, è evidente che esistono altri modelli, perché nel caso dell’Irlanda si è entrati nella fase dell’accordo risolutivo (collocando le conseguenze o le espressioni del conflitto, inclusa la lotta armata, nel percorso di soluzione) e negli altri non è esistita lotta armata. I modelli della Scozia o della Groenlandia possono essere applicabili oggi in Euskal Herria previo un accordo democratico e una vera transizione politica?

Gaueko: Per ETA tutti i processi di lotta dei paesi che vogliono la propria emancipazione meritano un'analisi, specialmente quelli che riguardano i paesi europei, non dimenticando però quelli che si sviluppano in altre parti del mondo. Le differenze che esistono tra i processi che ci sono in Scozia e in Groenlandia e il processo di liberazione di Euskal Herria non risiedono nella presenza o nell'assenza della lotta armata. La principale variabile affinchè questi processi si sviluppino è l'atteggiamento di apertura che i governi del Regno Unito e della Danimarca mantengono. Essendo coscienti del fatto che i processi della Groenlandia e della Scozia sono totalmente differenti da quelli di Euskal Herria, la nostra risposta è si. Certo che Sì! Quei modelli sono applicabili al nostro paese, poichè si basano sul fatto che la Danimarca e il Regno Unito prevedono come principio politico il rispetto democratico che devono alla volonta rispettivamente della Groenlandia e della Scozia. Nel nostro caso, quello che emerge al di sopra di tutto il resto è il principio dei progetti imposti dalla Francia e dalla Spagna. Pertanto, se [quei modelli] non sono applicabili, è per l'atteggiamento chiuso di entrambi gli stati, non per altre ragioni.

Tornando all'Irlanda, che riflessione fate sullo sviluppo di quel processo di lotta?

Gaueko: Prima di tutto, noi abbiamo grande rispetto per lo sviluppo del percorso di lotta che si produce in qualsiasi altro paese. Dal punto di vista rivoluzionario, non sarebbe valido se noi dicessimo agli altri quello che devono o non devono fare nel proprio paese. Questo percorso intrapreso una decina di anni fa e che ha avuto i suoi alti e bassi, continua a svilupparsi con dei passi che lo avvicinano al raggiungimento dei suoi obiettivi.

La tregua del 1998: avete dichiarato di averla decretata perchè, dopo l'accordo di Lizarra, c'era la possibilità di raggiungre la sovranità. La tregua del 2006 serve a portare avanti un percorso demoratico, date le trattative col Governo. Questa porta è ora completamente chiusa?

Gaueko: Se mi chiedi se esistono contatti o relazioni col governo della Spagna, no, non c'è nessuna relazione tra ETA e il governo spagnolo. Invece se mi stai chiedendo se manteniamo aperta la possibiltà del dialogo e la negoziazione, la risposta è necessariamente sì, perchè prima o poi dovraano arrivare al dialogo e alla trattativa.

Che cosa avete appreso da questi processi, soprattutto dall'ultimo? Avete fatto autocritica? Avete lasciato aperta qualche porta?

Gaueko: Purtroppo qualsiasi processo che si interrompa senza raggiungere il suo obiettivo lascia la propria lezione. E diciamo purtroppo perché i processi non dovrebbero essere una forma per imparare lezioni, bensì per aprire un altro scenario politico e democratico. Abbiamo discusso approfonditamente di ciò nel percorso assembleario. Abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere affinché il processo democratico avesse un buon esito. Deplorevolmente Il Governo spagnolo non ha fatto sviluppare il processo secondo le condizioni concordate, né ha avuto la volontà di portarlo al suo fine ultimo, intestardendosi a tentare di sfigurarlo e deteriorarlo.

Argi: Se abbiamo fatto autocritica? Nel momento di fare un profondo bilancio politico del processo c’è stato spazio per l'autocritica. Sono rimaste aperte alcune opzioni, ne abbiamo già parlato nella risposta precedente. La soluzione ora sarà anche bloccata, però, dato che è l’unica via d’uscita...

Come vedete il PSOE dopo quet'ultimo processo di trattativa (Loiola, l'ultimo tentativo...). E il PNV?

