ISTIGAZIONE A DELINQUERE!
L a contestazione di questo reato è il perno su cui è ruotato il teorema accusatorio della Corte d’Assise
d’Appello di Lecce, servito a condannare per associazione sovversiva 12 anarchici, con pene
comprese tra un anno e cinque anni e cinque mesi. Siamo stati accusati di aver istigato gli immigrati
internati nell’ex CPT “Regina Pacis” di San Foca affinché dessero vita a rivolte, evasioni, distruzioni del
centro. È convincimento utile allo Stato e ai suoi servitori quello di credere che le rivolte nei CPT (ora
chiamati CIE) siano frutto di un lavoro di istigazione svolto da pochi sovversivi, e non già pratica endemica
alla stessa condizione di reclusione: quando un essere vivente è rinchiuso,
spesso si ribella. La storia dei CIE, dalla loro nascita nel 1998 ad
oggi, è la dimostrazione più chiara di questa affermazione.
I l “Regina Pacis” è stato un campo di internamento
per stranieri poveri come tutti gli altri campi. Al
suo interno veniva praticata ogni sorta di nefandezza:
somministrazione massiva di psicofarmaci nei pasti
per sedare gli internati, pugno di ferro nei loro
confronti, pestaggi contro chi si ribellava o provava
ad evadere. Non erano anomalie, né pratiche svolte da
poche “mele marce”, bensì prassi normale svolte da
tutti: dal direttore, don Cesare Lodeserto, ai carabinieri
che erano di guardia, agli operatori, passando per i
medici che coprivano i massacri sistematici con falsi
referti medici. Tutto ciò è anche venuto fuori
pubblicamente, suscitando un po’ di scandalo e tanto
imbarazzo nella curia leccese che gestiva il centro e nel
mondo della politica che lo sorreggeva ideologicamente e
lo difendeva pubblicamente. Affinché calasse il silenzio su
queste nefandezze e questo imbarazzo, è stato necessario mandare
don Cesare a fare il missionario per conto di Dio. Ora è in Moldavia, dove continua a fare le sue porcate e
a ingrassare i suoi conti e quelli della curia.
D avanti ad uno scenario del genere, è l’esistenza stessa di questi centri a rappresentare una “istigazione
a delinquere”, perché non si possono chiudere gli occhi davanti alla vita reclusa in quanto priva
del giusto documento in tasca, di fronte alle torture inflitte per mano democratica e statale. Non si può
tacere quando centinaia di disgraziati periscono nel deserto, in migliaia annegano nei mari o muoiono
sugli scogli appena sbarcati, mentre altri ingrassano su tutto ciò in nome dell’accoglienza. Chiunque
dovrebbe sentirsi istigato davanti ad una situazione del genere, per fermare questo abominio. Chi non lo fa
e resta nel silenzio si rende complice, come la maggioranza silenziosa dei tedeschi era complice di Auschwitz.
Noi abbiamo raccolto questa istigazione e abbiamo reagito, e la discriminante non è stata il codice penale,
bensì l’etica individuale.
E ssere sovversivi, di fronte a tutto ciò, è davvero solamente il minimo...
Sovversivi senza Associazione
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