Gaueko: Il PSOE è situato nella rinnovata tesi politica della scommessa repressiva. Dagli altoparlanti di La Moncloa si ascoltano serenate simili a quelle già ascoltate con Franco, Suárez, González ed Aznar. Ma tutti sono tornati da dove sono venuti. I difensori più veementi di tale tesi si sono "bruciati" ogni volta, basta vedere che fine hanno fatto Mayor Oreja, Redondo o María San Gil. E' una tesi che ha perso ogni credibilità nel Paese Basco.
Para justificarse por su actitud en el proceso, el PSOE ha prometido a los poderes internacionales y del Estado que solucionará ««policialmente este problema». Y está intentado demostrar eso, vendiendo ya la piel del oso y con alguna borrachera represiva de por medio a raíz de ciertas detenciones. Ma arriveranno i risultati, e di nuovo il problema e la sua gravità si situeranno al centro dell'agenda politica. E prima di quanto crediamo, li sentiremo parlare ancora di dialogo, di pace...In quanto al PNV, abbiamo denunciato pubblicamente ed in varie occasioni l'atteggiamento tenuto nel Processo. Il PNV si è aggrappato se possibile con maggior forza del PSOE alla blindatura del quadro dell’Autonomia. In un processo futuro, vediamo il PNV svolgere di nuovo lo stesso ruolo che ha mantenuto nei dialoghi di Algeri e Loiola: quello del veto e a favore degli interessi di Madrid.

Gaueko: Non nutriamo alcun dubbio su a cosa servano gli avanzamenti fatti nel Processo. In termini politici, siamo arrivati al livello più elevato mai raggiunto all’interno di tali processi. Questi hanno evidenziato che questo paese ha già vinto due discussioni: la prima, che la soluzione del conflitto arriverà attraverso un percorso di dialogo e negoziazione; e la seconda, che i baschi hanno tutto il diritto di decidere del proprio futuro e che farlo diventare possibile chiuderà d'un colpo tutte le porte del conflitto.

L’attitudine degli attori internazionali non apre la possibilità di realizzare un nuovo tentativo?

Gaueko: La sola attitudine degli attori internazionali non apre queste possibilità, perché queste non sono in loro mano, ma in quelle degli stati che ci opprimono, o in questo caso in quelle del nostro popolo, nella misura in cui sia capace di compiere i passi necessari per farla finita con quest'oppressione. Cioè, l'influenza delle forze internazionali è molto importante al momento di aprire, appoggiare, alimentare e sviluppare un processo, ma la premessa fondamentale per lo sviluppo di un processo passa attraverso la volontà delle parti implicate. La volontà di ETA oggi è la stessa di ieri. Al contrario l'intenzione dei dirigenti spagnoli non si intravede da nessun lato.

Il processo di Anotea continua a essere valido?

Gaueko: Sì, senza alcun dubbio. Senza dimenticare che, nella misura in cui i processi sono processi, essi possono migliorarsi o rinnovarsi, il valore e l'attualità di questo processo sta nel consenso che riscuote tra le forze che incidono sul conflitto.

Sareste disposti a tornare a esprimere la disponibilità (per lo smantellamento delle strutture militari dell'organizzazione nel caso sia garantito un quadro democratico) che avete avuto fino alla fine del processo? In che condizioni?

Argi: Dicendolo in questa forma, o in qualsiasi altra, ETA è disposta a mettere fine alla traiettoria della lotta armata nel momento in cui vengano tolti gli ostacoli posti dagli stati alla decisione che spetta ai cittadini baschi per decidere il nostro futuro. In altre parole, le armi di ETA taceranno quando tutti i progetti politici, inclusa l'indipendenza, saranno concretizzabili.

Se la trattativa, la lotta armata..., sono strumenti, come possono svilupparsi d’ora in poi?

Gaueko: La trattativa è una fase delle lotta, e allo stesso tempo è la fine di una fase di lotta precedente. Ci troviamo nel momento del confronto aperto che ha portato con sè, da parte degli stati, un'offensiva politica e repressiva. Consideriamo necessario rispondere come popolo a quest'offensiva che ha come obiettivo il soffocamento di Euskal Herria in questo quadro di partizione. Allo stesso tempo anche la lotta armata ha il compito di rispondere in maniera efficace a quest'offensiva; ciò vuol dire dimostrare che la via poliziesca è sterile e portare davanti a quei dirigenti che hanno responsabilità politiche la necessità della risoluzione del conflitto.

Come alimentereste un processo democratico, e la possibiltà di un nuovo processo di negoziazione e accordo?

Argi: Affinchè sia democratico, un percorso di questo tipo richiede la partecipazione degli stati. Vale a dire che non è nelle mani di ETA, né della sinistra indipendentista, né dei cittadini baschi aprire direttamente un processo democratico. Se domani quelli che accettiamo i diritti democratici che spettano a Euskal Herria arrivassimo a un accordo, non per questo vi sarebbe un processo democratico. Potremmo aprire un processo che appoggiasse e facesse pressione in questa direzione, ma non sarebbe un “processo democratico”. Per arrivarvi, in primo luogo dovrebbero concretizzarsi l'uguaglianza delle opportunità e dei diritti civili e politici, aprendo così uno scenario democratico in cui non ci sarebbe terreno per la violenza e la persecuzione.
Questo sarebbe il punto di partenza per un percorso democratico. Naturalmente prima di sedersi a parlare con chi difenderebbe gli interessi e il progetto dello Stato, sarebbe necessario che le forze che danno un valore ai diritti democratici di Euskal Herria confluissero in un accordo di minima con l’obiettivo di conseguire la sovranità.

Illegalzzazioni, incarcerazioni, macro-processi, la situazione nelle prigioni... Lo Stato spagnolo, e anche quello francese in larga misura, hanno incrementato la repressione. Come valutate questa offensiva? Si potrebbe pensare che non c'è intenzione alcuna di trovare una soluzione?

Gaueko: Gli stati sono imbottigliati in una dimostrazione di forza. Le illegalizzazioni stanno avendo più ripercussioni politiche di quanto alcuni si aspettassero. Con i cosiddetti macro-processi, hanno incarcerato una marea di gente che non aveva alcuna relazione con la nostra organizzazione.
La Francia ha fatto passi importanti negli ultimi anni contro i membri della sinistra indipendentista basca dei tre territori, ed anche contro Laborantxa Ganbara (Camera dell’agricoltura, alternativa alla camera ufficiale, NdR) o quelli che stanno seriamente facendo fronte alla situazione strutturale di Euskal Herria. Le offensive del nemico sono guidate da una strategia politico-militare il cui bersaglio finale è l'indipendentismo. Ed è questo il suo obiettivo, poiché sa che dall'indipendentismo possono aprirsi nuove opportunità per questo paese. La logica degli Stati è molto semplice: neutralizzando la forza principale che può condurre al cambiamento politico che porta la Sovranità, si impedisce che possa prodursi questo cambiamento radicale. Pertanto, non è tanto importante se vengono chiuse le porte alle soluzioni oppure no, ma il fatto che si sta cercando la maggiore debolezza possibile dell’apice delle domande popolari e dei diritti di questo paese in questo processo di cambiamento di scenario.

Come valutate i risultati ottenuti dalla sinistra indipendentista basca nelle ultime elezioni?

Argi: Come abbiamo detto nel comunicato di Aberri Eguna, si tratta di risultati degni di lode.
Il nemico, ha voluto espellere la sinistra indipendentista basca dal Parlamento di Gasteiz (CAV, NdR), come in precedenza fece con i municipi e il Parlamento di Iruñea (Nafarroa Garaia, NdR). La validità di questi voti deve essere confrontata con gli obiettivi della strategia del nemico: da quando nel 2002 prende la decisione di mettere fuorilegge la sinistra indipendentista, ha avuto come obiettivo quello di debilitarla e svuotarla fino all'estremo ma, nonostante l'abbia condizionata, vediamo che ha sbagliato i suoi calcoli. Ora anche questo paese avrà il coraggio sufficiente per fare fronte alla sfida dal nemico. Dato che la sinistra indipendentista basca è un settore sociale ampio ed attivo costituito da militanti e da migliaia e migliaia di cittadini che stanno costruendo il paese; completamente radicato nella realtà di quartieri, paesi, città, centri di lavoro e di insegnamento. E questo, di fronte all'aggressione costituita dall'espulsione dalle elezioni e dagli ambiti istituzionali, è un grande sostegno per la sinistra indipendentista basca e per portare questo paese alla libertà. Per cui, con l'incarcerazione dei candidati, le cariche contro le mobilitazioni, il boicottaggio e la censura attuata dai presunti mezzi di comunicazione, le migliaia di “txakurras” di tutti i colori a caccia delle schede elettorali ... (quelle della sinistra illegalizzata, NdR), ricevere100.000 voti è impressionante. Ed il nemico l'ha visto meglio che nessun altro.

Quali conseguenze può portare la nuova situazione della CAV? Nell'ultimo comunicato Patxi Lòpez (Dirigente del PSE-PSOE ora a capo del governo della CAV, NdR) è stato qualificato "caudillo". Come stimate i risultati elettorali?

Gaueko: In primo luogo, queste elezioni non sono mai state il frutto della libera volontà popolare, e in questa occasione sono state più antidemocratiche che mai. In precedenza, questo Parlamento aveva come obiettivo sfigurare e dividere la realtà di Euskal Herria; ora sfigura totalmente la realtà di questa parte di Euskal Herria. Hanno deciso di lasciare fuori dalle istituzioni di Gasteiz quella che avrebbe potuto essere la 3ª o la 4ª forza indipendentista. E fra quelli che l’hanno deciso, al momento di spartirsi la torta c’è stata una sorpresa dell’ultim’ora: ha vinto la presidenza López “Caudillo di Vascongadas per Grazia di Dio” e, in secondo luogo, Ibarretxe (ex presidente del governo basco nonche presidente del PNV, NdR) a casa. In conseguenza all'illegalizzazione, il PP riesce a nascondere il suo fallimento e la perdita della metà dei voti, e PNV e PSOE, come IU (Sinistra Unita, pseudo-sinistra spagnola), si impadroniscono di seggi che non spettano loro. E Aralar (altra formazione formalmente nazionalista, NdR), grazie all’illegalizzazione, riceve dalle mani di Rubalcaba (ministro dell’interno spagnolo, NdR) il ruolo di catalizzatore di leggi fasciste.
Se la sinistra indipendentista avesse potuto presentarsi, i fascisti di López e Basagoiti non sarebbero arrivati alla presidenza; il PNV non si sarebbe impadronito della presidenza senza l'appoggio della sinistra indipendentista basca; IU sarebbe sparita dal Parlamento; ed i risultati di Aralar ed Eusko Alkartasuna bisognerebbe vederli. Quindi, il quadro sarebbe molto differente, ma non tanto in relazione alla presidenza o alla ripartizione dei seggi, bensì rigardo al dibattito politico stesso. Il cambiamento si produce con le condizioni necessarie per la vera riforma del quadro politico di cui ha bisogno questo paese. Lo Stato ha voluto cambiare queste condizioni, e per questo è arrivato il governo-fantoccio del fronte fascista PP-PSOE. Il PNV ha un'enorme responsabilità in questa situazione. E’ stato colui che ha aperto la porta a questa situazione, dal Processo del 1998, invece di mettere il potenziale di questo Parlamento al servizio del cambiamento politico, ha aperto la possibilità di governare coi fascisti. Una volta che l'acqua è passata, è inutile costruire la diga. Adesso questo PNV, che per le sue origini e la sua pratica si è sempre mosso in ambiti di potere, deve dimostrare che può essere un pesce che sa vivere fuori dalle grandi acque del potere. Il quadro, pertanto, è molto preoccupante, non perché il PNV abbia perso il suo potere, ma perché quel potere è rimasto nelle mani dell'alleanza fascista spagnola. Perché dopo 30 anni, quell'ambito istituzionale con grandi potenzialità per la sovranità e con impressionanti mezzi, è rimasto nelle mani del nemico senza essere mai stato investito nel cammino verso la sovranità. Bisogna vedere cosa cambierà. Il PNV e il Tripartito sono i portabandiera del TAV, avviato da Madrid per continuare a dividere e distruggere Euskal Herria. Chi ha convertito l'ertzaintza in uniformati Guerriglieri di Cristo Re è stato il PNV, e qui è difficile immaginare crudeltà maggiore. Non struttureranno un nuovo modello educativo che insegni la lingua basca alle nuove generazioni, però anche il PNV aveva detto che non lo avrebbe fatto. L'euskara continuerà ad essere la lingua ufficiale, ma noi euskaldunes (coloro che parlano basco, NdR) vedremo conculcati i nostri diritti un giorno si e l’altro pure, per cui anche da questo punto di vista non cambierà niente. La politica sociale del Tripartito si è caratterizzata per la distribuzione di case come nel bingo, per non effettuare incontri con i sindacati in 10 anni, per aver decretato l’amnistia fiscale per i ricchi, e per i tentativi di nascondere la propria politica neoliberale attraverso la propaganda di baracconi come “OSALAN” (Istituto Basco per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, NdR).

Però c’è preoccupazione, dato il rafforzamento che si vede dalla sinergia di forze che vogliono ripetere, nel parlamento di Gasteiz, un nuovo ciclo di Autonomia che comincia in Spagna e finisce in Spagna. Ciò permetterà che si intensifichi la violazione dei diritti civili e politici, che si facciano passi in avanti nella legittimazione della repressione, che si registri una crociata coperta contro l'euskara, che si continui nella negazione di Euskal Herria e si produca un nuovo e sterile tentativo per il conseguimento di quello che il fronte spagnolo non è riuscito a realizzare in 30 anni di riforma.

Alcuni mezzi di comunicazione e dirigenti politici affermano che dopo 50 anni esiste il rischio che ETA si perpetui. In questa situazione non potrebbero perdersi le condizioni del cambiamento che si basa sull'autodeterminazione?

Gaueko: ETA non ha mai avuto la tendenza a perpetuarsi, perchè la sua intenzione è sempre stata quella di superare quanto prima il conflitto politico. Lo abbiamo dimostrato in questi 50 anni con differenti iniziative e proposte. Noi saremmo disposti a mettere fine domattina a questa dura lotta e a questa esigente militanza se il nemico mostrasse un minimo rispetto politico verso il nostro popolo. Purtroppo non è così.
Dopo 50 anni il dibattito politico è vinto. Quasi nessuno in Euskal Herria discute più il fatto che i cittadini di questo territorio abbiamo il diritto di decidere sul nostro futuro. Il nemico ha perso questo dibattito, e quindi tenta di distorcerlo e condizionarlo: che se il governo, che se la violenza, che se lo statuto, … Perché? Perché la necessità del cambiamento politico che deriva da questo dibattito sia più scarsa possibile, cioè affinchè il dibattito venga ricondotto ai termini di "Statuto - Regime Forale - Autogoverno-Costituzione".
Senza approfondire, però gli strati sociali favorevoli a questo paese, noi della sinistra indipendentista basca, e chi, senza essere indipendentista, si pone a favore dei diritti democratici per il Paese Basco, dobbiamo aprire le porte del dibattito senza ostacolarlo, ed evitare che si produca una riforma parziale.

Argi: Come possono perdersi le condizioni? Noi diremmo che si sono distorte in questi 10 anni. L’involuzione del PNV ha menomato dibattito e possibilità. Dal Processo del 1998, cosa abbiamo appreso noi che vogliamo che Euskal Herria sia uno stato? Primo, che non possiamo stare dietro al PNV, che non possiamo aspettare che il PNV cambi. Secondo, che l'oppressione strutturale dello Stato richiede delle risposte strutturali, altrimenti il nostro paese ha i giorni contati. Per questo ci pare che , essendo il PNV a incaricarsi sempre che a questo paese non vengano aperte le porte ogni volta che si apre uno spiraglio, si debbano riprendere al PNV sia le chiavi sia la responsabilità di rimanere a guardia della porta. In Euskal Herria esiste una base sociale e politica molto ampia che vede l'indipendenza come l'unica forma di sopravvivenza di questo paese. Alcuni appartengono alla sinistra indipendentista, altri hanno votato il PNV oppure EA, moltri altri non credono nei partiti della sinistra indipendentista… Tutti costoro sono rassegnati in tale situazione, poichè noi che siamo a favore di questo paese, anche essendo un'ampia maggioranza non riusciamo a riunire le forze sufficienti per sbilanciare la bilancia.

Ibarretxe ha affermato che per la patria bisogna sempre essere pronti a morire, però non si deve uccidere nessuno. Cosa ne pensi?

Gaueko: Ibarretxe ha l'abitudine di parlare alla sua gente come i preti durante la messa. Gli chiederemmo di rivolgere le stesse parole all'ertzaintza, o agli impresari della sua "galassia" che ogni anno provocavo decine di morti a causa della precarietà e dei subappalti. Sono parole che presuppongono disprezzo per tutti quelli che, nel mondo, danno la vita per il proprio paese e fanno fronte al nemico che pretende di distruggerli. Da dove escono questi sermoni moralisti? Certamente non hanno a che fare con i leaders e i capi di Stato che hanno lottato per i diritti del popolo. Mandela, Arafat, Gandhi, o Allende lo deplorerebbero. I gudaris (partigiani baschi, NdR) che difesero Kalamua, Intxorta, o Bilbo, e che furono fucilati come conseguenza del patto di Santoña, si vergognerebbero con un governante così. Solo chi si fa un complesso dell’essere basco può parlare così.

L'autobomba collocata nell'Università a Iruñea ha comportato grande agitazione, a causa proprio della sua collocazione, dell'informazione-disinformazione sull'avviso... Hai qualcosa da aggiungere a quanto affermato nel comunicato posteriore?

Argi: Innanzitutto bisogna dire che ETA non ha fatto attentati all'Università di Iruñea. ETA non ha mai colpito le Università di Nafarroa o di Iruñea. I governanti e i mezzi che stanno al loro servizio hanno speculato molto su questa azione, cercando di danneggiare la nostra organizzazione. ETA ha avvertito della collocazione dell'esplosivo come è accaduto in altre occasioni, e i governanti hanno giocato con questo in modo grave, volendo venderla dopo, mentendo, come un’azione indiscriminata. La tesi menzognera del governo spagnolo ha poca logica e molti punti oscuri: Perchè hanno inviato l'ertzaintza al campus di Gasteiz se l'avviso era chiaro, se la chiamata fu fatta da Etxarri-Aranatz e se ETA non ha mai fatto attentati all'Università? E se credevano che fosse lì, perchè non hanno evacuato il campus di Gasteiz? Hanno detto che fu ETA ad avvisare male e in modo vago. Nel suo avviso, ETA ha fornito le caratteristiche dell'auto piena d'esplosivo, e la polizia già sapeva che l'auto era stata requisita il giorno prima con le modalità proprie di ETA. Quando hanno avuto tutti gli elementi per pensare che la chiamata fosse certa, hanno deciso di guardare dall'altra parte.

Gaueko: Abbiamo anche altri precedenti. Nell'attentato al Correo, il gruppo di azione di ETA fece vari tentativi per avvertire, ma furono bloccati dalla polizia. E lo stesso è successo con altre azioni che comportavano avvisi per il loro svolgimento, come telefonate alla DYA o al giornale che Lei dirige. La polizia è così più interessata a localizzare i militanti di ETA che a mettere in salvo i cittadini.
Per cui i sospetti di ETA si collocano qui. Ostacolando i nostri avvisi, il Governo spagnolo cerca di far sì che in un attentato ETA ammazzi o ferisca cittadini, in modo che ricada sulla nostra organizzazione tutta la responsabilità di queste gravi conseguenze. ETA vuole denunciare severamente queste intenzioni meschine e criminali. In una ipotetica situazione come sopra, che noi non cerchiamo in nessun caso, la completa responsabilità sarebbe del governo spagnolo. In qualunque caso, ETA metterà in campo tutti i mezzi a sua disposizione per schivare queste intenzioni oscure del nemico e perché non succedano di queste cose.

Con le ultime detenzioni nello Stato francese e nel sud di Euskal Herria, il Governo spagnolo ha detto di voler mostrare che è possibile farla finita per la via poliziesca con ETA. Rubalcaba ha assicurato del fatto che ETA non sarà più una preoccupazione del ministero dell'interno entro il 2016. Che hai da dire a riguardo?

Argi: Magari! Sarebbe una buona notizia se ETA nel 2016 non fosse più una preoccupazione del Ministero. Se fosse così, vorrebbe dire che il ministero dell'educazione avrebbe la preoccupazione di ridipingere di un altro colore la mappa di Euskal Herria sui libri di geografia.
Però le affermazioni [di Rubacalba] non erano proprio in questo senso. Metter fine manu militari a ETA è stato il sogno di tutti i ministri dell'interno. Rubacalba si è abituato a rivolgersi alla base della sinistra indipendentista attraverso la propaganda e la guerra psicologica. Così facendo, vuole che la caduta di tutti i militanti fuggiti nello Stato francese sia considerata come se fosse la caduta della direzione di ETA, e per questo allunga la lista dei cittadini incarcerati senza avere alcuna relazione con ETA. In questo gioco del “vale tutto” per dare un'immagine di erosione e debolezza di ETA, risilta ripugnante vedere a che lavori si prestano Vocento, Prisa, Noticias, EiTB (vari mass-media, NdR) al servizio del ministero dell’interno, con l'obiettivo di logorare il Movimento di Liberazione Nazionale Basco.

Recentemente si è affermato nella stampa che ETA dispone di missili e che ha preparato attentati contro alte cariche spagnole. Poi Rubacalba l’ha negato dicendo che si trattava di un piano teorico. Avete qualcosa da dichiarare in proposito?

Argi: ETA non ha l'abitudine di dare informazioni pubbliche sui propri piani d’azione. In questo caso non mancano le parole di ETA per smentire il ministero dell'interno. Questo è quel che hanno affermato i periti e gli esperti balistici dell’esercito francese: I missili per abbattere aerei sequestrati a ETA, sono stati attivati in tre tentativi di attentato contro Josè Maria Aznar, quando era presidente dello Stato Spagnolo. Per disgrazia le azioni non hanno raggiunto l’obiettivo.

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